ESPOSITO: «VECCHIO SISTEMA DA SOSTITUIRE»
Intervista al Dg della Sanità lucana su Covid, riforma sanitaria, facoltà di medicina e riapertura delle scuole
Un’analisi su cos’è successo negli ultimi otto mesi alla sanità lucana, tra crisi epidemiologica, riorganizzazione dei servizi e gestione dell’emergenza. Ma anche uno sguardo rivolto su ciò che accadrà nell’imminente futuro, con la prossima riapertura delle scuole e con il rischio, sempre più concreto, di una nuova ondata di contagi in autunno. Questi sono solo alcuni dei temi affrontati durante una lunga intervista rilasciata a Cronache Lucane dal direttore generale del dipartimento Sanità della Regione Basilicata, dottor Ernesto Esposito. Non solo Covid ma anche riforma sanitaria, ed una valutazione sullo stato di salute del “paziente” Sanità in Basilicata, analizzando altresì cosa fare,e che politiche mettere in campo, per rendere nuovamente attrattivo il sistema lucano per i professionisti del settore e per i pazienti da fuori regione.
Dopo un primo fisiologico momento di difficoltà la macchina organizzativa sembra rodata, cosa è stato più difficile da affrontate tra la carenza di presidi sanitari e l’organizzazione delle unità?
«Tutte e due le cose. Prima ci ha condizionato sicuramente la mancanza di presidi sanitari che ha molto rallentato il lavoro, ciò in quanto gli operatori si sentivano a rischio, e quindi c’era un problema da affrontare molto importante come quello del trovarsi di fronte a pazienti potenzialmente contagiati. Superato questo primo ostacolo vi è stata poi un’ulteriore difficoltà iniziale, come è accaduto in tutta Italia, perché ci siamo trovati di fronte ad una emergenza che aveva delle caratteristiche e specificità per le quali non eravamo ancora pronti. Mi riferisco al fatto che inizialmente si pensava di poter gestire il flusso di pazienti contagiati a livello ospedaliero, ma come ci ha raccontato l’esperienza in Lombardia invece, si è capito subito dopo che era stata una scelta sbagliata, perché era opportuno andare direttamente al domicilio dei pazienti. Da qui dunque si è avviato quel processo di rafforzamento della medicina territoriale attraverso l’istituzione delle Unità speciali. Questo in sintesi è quello che è successo, per cui una volta risolto il problema dei dispositivi di protezione individuale ed individuata la strategia più adatta, ovvero quella di bloccare i pazienti direttamente al proprio domicilio, la macchina è andata avanti in maniera più agile. Questa strategia è risultata adatta ed oggi la stiamo potenziando e stiamo ricominciando a mettere in campo le linee strategiche della fase 2 con il massimo potenziamento delle USCO sul territorio ed attraverso il massimo potenziamento nella esecuzione dei tamponi».
Il pericolo maggiore oggi per la Basilicata sembrano i cosiddetti contagi di rientro. Tricarico piò essere un esempio. La macchina organizzativa ha svolto bene il proprio compito ricostruendo la catena di contatti e scongiurando sul nascere l’ipotesi di un nuovo focolaio. Sareste pronti anche ad affrontare una simile ipotesi nei centri più popolosi della regione?
«Senza alcun dubbio. Siamo già pronti e martedì prossimo ci sarà la prima riunione della task-force dopo Ferragosto, proprio per mettere a posto tutti i meccanismi che noi già avevamo studiato, e che a partire da fine mese ci porteranno a concentrarci con la massima attenzione sulle categorie a rischio. Noi ad esempio siamo l’unica regione che oltre ad aver previsto i test sierologici per il personale docente, partirà da fine settembre con una massiccia campagna di tamponi a tutto il personale operante nelle scuole».
Ha anticipato la mia domanda dottor Esposito, la prossima sfida sarà la riapertura delle scuole a settembre, come vi state preparando?
«Il Governo ci ha dato i test rapidi sierologici che verranno effettuato attraverso i medici di medicina generale e, laddove non sarà possibile attraverso loro, lo faremo per il tramite degli uffici di Igiene e Sanità Pubblica. Poi in aggiunta a questo abbiamo previsto, dopo 15 giorni dall’esecuzione del test rapido, un’attività di esecuzione dei tamponi a tutto il personale docente e più in generale a tutti coloro che svolgono la loro attività all’interno degli istituti scolastici. Prevediamo dunque l’effettuazione di 11.500 tamponi per tutto il personale operante nelle scuole. In una prima fase ne faremo soltanto una metà, dopo 15 giorni si procederà con gli ulteriori e rimanenti casi, in modo tale da prevedere e contenere eventuali fenomeni di contagio. Ma la nostra idea è di ripetere nuovamente questi tamponi a distanza di un mese, quindi noi continueremo a prestare la massima attenzione sul personale docente cercando in questo modo di anticipare, ed evitare, eventuali chiusure».
