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Coronavirus e scelta delle zone, ecco i 21 indicatori per il controllo del rischio

Sono stati introdotti il 30 aprile con un decreto del ministro della Salute, Roberto Speranza. Gli indicatori sono stati stilati per tenere sotto controllo l’andamento del rischio sanitario nei vari territori e sono divisi in tre categorie

Le misure restrittive previste dal nuovo decreto di Conte e la suddivisione in zone AREE (gialla, arancione e rossa) si sono basate su dati riferiti alla settimana tra il 19 e il 25 ottobre 2020 

L’elenco dei 21 indicatori per il controllo del rischio prevede il monitoraggio di nove parametri tra cui il numero di nuovi focolai, il numero di accessi al pronto soccorso per coronavirus, il tasso di occupazione dei posti letto in terapia intensiva.

Tutti i dati raccolti vengono analizzati da due algoritmi di valutazione che a loro volta generano una matrice del rischio, «definito come la combinazione della probabilità e dell’impatto di una minaccia sanitaria»

Si determina, così, la probabilità di un peggioraramento della situazione sanitaria: se è alta probabilità, il rischio è considerato “molto elevato”

Gli indicatori sono raggruppati in tre ambiti

Il primo misura la capacità di raccolta dati delle singole regioni, il secondo la capacità di testare tutti i casi sospetti e di garantire adeguate risorse per contact tracing, isolamento e quarantena e il terzo valuta la capacità “ricettiva” dei servizi sanitari e il monitoraggio del contagio.

Con l’ultimo Dpcm l’Italia è stata divisa in tre colori, corrispondenti ad altrettante fasce di rischio: giallo, arancione e rosso.

AREA GIALLA

AREA ARANCIONE

AREA ROSSA 

Descrivono la progressiva gravità dell’emergenza sanitaria nei diversi territori. Su di loro il governo si baserà per stabilire le chiusure, differenziate da Regione a Regione, per fermare l’ondata del contagio.

Per assegnare ogni Regione a una fascia di rischio verranno utilizzati criteri che sono stati individuati dal Comitato tecnico scientifico e dal ministero della Salute.

Sono 21 parametri che sono stati introdotti il 30 aprile con un decreto del ministro della Salute, Roberto Speranza. I parametri sono stati stilati per tenere sotto controllo l’andamento del rischio sanitario e sono divisi in tre categorie: ci sono gli indicatori sulla capacità di monitoraggio; quelli sulla capacità di accertamento diagnostico, indagine e di gestione dei contatti; e gli indicatori sui risultato relativi a stabilità di trasmissione e alla tenuta dei servizi sanitari.

ECCO GLI INDICATORI

1) Numero di casi sintomatici notificati per mese in cui è indicata la data inizio sintomi/totale di casi sintomatici notificati al sistema di sorveglianza nello stesso periodo.

2) Numero di casi notificati per mese con storia di ricovero in ospedale (in reparti diversi dalla TI) in cui è indicata la data di ricovero/totale di casi con storia di ricovero in ospedale (in reparti diversi dalla TI) notificati al sistema di sorveglianza nello stesso periodo.

3) Numero di casi notificati per mese con storia di trasferimento/ricovero in reparto di terapia intensiva (TI) in cui è indicata la data di trasferimento o ricovero in Tl/totale di casi con storia di trasferimento/ricovero in terapia intensiva notificati al sistema di sorveglianza nello stesso periodo.

4) Numero di casi notificati per mese in cui è riportato il comune di domicilio o residenza/totale di casi notificati al sistema di sorveglianza nello stesso periodo.

5) Numero di checklist somministrate settimanalmente a strutture residenziali sociosanitarie (opzionale).

6) Numero di strutture residenziali sociosanitarie rispondenti alla checklist settimanalmente con almeno una criticità riscontrata (opzionale).

7) Percentuale di tamponi positivi escludendo per quanto possibile tutte le attività di screening e il “re-testing” degli stessi soggetti, complessivamente e per macro-setting (territoriale, PS/Ospedale, altro) per mese.

8) Tempo tra data inizio sintomi e data di diagnosi.

9) Tempo tra data inizio sintomi e data di isolamento (opzionale).

10) Numero, tipologia di figure professionali e tempo/persona dedicate in ciascun servizio territoriale al contact-tracìng.

11) Numero, tipologia di figure professionali e tempo/persona dedicate in ciascun servizio territoriale alle attività di prelievo/invio ai laboratori di riferimento e monitoraggio dei contatti stretti e dei casi posti rispettivamente in quarantena e isolamento.

12) Numero di casi confermati di infezione nella regione per cui sia stata effettuata una regolare indagine epidemiologica con ricerca dei contatti stretti/totale di nuovi casi di infezione confermati.

13) Numero di casi riportati alla Protezione civile negli ultimi 14 giorni.

14) Rt calcolato sulla base della sorveglianza integrata ISS (si utilizzeranno due indicatori, basati su data inizio sintomi e data di ospedalizzazione).

15) Numero di casi riportati alla sorveglianza sentinella COVID-net per settimana (opzionale).

16) Numero di casi per data diagnosi e per data inizio sintomi riportati alla sorveglianza integrata COVID-19 per giorno.

17) Numero di nuovi focolai di trasmissione (2 o più casi epidemiologicamente collegati tra loro o un aumento inatteso nel numero di casi in un tempo e luogo definito).

18) Numero di nuovi casi di infezione confermata da SARS-CoV-2 per Regione non associati a catene di trasmissione note.

19) Numero di accessi al PS con classificazione ICD-9 compatibile con quadri sindromici riconducibili a COVID-19 (opzionale).

20) Tasso di occupazione dei posti letto totali di Terapia Intensiva (codice 49) per pazienti COVID-19.

21) Tasso di occupazione dei posti letto totali di Area Medica per pazienti COVID-19

IL COMMENTO DEL SINDACATO CIMO

«Gli indicatori che vanno presi in considerazione sono svariati, non solo i positivi, ma anche la capacità di fare i tamponi, bassa in Sicilia, la capacità di reazione del SSR, lenta, la capacità di ricovero in D.O. e in T.I., al di sopra della media nazionale in Sicilia dai primi di ottobre».

Lo afferma Angelo Collodoro, vicesegretario regionale del sindacato Cimo, aggiungendo: «Musumeci protesta ma sapeva benissimo che poteva andare anche peggio. La Zona non viene decisa in maniera estemporanea era già tutto programmato da aprile come da DPCM del 26.04 e D.M. di Speranza del 30 aprile»

 

 

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