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IL MANIFESTO DI CRONACHE DEL MEZZOGIORNO

Un Sud che vola alto senza vittimismo di Andrea Di Consoli

Quando nasce un nuovo gruppo editoriale è sempre una buona notizia. Soprattutto se questo gruppo nasce al Sud, che ha numeri impietosi per quanto riguarda la natalità imprenditoriale, i consumi culturali e gli indici di lettura.
Il Mezzogiorno d’Italia sta vivendo una stagione infelice, e non soltanto per ragioni economiche ed occupazionali, ma perché sembra essere entrato in un vortice di sfiducia, di vittimismo, di rinunciatarismo e di rabbiosa depressione. Gli atteggiamenti dominanti sembrerebbero essere il ripiegamento solitario, la ricerca di un angolo sicuro dove mettersi al riparo dalle tempeste della modernità, la critica permanente a ogni forma di dinamismo, il disimpegno ideologico e politico, il rancore verso nemici reali, ma soprattutto immaginari, che ogni giorno aumentano di numero. Com’è evidente, con questi atteggiamenti non si va da nessuna parte.
Ma perché il Sud sta vivendo questa stagione triste? Come ci si è arrivati? Le ragioni sono molteplici, e forse vale la pena elencarne alcune, non fosse altro per tentare quell’impietoso esame di coscienza di cui il Meridione ha urgente bisogno per provare a uscire dal cono d’ombra nel quale sembra essersi accucciato scomodamente da qualche anno.
La prima ragione ha a che fare con l’ulteriore radicalizzazione in atto dell’ideologia statalista, che ormai sembra essere l’unica ideologia dominante di larghi strati sociali e di quasi tutte le classi dirigenti meridionali. Quest’ideologia sostiene che ogni problema del cittadino deve essere risolto dallo Stato in tutte le sue declinazioni. Il pensiero liberale è pressoché scomparso, tanto che chi fa impresa viene guardato con sospetto e diffidenza, non senza ragioni, visto che al Sud una borghesia solida, rigorosa e culturalmente impegnata non è mai nata, e visto che non poche volte gli imprenditori del Sud hanno avuto e hanno atteggiamenti arroganti, pacchiani, di rapina ed eticamente discutibili. Questo statalismo diffidente verso il mondo dell’impresa ha determinato uno stallo, perché lo Stato non riesce più a dare risposte a tutti come un tempo, mentre l’impresa si trova continuamente ostacolata da condizioni ambientali e culturali sfavorevoli.
La perenne attesa di un “aiuto” statale impigrisce i cittadini, li spegne, li fa accontentare di piccole cose. Chi è che studia, viaggia, si confronta, ascolta, s’informa? Chi, per vivere o sopravvivere, deve darsi da fare, industriarsi, attrezzarsi. E chi, per crescere, sente di doversi aggiornare, imparare cose nuove, capire sempre meglio le dinamiche della realtà contemporanea. Se invece passa definitivamente quest’idea che il Sud è la terra dove ci si può o deve accontentare, e dove si può vivere anche di piccoli sussidi e redditi statali, allora per il Sud non c’è nessuna speranza. Perché andrà a spegnersi, e perché sempre di più sarà depauperato da ristagno, chiusura sorda ed emigrazione.
Noi crediamo in un Sud umile, laborioso e generoso che vuole osare, rischiare, migliorarsi, aprirsi, stare nelle opportunità della modernità, e che considera lo Stato un arbitro imparziale, e non un padre pietoso che passa la paghetta ai propri figli fiaccati da troppi anni di assistenzialismo zuccheroso e di vittimismo velenoso. E crediamo in un Sud che considera la cultura e il sapere non soltanto un momento di crescita civile, ma anche un’arma di riscatto, di emancipazione, di realizzazione, perché il sapere permette a tutti, anche ai figli dei più poveri, di trovare una strada, un percorso di vita orgoglioso e soddisfacente. E siamo per un Sud che si rimbocca le maniche, e che rischia, e che opera nella legalità ma senza i moralismi di chi sogna Stati etici, improbabili ritorni a un passato paradisiaco o climi giustizialisti che non fanno altro che avvelenare i pozzi della fiducia sociale. Per fare questo però dobbiamo guardarci allo specchio, e finalmente dirci le tante verità scomode che troppo spesso non abbiamo avuto il coraggio di dirci. Per esempio che di tutto ha bisogno, il Sud, tranne che di un giornale che assecondi la propria indole vittimistica, l’eterno piagnisteo, la paranoia di una mentalità per la quale si è sempre derubati di qualcosa. E di un’altra cosa, non ha bisogno il Sud: di una politica così invasiva e pervasiva, che tutto controlla, e che pare avere in mano il destino di milioni di italiani del Sud. Abbiamo bisogno di più società e di meno Stato, di più impresa e di meno assistenzialismo, di più cultura e di meno apatia, di più dinamismo e di meno vittimismo, di più entusiasmo e di meno rancore. Chi, al contrario, asseconda il vittimismo, è in malafede, e non fa altro che peggiorare le cose, perché fa passare il concetto che è sempre colpa di qualcun altro, magari del Nord, in tal modo deresponsabilizzandoci, e autoassolvendoci.
Noi vorremmo che questo giornale fosse un luogo vivo per raccontarci con sincerità, e per capire cosa abbiamo sbagliato in tutti questi anni. Il Sud ha molti problemi, dalla criminalità organizzata al clientelismo, dalla mancanza di lavoro all’illegalità diffusa, dal deficit infrastrutturale alla scarsa qualità dei servizi. Ma ha anche tante risorse, dalle bellezze naturalistiche a una straordinaria qualità di gran parte del suo capitale umano. Si tratta di capire se si vuole continuare a spegnersi e a crogiolarsi in questo statalismo paralizzante, oppure se si vuole provare a rischiare un risorgimento liberale anche grazie alla facilità d’accesso ai luoghi, ai saperi, ai mercati.
Questo gruppo editoriale vorrebbe essere la voce di un Sud che guarda al futuro con ottimismo, e che vorrebbe vedere premiati i talentuosi, i volenterosi, i tenaci, i coraggiosi, gli avventurosi, i sognatori, i costruttori, i faticatori. E tutti quelli che non si accontentano di una mancia di Stato, della consolazione identitaria o di una promessa di raccomandazione.
È un momento molto difficile, per il Sud. Ma proprio in questi momenti bisogna volare alto, osare, impegnarsi, uscire dal torpore, spingere più avanti che si può l’orizzonte degli obiettivi e delle ambizioni. Se il Sud fosse consapevole di quanto quotidianamente si mortifica, troverebbe immediatamente sacrilega questa crescente retrocessione emotiva, culturale ed economica nella quale sta implodendo per un “cupio dissolvi” insensato che è contemporaneamente un crimine e un peccato, soprattutto per le nuove generazioni.
Andrea Di Consoli

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