Molto semplice, «il fatto non sussiste»: così lineare e chiaro che a stabilirlo è stato il Gup di Potenza, sancendo contestualmente la non utilità di un eventuale processo penale.
Censura e corretto utilizzo del diritto dell’informazione: nella vicenda sul non luogo a procedere in questione, il primo elemento corrisponde al giornalista in forza alla Gazzetta del Mezzogiorno edizione Basilicata, Giovanni Rivelli, ex capo Ufficio stampa della Regione Basilicata, mentre il secondo a Cronache Lucane.
C’è, però, censura e censura: l’una finalizzata alla totale limitazione della libertà di stampa, e l’altra, volta invece ad evitare che sentimenti personali di chi riporta una notizia abbiano l’avvento sui fatti della stessa.
Capita, inoltre, anche che il giornalista non sia solo strumento, imparziale, della diffusione delle notizie, ma sia esso stesso oggetto della notizia. Paletti, questi, essenziali per comprendere per coglierne le sfumature de «il fatto non sussiste».Per il Gup di Potenza che ha valutato la querela di Giovanni Rivelli nei confronti di una serie di persone collegate (tra i difensori dei denunciati c’erano il professor Cimadomo e gli avvocati Tisci e Montagna), per responsabilità dirette e indirette, ad articoli pubblicati da Cronache Lucane, questa testata non ha commesso alcun tipo di reato nel riportare le dichiarazioni dell’avvocato della società Media, anche lui, abbaglio nell’abbaglio, denunciato da Rivelli. L’avvocato informava come dinanzi all’ennesimo articolo «con notizie false» che “tirava in mezzo” Radio Potenza Centrale, di cui Media è editrice, lui avesse ricevuto mandato a procedere con la valutazione dell’azione legale più opportuna da intraprendere. Ciò per un motivo: «Danni patiti e patendi». Ma non è tutto. Lo stesso avvocato, prosciolto dal Gip da ogni accusa, nell’intervento precisava dettagli rilevanti: «Rivelli utilizza sistematicamente, a cadenza temporale, e strumentalmente, la testata (la “Gazzetta del Mezzogiorno”, ndr) contro di noi: non perdendo occasione per togliersi “il sassolino dalla scarpa”».
Al di là dei risentimenti personali, tra le ipotesi principali, l’atteggiamento del giornalista Rivelli veniva imputato al fatto che all’epoca fosse a processo presso la Corte dei Conti di Basilicata anche per via di una segnalazione proveniente proprio da Radio Potenza Centrale. Emittente che sull’affidamento, a società esterna, del giornale radio della Regione, quando Rivelli era capo Ufficio stampa, nel non aderire eccepì che sull’iter previsto «qualcosa non andava».
Sull’affidamento, poi l’esposto di Frammartino agli organi competenti, diede il là al processo contabile.
L’episodio, tra i presunti «motivi di acredine» da parte del giornalista verso la storica emittente del capoluogo. Ad ogni modo, l’intervento dell’avvocato della Media era funzionale anche a precisare quelle circostanze attinenti alle «notizie false». E soprattutto, probabilmente l’aspetto più importante ai fini del valore della querela di Rivelli nei confronti di Cronache, veniva espressamente e inequivocabilmente circostanziato il fatto che il fine non fosse pretendere dalla “Gazzetta del Mezzogiorno” una censura totale su potenziali notizie riguardanti anche, ma non solo, Radio Potenza Centrale, ma che almeno da Bari qualcuno prendesse provvedimenti per evitare che Rivelli, «fosse non altro per motivi di opportunità», «continui a scrivere di noi». Quasi il minimo sindacale dopo anche l’ultimo articolo «intriso di inesattezze e mezze verità» scritto da Rivelli.
«Il fatto non sussiste» riportato nella sentenza dal Gip del Tribunale di Potenza ha completato la linearità della vicenda. Già tutto, però, appariva chiaro e razionale. L’unica distonia, avvalorata ora dalla sentenza, è da sempre apparsa la querela di Rivelli.
Ma se in certi suoi articoli c’era «acredine» personale che poco o nulla aveva a che vedere coi fatti riportati, nella denuncia chissà, forse un gratta e vinci a mo’ di risarcimento danni, quali motivazioni illogiche ci fossero alla base. Nonostante il coinvolgimento in qualità di imputato, concorso esterno in associazione mafiosa, dell’editore Ciancio Sanfilippo, il fallimento del quotidiano, l’ultimo retroscena sulla Edisud, già editrice della testata, che compare nelle “scatole cinesi” dell’imprenditore Fusillo come da inchiesta della Procura di Bari sul fallimento milionario Fimco-Maiora, imputati anche i vertici della Banca popolare di Bari, la crisi che investe la “Gazzetta del Mezzogiorno”, ora come allora, certo rispetto delle regole deontologiche non può essere opzionale, quanto, al contrario, imprescindibile. La stessa Gazzetta, la notizia del «fatto non sussiste», pur avendo contezza della sentenza del Gup, non l’ha riportata. Del resto a Rivelli non è stata mai sottoposta, dalla Gazzetta del Mezzogiorno, la questione della inopportunità, tanto che, col procedimento preliminare in corso, lo stesso ha continuato a scrivere su alcuni dei soggetti da lui infondamente denunciati al fine di ottenere un ristoro economico sulla scorta di accuse a dir poco inverosimili.
Tutte le motivazioni possibili, di qualsiasi natura esse siano state, sono risultate decapitate dalla formula assolutoria: «Il fatto non sussiste».
