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“MI CHIAMO MARIKA”… HA SCRITTO A BARBARA?

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Corre voce che Marika Padula abbia chiesto soccorso solidale a Barbara D’Urso con una letterina di denuncia per quella che considera la vera ingiustizia femminile del secolo: la sua defenestrazione dalla giunta comunale di Potenza guidata da Mario Guarente, il leghista più cattivo d’Italia. Eppure con ogni probabilità nel suo outing politico, in salsa rosa aragosta e tacchi a spillo, non ci sarà posto per sciogliere l’enigma che pure la sua nomina ad assessore esterno ha sollevato a consiglieri e cittadini, prontamente rabboniti dalle parole di Mario Guarente, allora il leghista più buono d’Italia. Che poi l’idea, in uno scambio tautologico di convenienze, sia venuta al leader regionale di Idea e suo mentore politico, Nicola Benedetto, noto ai più per aver acquistato a suon di milioni uno degli atolli più belli dell’arcipelago indonesiano, la dice lunga sul valore etico della sua promozione in giunta, peraltro imposta anche a discapito delle consigliere elette ed a cui si è presentata subito in gran spolvero sartoriale e con il refrain promozional-melodico “mi chiamo Marika”. Scrive un pensatore francese della conservazione, nonostante le malversazioni possano far compiere il salto da fuori a dentro la carrozza, “la politica rimane ancora una volta come la sfinge del mito: divora tutti coloro che non spiegano i suoi enigmi”.

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