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BISOGNA PARLARE DI TUTTO, NON SOLO DEL COVID-19

Lettere lucane

Molti di noi si fanno un’idea del mondo principalmente su Facebook – anche nei piccoli paesi, e soprattutto in un’epoca di “confinamento” come questo. E dunque ci facciamo un’idea del mondo attraverso le parole degli altri; e perciò mai come adesso le parole sono importanti, perché i nostri sentimenti, le nostre opinioni e le nostre scelte sono grandemente influenzate da ciò che gli altri scrivono – e, soprattutto, da come lo scrivono. La prima cosa che ho notato è che ormai si parla quasi esclusivamente del Covid-19, e questo da dieci mesi. Non dico che non sia giusto scambiarsi informazioni e opinioni sulla pandemia, ma io vedo all’orizzonte un rischio, ovvero quello di permettere a questa malattia di svuotare di senso tutti gli altri aspetti della nostra vita. La malattia c’è, è tangibile, fa danni concreti; ma se la malattia ammala anche le nostre teste, allora è probabile che vinca la partita psicologicamente ancor prima di vincerla nei nostri corpi. Su Facebook i toni che si usano – e parlo dei miei concittadini, e parlo dei tanti lucani con cui sono in contatto “social” – sembrano alludere a una sorta di “arrivo dei barbari”, a una minaccia catastrofica. Ripeto, non sto dicendo che bisogna “negare” il problema, ma ritengo sbagliata questa resa, quest’ossessione, questo panico così esagerato. Lo studio della storia dovrebbe darci gli strumenti per non farci travolgere psicologicamente dalla pandemia, perché in passato i nostri avi hanno affrontato enormi calamità con una forza che ci è totalmente estranea. Le paure vanno ammesse, e io stesso ammetto di avere paura – della malattia e del nostro destino economico. Ma un minuto dopo noi abbiamo il dovere di occuparci anche di altro, e di dare un senso alle nostre giornate. Affinché il virus sia solo un virus, e non un buco nero psicologico nel quale soccombere.


diconsoli@lecronache.info

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