CRIMINOLOGA URSULA FRANCO: ELENA CESTE NON È STATA UCCISA, RIDICOLO CERCARE IL DNA DI UN FANTOMATICO ASSASSINO
UN CASO ALLA VOLTA FINO ALLA FINE

Criminologa Ursula Franco: “Elena Ceste non è stata uccisa, è ridicolo cercare il DNA di un fantomatico assassino. La verità sul caso è già agli atti. La soluzione è nella mia consulenza dal 2015 ed è spendibile ad aeternum. Elena Ceste si è allontanata da casa in preda ad una crisi psicotica ed è morta per assideramento. Non c’è spazio per soluzioni alternative, anzi, certe ricostruzioni non faranno che danneggiare il povero Buoninconti. Sono stata consulente dell’avvocato Giuseppe Marazzita, difensore di Michele Buoninconti, e nulla abbiamo potuto contro il pregiudizio che i giudici dei tre gradi si sono formati in seguito ad un processo mediatico durante il quale la verità è stata sepolta dal fango delle mistificazioni e dei luoghi comuni. E così, sotto gli occhi di tutti, è stato commesso l’ennesimo errore giudiziario, un errore grossolano e paradossale: un uomo innocente è stato condannato a 30 anni di reclusione per un omicidio mai avvenuto”

Le Cronache Lucane, 27 luglio 2020

La criminologa Ursula Franco è stata consulente della difesa di Michele Buoninconti durante tutti e tre i gradi di giudizio.

La dottoressa Franco ha da sempre sostenuto che Elena Ceste, durante una crisi psicotica, si è nascosta ai suoi immaginari persecutori nel letto del Rio Mersa ed è morta per assideramento.

Dottoressa Franco, eventuali indagini genetiche sugli abiti della Ceste a cosa servirebbero?
A niente. Elena Ceste non è stata uccisa, è ridicolo cercare il DNA di un fantomatico assassino. La verità sul caso è già agli atti. La soluzione del caso è nella mia consulenza dal 2015 ed è spendibile ad aeternum.

Elena Ceste si è allontanata di casa in preda ad una crisi psicotica ed è morta per assideramento. Non c’è spazio per soluzioni alternative, anzi, certe ricostruzioni non faranno che danneggiare il povero Buoninconti.

E credo che qualcuno verrà querelato per certe esternazioni prive di fondamento.
Dottoressa Ursula Franco, come si potrà riaprire questo procedimento?
C’è un caso simile, è quello di Massimo Pisano. Buoninconti, come Pisano, ha un alibi ma è stato ignorato dalla procura di Asti. Se infatti ad Asti avessero incrociato i tabulati telefonici e le testimonianze dei vicini avrebbero potuto facilmente escludere che Michele potesse trovarsi al Rio Mersa intorno alle 9.00. Il vicino di Buoninconti, Aldo Rava, il 6 febbraio 2014, un’epoca in cui non erano ancora noti agli inquirenti i tabulati telefonici relativi al caso, riferì agli inquirenti: “verso le 9.05 circa sentivo suonare il campanello di casa con insistenza e sentivo anche suonare il mio telefono di casa”
È chiaro che Rava riferì un orario approssimativo “verso le 9.05 circa”, un orario che però venne in seguito smentito dai tabulati che indicano che la telefonata alla quale si riferì il teste giunse a casa sua alle 8.57.28, un dato scientifico, confermato anche dalla teste Marilena Ceste che disse di aver visto Buoninconti davanti a casa sua intorno alle 9.00.
È evidente quindi che, se Buoninconti alle 9.00 si trovava davanti a casa Rava, non poteva essere dove l’ha collocato l’accusa attraverso la consulenza del geometra Giuseppe Dezzani, ovvero prossimo al luogo del ritrovamento dei resti della Ceste. Va da sé che se Michele non ha occultato il corpo di Elena, nessun omicidio è stato commesso. Peraltro, nel tentativo di avvalorare le sue errate conclusioni il geometra Giuseppe Dezzani ha dichiarato il falso sui suoi titoli di studio, sia nella consulenza redatta per la procura che durante una delle udienze del processo di primo grado a Michele Buoninconti, viziando così tutto il procedimento.
Dottoressa Franco, perché afferma che questo caso avrebbe dovuto chiudersi nel momento in cui vennero ritrovati i resti di Elena senza abiti?
Perché quel ritrovamento dava ragione allo psichiatra della procura, che aveva diagnosticato alla Ceste un disturbo psicotico attraverso l’autopsia psicologica, e a Buoninconti, che aveva raccontato di aver raccolto gli abiti di sua moglie in cortile. Ma, purtroppo, i carabinieri della stazione di Costigliole, poiché ignoravano che il denudamento fosse una tra le anomalie del comportamento che possono manifestarsi nei soggetti psicotici (DSM- 5), una volta trovati i resti della Ceste privi di abiti, invece di attribuire il giusto valore a quel ritrovamento, hanno ritenuto che fosse la prova di un omicidio e così Buoninconti si è trovato a dover rispondere di un omicidio mai avvenuto. Voglio sottolineare che, proprio riguardo alla crisi psicotica che aveva colpito la Ceste, nelle motivazioni della sentenza di primo grado, il giudice Amerio, per svalutare le conclusioni delle consulenze sia dell’accusa che della difesa in tema psichiatrico, ha affermato erroneamente che un disturbo di personalità non è un disturbo psicopatologico e che il “delirio ad intermittenza è privo di riscontro scientifico” mentre invece è provato che l’andamento di un disturbo delirante è variabile e quello che il giudice definisce “delirio ad intermittenza” è di comune riscontro nella pratica psichiatrica in specie nei soggetti psicotici non sottoposti a terapia farmacologica.
Entriamo nel merito, è vero che una crisi matrimoniale aveva preceduto la scomparsa della Ceste e che Buoninconti, ben prima della notte del 23/24 gennaio 2014, era a conoscenza dei tradimenti di sua moglie?
L’idea della crisi matrimoniale che avrebbe preceduto la scomparsa di Elena non è agli atti, è un’infondata inferenza della procura di Asti ed è infondato anche sostenere che Michele fosse venuto a conoscenza dei tradimenti della moglie prima della notte del 23/24 gennaio 2014, tra l’altro, quella notte Michele non credette al racconto di Elena perché riconobbe che la Ceste non era in sé.

