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GIUSTIZIA MALATA, IL TERMOMETRO DELLA SITUAZIONE CON LAPENNA

L’intervista. Il presidente della Camera penale di Basilicata a 360° su Basentini, il ministro Bonafede, correnti nella Magistratura e altro ancora

La magistratura italiana sta attraversando, alla luce delle plurime e ultime vicende nazionali, un non positivo stato di salute. Di recente, inoltre, sempre più spesso, per via della carica ricoperta fino alle dimissioni, capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, nel solco conoscitivo della figura del magistrato lucano Francesco Basentini, si sono accesi i riflettori su quel che accade, ma soprattutto su quel che è accaduto, a Potenza e su vicissitudini varie che hanno interessato la Procura del capoluogo. Per questi e altri motivi, Cronache Lucane, ha inteso raccogliere le valutazioni analitiche del presidente della Camera penale distrettuale di Basilicata, Sergio Lapenna.

La Giustizia è in astratto un insieme di valori e principi e in concreto un sistema che necessita una rigorosa organizzazione. Cosa sta accadendo al sistema giudiziario italiano?

«L’attuale sistema giudiziario italiano è pieno di norme che ormai vanno contro le regole del giusto processo. È bene precisare che in Italia alla fine degli anni ‘90 è stata introdotta una norma all’articolo 111 della Costituzione che ha stabilito regole chiare per la celebrazione del processo. Ormai da troppi anni norme che sono figlie di un rigurgito giustizialista non consentono più, di fatto, lo svolgimento dei processi in maniera costituzionalmente corretta. Una per tutte: la possibilità di svolgere il processo con le forme da remoto. Evidentemente ciò è contro l’attuazione del principio dell’oralità che è un principio fondamentale nell’ambito del processo penale. Inoltre la normativa cosiddetta “Spazzacorrotti” sbandierata dai 5stelle porta i cittadini ad essere sotto processo per tutta la vita. Infatti l’eliminazione della prescrizione dopo il giudizio di primo grado relega il cittadino ad essere imputato per sempre. Questa è una norma incivile, non degna di un paese democratico. La colpa, per la verità, non è solo del Movimento 5stelle, ma anche delle altre forze politiche che nulla fanno, nei fatti, per modificare questa normativa»

La stampa racconta le vicende di una Giustizia malata, ma  provando a invertire la prospettiva, tra i pazienti della Giustizia italiana, si può annoverare anche la relativa parte del mondo dell’informazione?

«Da anni, chi frequenta i Palazzi di Giustizia, sa che ci sono dei rapporti privilegiati tra alcuni magistrati e alcuni giornalisti. Rapporti che hanno relegato il giornalista spesso a non svolgere più il ruolo di cronista giudiziario, ruolo complicato e di alto profilo democratico, ma di limitarsi a fare un copia incolla con le veline passate dagli uffici dell’accusa. È chiaro che riportando alla pubblica opinione solo la versione dell’accusa, per anni sono stati costruiti dei mostri quando spesso poi cittadini sono stati assolti senza che neanche ci sia stato alcun risarcimento per gli stessi. Famiglie distrutte, cittadini distrutti. Non è questa la Giustizia che vogliamo. Addirittura dalle ultime cronache giudiziarie apprendere che noti giornalisti di grandi quotidiani nazionali, Repubblica e Corriere della Sera, parlavano abitualmente con chi concorreva a decidere le nomine dei dirigenti degli uffici requirenti, è uno scandalo a cui non si può più assistere e dinanzi al quale non si può più far finta di nulla».

Nell’alveo di queste valutazioni, quale soluzione potrebbe disinnescare il meccanismo?

«È necessaria una riforma immediata non solo del Consiglio superiore della magistratura (Csm), ma anche del rapporto tra magistratura e giornalisti. Io sono personalmente dell’idea  di far sì che una volta depositati i provvedimenti, si dia libero accesso ai giornalisti in modo tale da non permettere distinzioni tra giornalisti di serie A e giornalisti di serie B per le Procure della Repubblica. Insomma non c’è bisogno, per dirla in termini calcistici, dei play-off per vedere chi butta prima in pasto ai cittadini la notizia del malcapitato di turno. Non può esistere una classifica dei giornalisti a cui trasmettere le notizie. Ripeto nessuna colpa hanno i giornalisti perché fanno il loro mestiere. Certo è però che incidere addirittura su organi costituzionali quale il Csm che decide le nomine dei procuratori non è, a mio parere, cosa corretta a mio parere»

Presidente della Camera penale distrettuale di Basilicata, Potenza, la locale Procura e non solo, sono di recente alla ribalta nazionale per presunti intrecci ambigui che riguardano il magistrato lucano Basentini, ma anche altri attori d’appartenenza ad altri ambienti…

«Chi mi conosce sa che per molto tempo sono stato antagonista tecnico del dottor Basentini nelle aule di Giustizia di Potenza. Quindi per me sarebbe gioco facile sfruttare, per così dire, questa occasione per linciare mediaticamente una persona. Ma anche qui mi rifaccio agli insegnamenti di Calamandrei e di De Marsico secondo cui il cittadino prima di essere colpevolizzato deve essere giudicato da un giudice terzo. Quindi non farò parte di chi vuole utilizzare la gogna mediatica per criticare chi gli è stato antagonista anche in vicende particolari che ben potrebbero autorizzarmi a cavalcare questo momento. Ma come uomo prima di tutto e come presidente della Camera penale distrettuale di Basilicata, ritengo che Basentini sia  “innocente”. Infatti si può discutere dell’organizzazione del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, ufficio non facile e che, ovviamente non avendo tutti gli elementi di conoscenza,  non posso giudicare, ma che si possa far ricadere eventuali colpe sul dottor Basentini non è corretto»

Alcuni responsabili, per usare un termine differente, ma nel caso di specie equivalente a colpevole, devono pur esserci…

«Infatti, se c’è un colpevole che ha difettato di superficialità, disomogeneità e disorganizzazione è il ministro della Giustizia: l’unico che dovrebbe dimettersi. Il ministro Bonafede, glie lo ha anche ricordato la senatrice Emma Bonino in Parlamento, alcuni anni fa disse che anche il sospettato avrebbe dovuto dimettersi. Oggi lui si comporta in maniera diversa. Questa non è correttezza istituzionale»

Ciclicamente torna all’attenzione il tema delle correnti nella magistratura. Da presidente della Camera penale distrettuale di Basilicata, nonchè da avvocato, qual è il suo punto di vista?

«È necessario che magistrati, avvocati e forze politiche, facciano uno sforzo per portare la Giustizia nelle aule, senza utilizzare il sistema di copia incolla per distruggere l’oppositore di turno. Riteniamo che anche la magistratura debba fare una seria riflessione sulla propria organizzazione sindacale. L’iscrizione ad una corrente dell’Associazione nazionale magistrati, è ormai vista come passepartout per fare carriera. La carriera si dovrebbe fare solo con il merito e non con altri strumenti. Che poi spesso il merito possa corrispondere anche a chi è iscritto ad una corrente di Anm è altra cosa. La Giustizia deve tornare ad essere amministrata in nome del popolo italiano soprattutto seguendo le vie e i principi guida dell’articolo 111 della Costituzione».

Ferdinando Moliterni

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