IL SANTUARIO DI CAPODIGIANO
Il luogo di culto è intriso di arte, storia e fede. Un excursus storico ci riporta alle sue origini
Un 2 luglio differente per Muro Lucano e la frazione di Capodigiano, dove sorge il Santuario della Madonna delle Grazie che in questo giorno viene celebrata. Un luogo ricco di storia civile e religiosa, dove la fede si intreccia anche alla vita del Santo Patrono della Basilicata, Gerardo Majella.
Il Santuario, aperto regolarmente durante l’anno, ogni 2 luglio viene visitato sin dalle prime ore del mattino: una preghiera, fiori freschi le celebrazioni liturgiche e la festa civile. Ma quest’anno il Covid ha fermato anche questo. Tra i banchi i nastri bianchi e rossi che segnalano il divieto di sedersi vicini, all’ingresso i dispenser del disinfettante per le mani ed il decalogo delle regole da rispettare, si affiancano alle pitture, agli affreschi, alle statue, alle targhe in marmo. Una di queste nei pressi dell’ingresso recita: “Questo Santuario sorto all’inizio del secolo XIII ad opera del Maestro Sarolo di Muro Lucano, significativo per la sua arte e per la sua storia, fu illustrato dalla viva pietà e dalle visioni mistiche di San Gerardo Majella, e fu frequentato con religiosa venerazione dal popolo murese. Gravemente danneggiato dal sisma del 23/11//1980, si presenta restituito alla sua agile linea architettonica e alla sua autentica bellezza. È stato elevato alla dignità di Santuario Diocesano da S.E. Monsignor Giuseppe Vairo, Arcivescovo metropolita di Potenza, Muro Lucano, Marsico Nuovo”.
Situato nella frazione Capodigiano, nel luogo in cui secondo la tradizione sorgeva un tempio in cui si venerava il dio Giano, il Santuario mostra all’esterno tre leoni in pietra e un’ara funeraria, databili all’età imperiale romana, che abbelliscono i due ingressi, dotati di portoni istoriati in bronzo.
La chiesa è stata costruita nel 1200 in stile romanico da Mastro Sarolo da Muro, celebre architetto e costruttore sapiente artigiano della pietra, caposcuola di una numerosa schiera di scalpellini, architetti e costruttori; a lui si devono molte opere lucane, tutte in stile romanico.
All’interno frammenti di affreschi medievali tra i quali un angelo e una Madonna in trono tra due Santi non identificabili, una statua quattrocentesca della Madonna delle Grazie collocata sull’altare maggiore.
Il luogo è difatti noto per le apparizioni di Gesù bambino al giovane Gerardo Majella che si recava, percorrendo il Sentiero delle Ripe e dei mulini, per pregare dinanzi la Madonna. Sulla parete della navata sinistra è esposta una tela di 2,20 metri per 2,80, dipinta nel 1943 dall’artista viennese Louis Monser che raffigura il Divino bambino sceso dalle ginocchia della Madonna che si intrattiene con Gerardo e gli dona un bianco panino simbolo del cibo eucaristico.
Ripercorrendo il lavoro di ricerca della storica locale Chiara Ponte, si evince anche una particolarità: «per abbellire il luogo di culto, furono trasportati dal popolo alcuni cimeli di epoca romana rinvenuti in siti archeologici nelle vicinanze; alcuni furono incastonati nelle Mura della Chiesa» ed ancora, prosegue «nella prima pagina delle Platea delle rendite della Mensa Vescovile di Muro compilata nel 1720 si legge “corre voce che questa città di Muro fosse divisa in più Casali dei quali il principale fu chiamato Capotignano, un miglio lontano da questa città: ivi vedesi un’antica chiesa edificata alla Normanna”, ed esiste una Pianta planimetrica del Santuario nella Platea delle rendite del Seminario Diocesano, compilata nel 1728, da cui si evince lo stile architettonico della chiesa; da questa Platea si palesa che il tempio e il casale un tempo appartenevano al Monastero dei Benedettini Bianchi di Pierno, fondato da San Guglielmo, Abate di Montevergine. Nel 1795 ad istanza del vescovo Manfredi, Papa Benedetto XIII aggregò la chiesa di Capodigiano, emancipata dopo il 1400 dalla Badia di Pierno, al Seminario diocesano. Dal 1846 al 1854 furono eseguiti notevoli restauri ad opera dell’Arcidiacono Don Camillo Scoyni. Nel 1919 il Santuario fu elevato a Parrocchia per l’interessamento del rettore, il canonico Angelo Galella il quale costruì la casa canonica, e nel decennio 1937-47 furono eseguiti altri importanti restauri ad opera del parroco Don Felice Dattero, tra cui la costruzione del campanile alto 17 metri». Più recentemente, avvicinandosi ai giorni nostri successivamente al terremoto dell’80, il campanile ricostruito molto più basso è stato dotato di un orologio e all’antica campana ne è stata aggiunta un’altra molto più grande del peso di 200 kg sulla quale è incisa un’immagine della Madonna di Capodigiano con l’iscrizione “parroco Felice Dattero, Antonietta Dattero, Donato Cardone offrirono alla Madonna di Capodigiano, anno 1938”. Sulla campana più grande del peso di 50 kg è stata incisa un’altra iscrizione “questo concerto di campane fu donato dal parroco don Felice dattero. L’anno del signore 1969, affinché con i suoi melodiosi concerti e le vaste sempre più le anime del creatore”. Immutato il sentimento di devozione e le celebrazioni liturgiche, mentre molto è cambiato nell’aspetto civile della festa, tant’è che riprendendo uno stralcio di “Muro Lucano, storia, arte e cultura” Ponte riporta a sua volta “in sito ameno e delizioso annose querce incoronano le alture che circondano il piano ove è la chiesa. All’ombra di quegli alberi maestosi dopo che si udì la messa e ritorno la processione, si imbandiscono mense sull’erba, ed allegramente si mangia ogni ben di Dio, facendo capo alla vivanda di rubrica che dicesi Falagone, ovvero una focaccia imbottita. Nel vespro si ritorna in chiesa, dopodiché si balla sui prati fino all’ora tarda…”.