BasilicataLettere Lucane

RITORNARE IN BASILICATA A CAUSA DEL CORONAVIRUS

Lettere lucane


Vivo a Roma dal 1996, ma ogni volta che ho avuto paura del futuro – immaginando magari la perdita del lavoro, oppure l’incombere di una malattia – mi ha sempre rassicurato il pensiero di avere una casa d’origine dove potermi ritirare per leccarmi le ferite senza dover spendere molto. Questo pensiero mi ha dato forza tante volte. Le fragilità le ho sempre avute, ma aumentarono allorquando divenni padre per la prima volta nel 2005. Da allora il futuro non è stato soltanto un pensiero entusiasmante della mia avventura terrena, ma anche un luogo incerto pieno di incognite. Faccio questa riflessione perché credo che la pandemia aumenterà a breve il numero dei disoccupati lucani che lavorano senza garanzie in giro per l’Italia. Purtroppo molti saranno costretti a ritornare nei loro paesi di origine, e per tanti sarà una sconfitta, come lo sarebbe per me se perdessi il lavoro qui a Roma. Tuttavia io penso che ogni caduta sia anche una nuova possibilità esistenziale. In Basilicata è difficile creare un lavoro o trovarlo, ma non è impossibile.

Bisogna soltanto cambiare punto di vista, e provare ad analizzare la realtà senza il velo della sfiducia e della depressione. L’unica cosa che vorrei umilmente chiedere ai lucani “stanziali” è di accogliere con sentimento fraterno e solidale tutti quelli che perderanno il lavoro a causa di questa catastrofe economica. Spesso un vetro opaco separa chi è rimasto da chi è partito. Invece sarebbe bello se la comunità lucana si sentisse affratellata al di là delle decisioni prese, perché scegliere se partire o rimanere è stato per tutti un complicato travaglio esistenziale. Stanno arrivando giorni durissimi, e bisogna fare di tutto perché nessuno soccomba economicamente e psicologicamente in mezzo a questo tsunami. Nessuno si senta superiore e nessuno si vergogni di essere caduto.
diconsoli@lecronache.info

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