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POTENZA È TUTTO FUORCHÉ UNA CITTÀ D’ARTE

Lettere Lucane

Il Consiglio regionale della Basilicata ha approvato una legge che stabilisce che Potenza è – al pari di Matera, Venosa, Rivello, Acerenza, Melfi, Avigliano e Tricarico – città d’arte. La legge avrà effetti positivi soprattutto per il commercio, perché apporterà modifiche alle norme che lo regolamentano. E tutto ciò che favorisce il commercio va salutato con favore. Però confesso che un po’ mi ha fatto sorridere, questa legge. Perché Potenza è tutto fuorché una città d’arte. Non che nel capoluogo lucano non ci siano opere di un certo valore, ma da qui a considerarla città d’arte ce ne corre. Cosa accadrà però al turista che, arrivando a “Potenza città d’arte”, scoprirà che il punto forte di questa città non è esattamente l’importanza artistica?

Accadrà che rimarrà deluso, e che troverà un po’ “farlocca” la legge appena approvata. A differenza di tanti, a me Potenza piace. Perché penso che sia una città civile, ben organizzata, dove la qualità della vita è mediamente buona. È vero che è eccessivamente cementificata – nel 1982 Leonardo Sacco raccontò lo scacco edilizio della città di Emilio Colombo in un libro-inchiesta intitolato “Il cemento del potere” – ma davvero vivere a Potenza significa vivere in una città civile e sobria, a misura d’uomo.

A differenza degli attuali legislatori un po’ fantasiosi, però, io penso che i punti di forza di Potenza siano altri: dalla qualità dei suoi professionisti e imprenditori al commercio, dall’innovazione tecnologica all’enogastronomia. Ho cioè sempre visto Potenza come la città lucana più aperta all’innovazione e alla modernizzazione, in questo aiutata dall’essere una città – a differenza di Matera – con un passato non eccessivamente ingombrante. E dunque averla promossa a città d’arte mi ha lasciato un po’ perplesso, sinceramente.

diconsoli@lecronache.info

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