Secondo la procura di Asti, i figli di Elena Ceste mentirono riguardo all’assenza di palesi episodi di conflitto tra i genitori e non mentirono invece nel riferire che la loro madre stava bene la mattina della scomparsa, che può dirci in merito?
I figli di Elena e Michele non mentirono nei due casi, non assistettero mai a discussioni tra i genitori perché mai ci furono e non si accorsero del disagio psichico della loro madre perché la Ceste di quella mattina era affetta da un delirio lucido senza alterazioni dello stato di coscienza che, in ogni caso, nonostante la inducesse a dire cose senza senso, la faceva apparire “normale”
Perché la procura avrebbe dovuto credere a Michele?
Perché sia dalle chat della Ceste che dai racconti dei suoi confidenti e familiari emerge senza ombra di dubbio che, già in autunno, le si erano affacciati alla sua mente alcuni pensieri ossessivi persecutori che ricalcano il delirio persecutorio manifestatosi alla fine di gennaio e perché Michele non poteva essersi inventato nel dettaglio la crisi psicotica di sua moglie. In specie, Buoninconti raccontò che la notte prima della scomparsa, la Ceste si era picchiata sulla testa tanto da farsi arrossare la fronte. Il picchiarsi sulla testa è una reazione di comune osservazione nei soggetti affetti dalle allucinazioni uditive, ma, non essendo un esperto, Michele Buoninconti non poteva saperlo. Michele lo raccontò perché Elena mise in atto quel comportamento. Proprio questo dettaglio prova che Buoninconti disse la verità su quella notte. Saper ascoltare testimoni, sospettati e indagati paga ma in Italia manca la cultura dell’interrogatorio e dell’analisi dello stesso.
Il giorno dopo la scomparsa di Elena, il 25 gennaio 2014, sua sorella Daniela Ceste ha riferito agli inquirenti di aver parlato con Elena la mattina del 23 e che la stessa le aveva detto “di avere problemi alla testa, tant’è che io chiedevo se si trattasse di mal di testa od altro e lei non riusciva a spiegarsi. Sembrava volesse dire qualcosa ma non riusciva ad esprimersi bene”
Quei “problemi alla testa”, di cui si lamentò Elena e che non sapeva spiegarsi, erano i prodromi della crisi psicotica che la colpì la notte tra il 23 e il 24 gennaio. Nel momento in cui un delirio nasce o riprende, se svanito, lo psicotico sperimenta uno stato pre-delirante detto “wahnstimmung” durante il quale capisce che sta accadendo qualcosa ma non riesce a metterne a fuoco i dettagli.
La procura si è servita di testimonianze tardive e ha ignorato le testimonianze iniziali che avrebbero permesso di chiudere il caso secondo la verità dei fatti. Non ci vuole infatti un esperto di psicologia della testimonianza per capire che le uniche dichiarazioni di cui la procura avrebbe dovuto servirsi sono quelle rilasciate nelle fasi iniziali delle indagini perché con il passare dei mesi il pensiero dei familiari, degli amici e dei testimoni è stato forgiato dal processo mediatico.
Ecco qualcuna delle dichiarazioni rilasciate dai familiari della Ceste all’indomani della scomparsa di Elena:
Dai verbali di Daniela Ceste, sorella di Elena: “Mia sorella mi ha chiamato telefonicamente nella mattinata del 23 gennaio, fatto strano in quanto ci sentiamo solitamente in orario serale. Ricordo che le chiedevo come stesse e lei mi rispondeva che stava abbastanza bene ma aveva PROBLEMI ALLA TESTA“
