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POTENZA, È IL TEMPO DI APPLICARE RIMEDI E NON DI FARE SELFIE

Gli affanni del capoluogo e la necessità di una spinta riformatrice l’azione amministrativa. Appello all’azione per il destino della città

di Sergio Ragone


Potenza si è smarrita. Non è stato certo l’ultimo video che, come ogni cosa di questi tempi, è diventa virale in poche ore, a raccontarci lo smarrimento della città. Così come non è alzando il tono della polemica che le questioni più urgenti troveranno posto nell’agenda politica della città. Già, l’agenda politica della città: ciò che più manca in questa strana stagione di ripartenze e paure. L’ultimo consiglio comunale potentino ha fotografato nitidamente due situazioni differenti e con radici ben più profonde. Se da un lato l’opposizione, che ancora sconta la cocente sconfitta elettorale dalla quale pare non essersi ancora ripresa -dopo anni e anni di governo ininterrotto è comprensibile, ma la politica ha ormai dei tempi talmente rapidi che nessuno può più permettersi lente progressioni e impercettibili leadership stagionali-, dall’altro l’attuale maggioranza ha palesato tutta la sua inesperienza, ahinoi! anche sul piano amministrativo, che in politica non è mai un valore ma un difetto inaccettabile. La contrapposizione tra le due principali forze consiliari all’interno della maggioranza è ormai sotto gli occhi di tutti e sarà così ad ogni punto percentuale che ogni forza politica sottrarrà all’altra. E’ una lotta di potere, non dobbiamo avere paura di chiamare le cose per come sono, una normale competizioni tra parti che vogliono determinare equilibri interni. Quali differenze con il passato? Nessuna: mondo era e mondo è. Ma per queste cose ci sono i congressi, le direzioni di partito, le segreterie e non le aule consiliari.

Certamente non tutto è perduto e in questo consiglio comunale ci sono donne e uomini di equilibrio e saggezza che sanno tenere dritta la barra per provare a condurre la nave in acque più sicure. Nel mezzo c’è però la città, con la sue complessità e la sua vita reale, che va ben oltre la narrazione propagandistica delle sigle e degli slogan che proprio la politica ama masticare e sputare. E la città è smarrita: dal centro alle periferie non c’è un disegno organico, una visione, un progetto che non sia debole, monco o, peggio ancora, frutto di autoreferenzialità. Dalla questione ambientale a quella sociale, per non parlare degli affanni delle piccole imprese e degli esercenti o della cultura scambiata per cerimonia con tanto di taglio del nastro. Inutilmente rumorosa anche la guerra alla movida: non può essere una colpa essere giovani in questa città, una politica adulta si assume le responsabilità e corregge gli errori dando così il buon esempio (come indossare le mascherine lì dove necessario). E’ passato il primo anno da quando “il mondo è cambiato” ma, al netto dell’emergenza sanitaria che ha riguardato tutti, ci si aspettava molto altro da una nuova generazione di amministratori locali che ha raccolto il proprio consenso sventolando le bandiere del cambiamento, dell’amore per la città e della rivoluzione meritocratica; come spesso avviene l’amore non basta e le rivoluzioni diventano un pranzo di gala o un aperitivo con tanto di sorriso a favore di fotocamera per il selfie di rito che serve a “sfamare” la vanità e per qualche pugno di like scambiati per consensi Ma la politica è esercizio di pragmatismo e sobrietà, è una pratica quotidiana e costante che è meglio lasciar fare a chi oltre l’impegno e la buona volontà ci può mettere meriti e competenze. E non parliamo di volgere lo sguardo al passato, come pure è stato fatto, ad esperienze ormai consumate o a generazioni che hanno già dato il loro contributo, ma ad allargare il proprio campo visivo per coinvolgere chi può davvero contribuire alla costruzione di una città migliore, oltre le appartenenze di filiera e di partito.

Chi amministra oggi ha il dovere di dimostrare che il cambiamento non è solo un fatto anagrafico, non è solo nella sostituzione di una nomenklatura con un’altra. Il giudizio sarà espresso sull’azione amministrativa, sulla qualità delle proposte e sulla capacità di risoluzione della complessità; i numeri da guardare sono quelli dell’Istat e non quelli dei social. Ed è per questo che ci rivolgiamo alle donne e agli uomini della politica cittadina e della società civile, a coloro che rifiutano gli estremi e credono nel dialogo e nel compromesso come strumento nobile di costruzione, affinché contribuiscano alla normalizzazione del dibattito pubblico e a condurre l’azione amministrativa sui binari del fare e del buon senso. In gioco non c’è solo il futuro di qualche poltrona ma l’intero destino della città e di noi potentini. E se sta bene Potenza sta bene la Basilicata intera. Prima che sia troppo tardi.

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