Non solo scuole però. Se si considera che a breve riapriranno anche le fabbriche con la Fca di Melfi in prima linea. Avete in mente un piano di controllo?
«Sicuramente le fabbriche saranno controllate, ma in quel caso le azioni di prevenzione per il contrasto, come ad esempio distanziamento sociale, utilizzo di dispositivi di protezione individuale, sono più facilmente adottabili trattandosi di categorie di lavoratori che già di per sé sono disposti a determinati rischi. Il vero problema restano le scuole perché vi è una platea scolastica composta da adolescenti e bambini che non sempre si riesce ad inquadrarli con le azioni di contenimento, quindi la maggiore attenzione la rivolgiamo proprio a loro. Per le grandi fabbriche e per la pubblica amministrazione il nostro piano è sempre quello di prestare massima attenzione alle misure di riferimento, con l’utilizzo dei dispositivi di protezione individuale. Laddove dovessero sorgere dei casi eventualmente sospetti immediatamente si procederà con le solite misure, quali l’individuazione dei contatti stretti ed i tamponi diffusi agli stessi».
Prima della crisi epidemiologica lei da poco aveva assunto il ruolo di dirigente del dipartimento, oggi la sanità rispetto al passato è materia che rientra in tutti gli ambiti, anche in quelli che prima non erano interessati dalla vostra azione. Come ci si è rapportati a questa circostanza?
«Sicuramente ci ha posto maggiore impegno e più attività di controllo e di verifica di tutte le procedure attuate. C’è un’attenzione differente rispetto a quello che poteva esserci prima. Se fino a 8 mesi fa la sanità si concentrava esclusivamente sull’erogazione o meno della singola prestazione, oggi ha assunto un carattere molto più complesso è ampio, ponendosi dei grossi obiettivi di prevenzione. Prima questa attenzione era rivolta esclusivamente a determinate malattie come quelle croniche e oncologiche, però tutta la parte della prevenzione primaria, che un tempo veniva particolarmente attenzionata, negli ultimi anni si era persa di vista. Oggi invece ritorna, si diffonde, ed è più estesa a tutte le categorie. Ma il vero problema è una carenza di personale che purtroppo registriamo, questo sicuramente rende difficile il nostro lavoro».
Ma su questo campo però il Governo, attraverso MES e Recovery fund dovrebbe attingere fondi da destinare sul comparto della sanità, facendo sì che si possa procedere a nuove assunzioni.
«Il problema che noi abbiamo nella nostra regione è sempre lo stesso, ovvero una difficoltà a reperire personale. Ciò non è dovuto ad una esiguità di risorse ma al fatto che, non avendo avuto la facoltà di Medicina in regione Basilicata questo ci ha ridotto fortemente la possibilità di acquisire personale. Qui molti concorsi purtroppo vanno deserti o addirittura rispondono in misura molto minore rispetto al numero di posti richiesti. Noi abbiamo fatto un concorso per 6 posizioni da igienista, che sono le figure delle quali abbiamo maggiormente bisogno in questa fase, ed ha risposto solo un soggetto. Questo perché, purtroppo, paghiamo lo scotto di non avere la facoltà di medicina e chirurgia in Basilicata che finalmente oggi, grazie all’accordo che abbiamo sottoscritto con i Ministeri, è realtà».
Pensa che la facoltà di medicina, da sola, possa rendere più attrattiva la sanità lucana?