La sorella si stupì per quella chiamata mattutina che le apparve una telefonata di commiato. Daniela disse a sua sorella che si sarebbero viste nel week end ed Elena le rispose: “Eh si tantooo” che Daniela interpretò come: “Non ci sarò, chissà se ci sarò”. Di sicuro se Daniela Ceste non avesse avuto dei buoni motivi per pensare ad un suicidio non l’avrebbe ipotizzato, la sorella si era resa conto che Elena nei mesi precedenti alla sua scomparsa era profondamente turbata come si evince dalle sue dichiarazioni: “(Elena) nel mese di novembre 2013 era caduta in uno stato di depressione…aveva esternato una sua preoccupazione o disagio circa un qualcosa che aveva fatto ma non specificava troppo… che quando lo aveva fatto non era in se stessa e aveva sbagliato. Era preoccupata perché diceva che tanto ormai sapevano tutti di cosa stava parlando e che anche i figli l’avrebbero vista come un mostro […] non abbiamo avuto modo di verificare queste presunte cose dette”
Dai verbali di Daniela Ceste, sorella di Elena: “(Elena) nel mese di novembre 2013 era caduta in uno stato di depressione…aveva esternato una sua preoccupazione o disagio circa un qualcosa che aveva fatto ma non specificava troppo… che quando lo aveva fatto NON ERA IN SE STESSA e aveva sbagliato. Era preoccupata perché diceva che tanto ormai sapevano tutti di cosa stava parlando e che anche i figli l’avrebbero vista come un mostro… non abbiamo avuto modo di verificare queste presunte cose dette”
Dai verbali di Daniela Ceste, sorella di Elena: “Michele caratterialmente è una persona buona che si dedica alla famiglia… non ho mai avuto confidenze da mia sorella circa situazioni di violenza o discussioni degenerate in famiglia… (Michele) si preoccupa per il benessere della famiglia e non mi pare abbia mai trascurato i vari componenti. Anche con noi parenti non ha mai avuto discussioni”
Dai verbali di Lucia Reggio, madre di Elena: “Mia figlia mi ha sempre riferito che era molto contenta di abitare qui a Costigliole d’Asti. Anche Michele, marito di mia figlia è sempre stato disponibile e presente (…) a casa sua non mancava nulla sia nei generi alimentari che nel vestiario ed altre utilità indispensabili. Mia figlia non mi ha mai narrato di alcuna anomalia, mai nessun screzio con Michele, assolutamente tutto andava bene, la vedevo e sentivo realizzata, contenta della sua vita, dei suoi figli e del suo matrimonio (…) non ho sentito alcuna lamentela né ho mai assistito a litigi (…) va tutto bene non ho mai avuto alcuna percezione negativa”
Da una chat del 12 ottobre 2013 tra Giandomenico a Elena: “Ti mando io la buona giornata, sperando che lo possa essere, perché noto nella tua testa quella CONFUSIONE che ti fa vedere le cose in maniera un po’ anomala (…) Oltre a non aver capito cosa sono prima, continui a non capirlo adesso… sei convinta di qualche cosa… che ti sei creata da sola e che ti crei problemi… come mi sono accorto che qualcosa di STRANO nei tuoi pensieri c’era… fin dall’inizio, ma che ultimamente non ti faceva stare bene”
Dai verbali della figlia Elisa: “Non l’ho sentita discutere con papà né quel mattino né altri giorni né la sera prima (…) non ho sentito loro bisticciare (…) né ho sentito loro discutere (…) non li ho mai sentiti discutere né di Facebook né di sms sul cellulare (…) la sera prima non ci sono state discussioni tra loro (…) escludo di litigi tra mamma e papà per messaggi di Facebook o di telefonino”
Il figlio Giovanni ha riferito che la madre, la mattina della scomparsa, mentre lo vestiva, gli disse: “Se mamma scappa voi dovete crescere da soli” (pag 5, annotazioni d’indagine relative alla denuncia di scomparsa di Elena Ceste del 26 gennaio 2014)
Dottoressa Franco, grazie, non vediamo l’ora di leggere il suo libro sul caso Ceste.
Grazie a lei e a tutta la redazione.
Buone vacanze