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L’UNITRE ALLA SCOPERTA DEL COSMO

Un pomeriggio con l’astronomo Schmalz, all’Osservatorio di Castelgrande, tra detriti spaziali, orbite e satelliti


A pochi giorni dalla magica notte di San Lorenzo, l’Università delle Tre Età di Muro Lucano ha organizzato un pomeriggio alla scoperta del Cosmo presso l’ Osservatorio Astronomico di Toppo di Castelgrande, tra scie di comete e buchi neri, ma soprattutto volto alla consapevolezza della pericolosità della cosiddetta “spazzatura spaziale” dei detriti di satelliti artificiali di comunicazioni, militari, meteorologici, di navigazione e molto altro. Ad accogliere e guidare i visitatori in questo straordinario percorso, l’astronomo russo Sergei Schmalz.

L’iniziativa per la realizzazione di un Osservatorio Astronomico nel Comune di Castelgrande risale agli anni sessanta, quando si ipotizzò la costruzione di un Osservatorio Nazionale che, tra l’altro, avrebbe dotato il Mezzogiorno d’Italia di una struttura di notevole rilevanza scientifica e culturale. Da allora questo punto di osservazione del cielo è divenuto sempre più importante nel panorama dell’astronomia internazionale, ed il Comune di Castelgrande è stato già sede di iniziative celebrative dell’Anno Internazionale dell’Astronomia.

È stato inoltre costruito, a latere, un Osservatorio per Astrofili, in località Accolta, del medesimo territorio comunale, avente anch’esso in dotazione un telescopio e di recente è stata realizzata una nuova cupola di due metri di diametro destinata a coprire e proteggere un secondo telescopio, compresa la sua montatura.

La Stazione astronomica di Toppo di Castelgrande del 1973, invece ospita un potente telescopio da un metro e mezzo di apertura, in funzione dal 2009 al 2012, indicato con la sigla TT1, da Toppo Telescope n.1.

Castelgrande si posiziona così tra le poche località in Italia con una facile accessibilità all’infrastruttura, un cielo pressoché privo di inquinamento luminoso e di smog, e un orizzonte aperto, tale da consentire osservazioni astronomiche uniche. L’Osservatorio è tra le altre cose sede del SINGAO, primo centro internazionale in Italia per esperimenti in Astrofisica. La struttura scientifica è in filo diretto con l’Osservatorio Astronomico di Capodimonte a Napoli.

Un lavoro egregio quello portato avanti da Sergei, unico studioso ed astronomo dell’Osservatorio che già spiegava: «la maggior parte del tempo notturno, quando il cielo è abbastanza sereno, osservo satelliti e detriti spaziali, e a volte faccio osservazioni dei cosiddetti lampi gamma, ma ci sono anche altri eventi nell’universo che sono molto interessanti e importanti da essere osservati, soprattutto le onde gravitazionali, e grazie ad appositi programmi, anche se il cielo è nuvoloso e non posso fare osservazioni c’è sempre qualcosa da fare».

Il sito si afferma sempre più, soprattutto nello specifico campo dell’osservazione dei detriti spaziali, e la stazione si interfaccia su orizzonti internazionali. Il lavoro notturno, si inserisce nel più ampio progetto denominato “Castelgauss” ideato dalla Scuola di Ingegneria spaziale dell’Università La Sapienza di Roma, il Comune di Castelgrande e L’Istituto Keldysh di matematica Applicata dell’Accademia russa delle scienze a Mosca. Numerose le osservazioni ed i dati raccolti da Sergei, che riporta poi in conferenze internazionali.

Quando si parla di  rifiuti o detriti spaziali, ci si riferisce ad oggetti che orbitano il pianeta Terra e che possono rappresentare un serio rischio per satelliti e missioni. Stando ad una stima dell’ESA, orbitano circa 130 milioni di rifiuti, di cui 34.000 hanno un diametro maggiore di dieci centimetri, costituiti da ultimi stadi di razzi, oggetti dispersi durante le attività extraveicolari, parti di satelliti distrutti, satelliti non più attivi e persino schegge di vernice proveniente dalle pareti esterne dei razzi, che orbitando a velocità altissime, diventano veri e propri proiettili.

Il problema principale creato dal detrito spaziale sta nel fatto che potrebbe incrociare l’orbita di altri satelliti: non solo per la probabilità che le due orbite si sovrappongano, quanto per la possibilità che le due traiettorie si incrocino e creare collisione tra i due oggetti. Talvolta, la velocità del detrito può essere così alta da poter danneggiare, ed in certi casi anche distruggere intere strutture. Da questi impatti, come una reazione a catena, si creano nuovi detriti, provocando collisioni a cascata. Per tale motivo è fondamentale mappare la presenza di questi rifiuti e stimarne la quantità e la concentrazione.

Una soluzione che si usa spesso è quella di spostare il satellite in un’orbita geosincrona, che risiede oltre i 35.000 chilometri di altitudine. Questo viene solitamente fatto alla fine della vita operativa di un satellite. Durante questo spostamento, il satellite viene passivato, ovvero privato di ogni energia interna, allo scopo di scongiurare esplosioni o riattivazioni incontrollate. Ad essere passivati sono i serbatoi di propellente e le batterie. Una volta terminate la manovra di spostamento e la passivazione, il satellite, ormai privo di ogni fonte di energia, continuerà ad orbitare la Terra nella sua orbita ‘cimitero’, anche per centinaia di anni.

Purtroppo, un vero e proprio recupero dei detriti è una soluzione altamente dispendiosa e difficile da realizzare. Ciò nonostante, sono stati elaborati diversi progetti di smaltimento dei rifiuti che, in un futuro prossimo, potrebbero diventare economicamente accessibili, oltre che necessari.

Schmalz «dal 2012 al 2015 ha lavorato come assistente all’Istituto Astrofisico di Potsdam in Germania; ha studiato astrofisica all’Università technica di Berlino per 3 semestri, ha svolto collaborazioni con diversi astronomi e astrofisici negli anni passati con gli astronomi dell’istituto KIAM di Mosca. Dal 2014 ha osservato i satelliti e i detriti spaziali in Mongolia, da remoto, e dal settembre 2017 vive e lavora presso l’Osservatorio astronomico del comune lucano: Nel 2016 «i miei colleghi da KIAM mi dissero di che aver bisogno di un osservatore all’osservatorio di Castelgrande (dal 2014 c’era già un telescopio, ma non un osservatore), ho subito accettato e non lo rimpiango per nulla».

 

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