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Caso Di Matteo: intervista a Sebastiano Ardita

«Di Matteo aveva solo l’intento di fare chiarezza. È intervenuto ora perché ora la questione ha assunto attualità: è stato chiamato in causa e ha detto cosa era successo»

Caso Di Matteo, il Corriere della Sera intervista Sebastiano Ardita collega e membro anch’egli del CSM.

 

Sebastiano Ardita, eletto al Csm nello stesso gruppo di Nino Di Matteo, che pensa dello scontro tra il suo collega e Bonafede?
«Più che uno scontro vedo una diversa ricostruzione dei fatti»

Non è strano rivangare una storia di due anni fa?
«Di Matteo aveva solo l’intento di fare chiarezza. È intervenuto ora perché ora la questione ha assunto attualità: è stato chiamato in causa e ha detto cosa era successo»

C’è chi dice che è stata intaccata l’onorabilità del CSM
«Credo che l’onorabilità del Csm dipenda principalmente dalla correttezza del suo funzionamento, specialmente dopo lo scandalo dello scorso maggio. E Di Matteo con onestà e umanità tiene altissima la credibilità del consiglio, dando voce a chi non ne ha contro le logiche correntizie»
Che pensa della protesta dei “laici” Cinque stelle?
«Non credo sia stata una buona idea, senza anticipare la critica a un collega incontrato 10 minuti prima. Non ne condivido il contenuto né lo spirito, e non ne capisco le finalità. Ma sarà un problema nostro, che siamo siciliani…»
Qualcuno crede che Di Matteo abbia consumato una vendetta postuma
«Significa non conoscerlo. Lui non agisce per calcolo e di fronte ad una causa che ritiene giusta non arretra di un passo. Penso non sia necessario ricordare la sua vita.»
Il ministro non ha diritto di scegliere il capo del Dap senza dover dare conto delle sue decisioni?
«Certo. E ciò comporta una responsabilità della scelta se qualcosa non va bene. Sebbene questo non sia mai accaduto nel passato; è successo ora per la prima volta»
Pensa che nel 2018 ci furono condizionamenti per bloccare Di Matteo al Dap?
«Non credo a condizionamenti mafiosi, ma ciò non toglie che fu una scelta che da addetto ai lavori non ho capito. Comunque per quello che ne so la scelta del capo del Dap non dipende mai solo dal Guardasigilli»
Da ex pm antimafia e da ex dirigente del Dap, che cosa pensa della gestione di quell’ufficio negli ultimi anni?
«Stiamo assistendo alla Caporetto del sistema penitenziario e della prevenzione penale, che ha prodotto come effetto domino le rivolte, con la morte di 14 persone affidate alla cura dello Stato e poi l’uscita dal carcere di 376 mafiosi. Ma sarebbe sbagliato addossare la colpa solo a questo governo che ha assistito alla rottura del sistema. Da anni aggressioni e reati in carcere sono cresciuti senza che nessuno ascoltasse il grido di dolore degli operatori per un regime sbagliato che nuoce alla sicurezza e impedisce la civiltà della pena»
Fonte: Il Corriere della Sera
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