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CALENDA, UNO E TRINO

Tacco&Spillo

C’è da dire che nella confusione amministrativa in cui s’è cacciata la giunta regionale, guidata da Vito Bardi con tutto il piglio del sessantanovenne, il napoletano Massimo Calenda s’è trovato benissimo, soprattutto nel camouflage istituzionale con cui, in disinvolta facilità ed a proprio piacimento, mescola ruoli e funzioni del capo ufficio stampa, del dirigente regionale, del portavoce. L’arrocco trinitario sconta anche gli effetti della retribuzione maliziosamente omissata che per obbligo di trasparenza andrebbe invece pubblicata, soprattutto se la soglia, come peraltro si vocifera, sia addirittura superiore ai centocinquantamila euro. Eppure Bardi in virtù dei suoi autorevoli trascorsi, che ci auguriamo non abbia del tutto dimenticato, dovrebbe appassionarsi al valore della discovery degli atti, quantomeno per mostrare ai lucani come l’ordalia di potere del centrodestra segua regole di effettiva rispondenza giurisdizionale. Diversamente si usa l’ascia della secretazione, della pubblicazione per estratto, degli omissis per tramortire l’informazione ed avvelenare i pozzi con una leggibilità tenuta sempre bassa e velata. Così serve ben poco intuire che manca una laurea forse necessaria? Oppure che nei doveri della deontologia giornalistica non viene mai contemperato l’uso politico di speaker pubblici?

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