«Senza ombra di dubbio. Se lei pensa che prima un ragazzo lucano doveva sicuramente andare fuori regione per studiare, è chiaro che una volta laureatosi ed eventualmente specializzatosi in un’altra regione si trovava già coinvolto in un giro ed in un sistema che difficilmente lo riportava a rientrare nella nostra terra. Noi nel momento in cui avremo la facoltà di Medicina e Chirurgia in Basilicata faremo in modo che lo studente non si muova, anzi si creeranno sicuramente più opportunità di lavoro direttamente qui, per cui non avrà bisogno di andare fuori regione. Ciò costituirà anche un miglioramento della qualità delle prestazioni erogate dalla sanità, perché se prima noi dovevamo aspettare il primario che veniva da un’altra regione, da domani, facendo la facoltà di medicina e chirurgia qui, il futuro primario ce lo creiamo direttamente in Basilicata». Converrà però che affinché ciò si realizzi bisognerà attendere in primis che la facoltà venga istituita, poi che si concluda un intero ciclo di studio e che lo studente continui un percorso di specializzazione. Nel frattempo però per fare in modo che primari e specialisti già formati e arrivino in regione la sanità va riorganizzata? «Senza ombra di dubbio. Noi dobbiamo creare un presupposto fondamentale ovvero un substrato nella sanità lucana tale da rendere attrattiva l’attività operatoria e sanitaria nell’ambito della nostra regione. Questo lo si può fare attraverso l’individuazione, la definizione e l’ideazione di modelli gestionali di sanità sia a livello territoriale che a livello ospedaliero, che possano attrarre i professionisti da altre regioni basandosi su progettualità nuove ed innovative. Sul punto io vorrei sottolineare l’utilità della convenzione che noi abbiamo stabilito con Age.na.s. proprio in questo settore. Di questo molte volte se ne parla poco ma attraverso questa convenzione noi ci proponiamo di utilizzare gruppi di esperti nazionali per studiare, insieme a noi lucani, quelli che possono essere i modelli di sanità e di gestione della stessa sul territorio ospedaliero e quindi creare dei modelli di riferimento. Ecco questa io credo sia una scelta strategica validissima per ipotizzare delle strutture sanitarie e delle progettualità che possono davvero attrarre dei professionisti dalle altre regioni».
Dottor Esposito crede che nell’ipotesi di una nuova ondata di contagi in autunno ci sarà un nuovo lockdown? «Guardi esprimo una mia opinione personale, credo che saremo pronti ad affrontare la seconda ondata che sicuramente ci sarà, ma saremo pronti in maniera tale da non avere un lockdown. Ciò in quanto abbiamo maturato una certa speranza nel riuscire ad individuare immediatamente i focolai e prevedere subito quali possono essere gli sviluppi dello stesso, ricorrendo agli ordinari mezzi di contrasto. Credo pertanto che saremo sicuramente più pronti ad affrontarlo evitando l’ipotesi di nuovi lockdown».
Sulla riforma sanitaria in atto, qual è il suo parere?
«Io da tecnico dico che mi fa molto piacere che si sia sviluppato un dibattito sul tema perché sicuramente il modello organizzativo che c’è attualmente in regione Basilicata va sostituito. Sul come, saremo tutti pronti a discuterne e a vedere quale può essere il modello più agile e soddisfacente alle realtà locali. Non vi è dubbio però che siamo tutti concordi nel sostenere come il modello attuale è un coacervo di modelli differenti. Di fatto abbiamo tre aziende di cui una esclusivamente ospedaliera, un’altra esclusivamente territoriale, ed un’altra mista. Non è dunque pensabile che questa organizzazione possa essere mantenuta».
Al netto della qualità della scelta. Concretamene per avviare un riordino di tali dimensioni vi sarà bisogno di pareri, autorizzazioni, progetti da approvare a diversi livelli organizzativi. Crede che sarà possibile che ciò accada entro fine anno?
«Ci sono due momenti diversi. In uno si costruisce l’idea è l’organizzazione della macchina, si stabilisce ad esempio che cosa si vuole fare, se due aziende, se una territoriale ed un’altra ospedaliera, se un’azienda unica piuttosto che tre aziende diversificate. Insomma, bisogna prima scegliere il modello di riferimento e per fare ciò basta una legge di riordino. Contestualmente, sul modello che ci siamo dati, si avvia una fase di individuazione di tutte le attività e di tutte le procedure all’interno di questa macchina organizzativa, i cosiddetti contenuti. Si individuano pertanto quei macro processi e si determina chi deve fare cosa. Quindi la prima fase si può realizzare sicuramente nel giro di un paio di mesi».
Al di là del Covid come giudica lo stato di salute del paziente “sanità lucana”?
«Io credo che il problema sia legato alla presenza delle tre diverse aziende come dicevo prima. La legge del 2017 sicuramente ha reso difficile tutta una serie di progettualità e di processi che hanno portato a delle criticità evidenti, come l’aumento della mobilità passiva o delle liste di attesa. Secondo me ci sono ottime prospettive di migliorare e tornare su livelli di una decina di anni fa, credo che tutto sommato gli operatori sono abbastanza è sufficientemente motivati per avviarsi ad un processo di riqualificazione della sanità, su questo sono ottimista».