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LOTTA ALLA MAFIA: CICALA ALZA BANDIERA BIANCA

Nell’anniversario della morte di Falcone, non capiscono che il flash mob era stendere un lenzuolo. Le associazioni militari lo avevano avvisato, ma lui è “Re” e se ne fotte: Istituzione mortificata

Confidiamolo pure ai nostri lettori, in un atto di dovuta sincerità. Non avremmo voluto occuparci un’altra volta del presidente del Consiglio regionale della Basilicata, Carmine Cicala, ma la sua insistenza patologica di protagonismo non fa che collezionare gaffe di ogni tipo, tanto da farne un particolare primato che magari sarà annoverato nelle linee genealogiche della politica regionale. C’è da dire che il presidente Cicala dall’alto del suo curriculum, nobilitato dall’elettrotecnica e dalle acquisizioni delle materie del diritto internazionale e costituzionale, non avrà con ogni probabilità nemmeno approfondito gli studi sulla criminologia e sulla legalità, che pure avrebbe dovuto provvedere a fare con solerte velocità dopo la sua nomina a Coordinatore delle commissioni e osservatori sul contrasto della criminalità organizzata e la promozione della legalità. Eppure e ben al di là dei libri sarebbe bastato almeno mutuare il refrain preferito di Matteo Salvini, suo leader di partito: «vogliamo regole, buon senso, legalità». Naturalmente l’applicazione del refrain del Salvini pensiero ha delle sorprendenti declinazioni viggianesi su cui è utile muovere pure qualche obiezione, almeno per inquadrare l’efficacia di governo della compagine lucana in salsa leghista e contro cui si stanno scagliando ironie quotidiane. Sulle regole abbiamo di recente scoperto la passione del presidente Cicala per l’archeologia istituzionale che in vigenza di uno Statuto Regionale del 2016 fa operare i lavori dell’assemblea che presiede con un regolamento interno di ben 21 anni fa. Dunque, regole si, ma convenientemente non aggiornate. Sarebbe poi troppo facile anche rimettere in fila l’elenco delle illogicità e delle contraddizioni che hanno falcidiato il buon senso. In ordine temporale e per obbligata brevità citiamo solo l’ultima. Non sappiamo se a Cicala nei suoi studi costituzionali saranno sfuggite le competenze e le prerogative riguardanti il presidente del consiglio regionale, ma non dovrebbe essere accaduto quantomeno con la lettura del comma 4 dell’art. 27 della carta fondamentale della Regione in cui è testualmente scritto che «Il Presidente garantisce, con imparzialità, il corretto svolgimento dei lavori consiliari». Dunque la domanda di merito è la seguente: cosa c’entra la comunicazione, per giunta autoiscritta dallo stesso Cicala, nella seduta consiliare del 26 maggio, del Presidente del Consiglio regionale sulla situazione emergenziale in cui versa la comunità lucana per effetto della pandemia in corso da Covid-19? Eppure ci dovrebbe essere pure qualcuno di buona volontà e di studi qualificati a spiegare che nell’ambito della sua funzione è statuita la rappresentanza dei consiglieri non già quella d’indirizzo e di azione istituzionale sulla Basilicata che spetta di diritto al governatore della Regione, Vito Bardi e per assegnata titolarità all’assessore al ramo, nel caso di specie all’assessore alla sanità Rocco Leone. In ultimo la sciabolata alla legalità. In commemorazione operosa della strage di Capaci Maria Falcone, sorella del magistrato ucciso per mano della mafia, ha proposto alle istituzioni in tempi di distanziamento sociale e per l’impossibilità di eventi pubblici, di esporre un lenzuolo per la legalità. Anche qui, con la solita approssimazione istituzionale Cicala ammaina la bandiera della Regione Basilicata al cui posto innalza una bandiera bianca. Un simbolo di resa incondizionata intollerabile, inspiegabile, incredibile. Eppure da ogni angolo d’Italia e della Basilicata, da quella municipale alle sedi del consigli regionali ha campeggiato con orgoglio e fierezza all’ingresso dei palazzi il lenzuolo, altro che la bandiera bianca del Consiglio regionale a trazione Cicala. D’altronde, nell’immediato e durante la stessa giornata della “bandiera bianca”, le associazioni militari hanno segnalato, per evitare che si protraesse l’abuso, l’errore al presidente Cicala, ma incomprensibilmente, anche se ovvio dal punto di vista del “Re”, la segnalazione è rimasta lettera morta. Proprio in tema di mafia, tra l’altro, giusto per aggiungere una ulteriore riflessione di non secondaria rilevanza, non può sfuggire al Cicala presidente del Coordinamento della Commissione e degli Osservatori regionali sul contrasto della criminalità organizzata e la promozione della legalità, che dall’anche il solo sguardo, come da sentenze penali, può essere indice di mafiosità, alla lunga serie di linguaggi criptici e messaggi pubblici, ma subliminali, di cui la malavita si serve, dire qualcosa per affermare altro, l’aver issato bandiera bianca, al posto del drappo per i martiri dello Stato, anche se non volutamente, può costituire un gravissimo e imperdonabile equivoco: dalla lotta alla resa. Altro che «Promozione della Legalità». Un ultimo inciso valga anche per il difensore d’ufficio del Presidente Cicala, il capogruppo della lega lucana, Tommaso Coviello,scopritore inapprezzato di parole che non ci sono mai negli articoli del nostro giornale. Memorizzi il refrain di Salvini e possibilmente anche quello della deontologica comunicativa e politica: prima leggere attentamente e poi eventualmente contestare

 

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