BasilicataLettere Lucane

I CONTADINI LUCANI CHE NON VIDERO MAI IL MARE

Lettere lucane

 


Vengo da una famiglia che non ha mai fatto vacanze. Il concetto di vacanza è abbastanza recente, a livello popolare, perché per secoli è stato concepito esclusivamente dalle classi abbienti. Mi càpita spesso di pensare che milioni di lucani, nei secoli, sono morti senza aver mai visto il mare. Del mare giungevano notizie sotto forma di pesci conservati sotto sale, che dalle mie parti arrivavano da quelle che un tempo si chiamavano le Calabrie. Ma il pesce fresco nelle aree interne è una conquista recente, e solo da pochi decenni in paesi come Pietrapertosa o Viggianello arrivano pesci come le seppie, i calamari o i gamberoni.

Oggi il mare è a portata di tutti, ma un tempo era una conquista difficile, un racconto fantastico, un sentito dire a cui non si riusciva ad associare un’immagine realistica, specialmente prima dell’avvento della fotografia e della televisione. I miei genitori mi hanno portato raramente al mare – ricordo vagamente una volta a Praja a mare – e, anzi, giudicavano male quelli che a loro dire sprecavano soldi per arrostirsi al sole.

Quando facevo il cameriere a Maratea, una volta convinsi i miei genitori a venirmi a trovare. Vennero da Rotonda con la loro Fiat Panda grigia. Per mia madre il mare era solo questo: mangiare un gelato. Mio padre invece si lamentava, diceva che c’era troppo lusso, che quelli non erano posti per noi, che lì dovevano starci i ricchi o i vagabondi. Le cose sono cambiate anche per me. Eppure qualcosa di quella diffidenza contadina per il mare mi è rimasta. Non amo stare sdraiato sulla spiaggia, non amo chi si diverte per settimane in villeggiatura e, quando trascorro qualche giorno al mare, subito cerco un bar e mi metto a leggere e a scrivere. Il mare è bellissimo, ma non l’ho mai amato. Come Anteo, la mia forza è la terra: la terra della mia contrada lucana.

diconsoli@lecronache.info

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