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OMICIDIO DI MARIASESTINA ARCURI, CRIMINOLOGA URSULA FRANCO: ANALISI DELLA TELEFONATA DI ANDREA LANDOLFI AL 118

Può, quindi, ripetersi (…) pericolo di recidiva, in ragione delle violente modalità di commissione del reato (omicidio volontario aggravato, ndr) e della personalità di Landolfi (…) violenta, instabile (…) sussistono gravi indizi di colpevolezza a carico di Landolfi che impongono la misura del carcere

Maria Sestina Arcuri, 26 anni, è morta all’ospedale Belcolle di Viterbo per le conseguenze di un’emorragia cerebrale, il 6 febbraio 2019. Maria Sestina era stata ricoverata intorno alle 7.00 del 4 febbraio 2019. La Arcuri aveva passato la serata del 3 febbraio in un pub di Ronciglione in compagnia di un ragazzo che conosceva da soli tre mesi, Andrea Landolfi, 30 anni, e del di lui figlio, un bambino di 5 anni, poi i tre si erano recati a casa della nonna del Landolfi, Mirella Iezzi, per passarvi la notte.
Andrea Landolfi è a processo per omicidio volontario. L’analisi della telefonata di soccorso è di un anno fa.

Andrea Landolfi e Maria Sestina Arcuri

Andrea Landolfi ha chiamato il 118 alle 5.53 del 4 febbraio.

PREMESSA

Grazie alla casistica in tema di telefonate di soccorso sappiamo cosa aspettarci da chi chiama, per questo motivo il materiale d’analisi vero e proprio è ciò che risulta “inaspettato”

Expected versus Unexpected

Expected: ci aspettiamo che il chiamante sia alterato, insistente e che soprattutto chieda aiuto per la vittima. Ci aspettiamo anche che imprechi e dica parolacce, che non attenda la fine della domanda dell’operatore per esplicitare una richiesta d’aiuto.

Unexpected: non ci aspettiamo che il chiamante si perda in superflui convenevoli o che chieda aiuto per sé o che senta il bisogno di collocarsi dalla parte di coloro che vogliono il bene per il soggetto per il quale chiama.

Com’è noto, le “auto censure” indicano che chi parla nasconde informazioni, lunghi tempi di latenza prima di rispondere e pause indicano invece che un soggetto ha bisogno di pensare prima di parlare, generalmente, per non dare risposte incriminanti.

Operatore: 118

Andrea Landolfi: Sì. Salve. Io so’ qua a Ronciglione…

Si noti che il Landolfi non esordisce con una richiesta d’aiuto ma con un “Sì” e un “Salve”, due parole inaspettate in una chiamata di soccorso.

“Sì” è una pausa per pensare.

“Salve” rientra tra i convenevoli che, generalmente, servono ad ingraziarsi l’interlocutore (Ingratiation Factor).

“Io so’ qua a Ronciglione” non è ancora una richiesta d’aiuto.

Operatore: Sì?

Andrea Landolfi: So’ a via Papirio Serangeli. La mia compagna è cascata qua dalle scale, stavamo ‘a le scale a chiocciola, ha perso i sensi, non… non so più che dire, nel senso… ha rigettato…

Ci saremmo aspettati che il Landolfi dicesse: “La mia compagna è cascata dalle scale, ha bisogno d’aiuto”.

La descrizione dei fatti è troppo lunga e manca una richiesta d’aiuto.

Il fatto che il Landolfi senta il bisogno di aggiungere l‘avverbio di luogo “qua” e “stavamo ‘a le scala a chiocciola” apre alla possibilità che la caduta sia avvenuta altrove. Peraltro, nella casa della Iezzi una scala a chiocciola non c’è.

Si noti che il Landolfi riferisce che è la sola Sestina ad essere caduta. 

Operatore: La via?

Andrea Landolfi: È?

Operatore: La via?

Andrea Landolfi: Via Papirio Serangeli, ho provato a portarla ma non…

Si noti che il Landolfi non ha ancora chiesto aiuto per Maria Sestina.

Operatore: Numero civico?

Andrea Landolfi: Eh, non c’è un numero civico.

Operatore: La portiamo noi.

Operatore: E come vi troviamo allora?

Andrea Landolfi: È via Papirio Serangeli, non c’è un numero civico qua.

Operatore: È senza numero civico?

Andrea Landolfi: È senza numero civico, vengo incontro a voi però.

Operatore: È vicino a qualcosa?

Andrea Landolfi: Che ci sta vicino? Non so come dirglielo perché io c’ho casa qua ma io sto a Roma. Noi stiamo qua a casa per riposasse ogni tanto veniamo qua per… per… per riposasse.

Operatore: Eh, lo so, ho capito però io dove la mando l’ambulanza? La mando in questa via però poi ci saranno altre case?

Andrea Landolfi: Eh, dovrebbe entr… è un… è una cosa interna.

Operatore: Eh.

Andrea Landolfi: È un…

Operatore: Allora, aspetta un attimino.

Andrea Landolfi:E’ l’unica via… è l’unica via Pap… è l’unica via che esiste di Via Papirio Serangeli, a Ronciglione e sta davanti ai monaci. Davanti all… davanti al coso.

Operatore: Al convento.

Andrea Landolfi: Esatto. Eee… è un canc… è un cancello che poi si scende giù, è stretto, si scende giù…

Operatore: Beh, sinceramente glieli passo quando stanno lì in zona. Il cognome qual è?

Andrea Landolfi: Eh, Landolfi. Il mio è Landolfi.

Operatore: Senti quanti anni ha la tua ragazza?

Andrea Landolfi: 26.

Operatore: Adesso si è ripresa?

Andrea Landolfi: No, ripresa, nel senso che non… parla, ma dice cose così, nonnn… non lo so, è cascata io pe’ attutirla… ho sbattuto il bacino, sto con mio figlio, ma io ho sbattuto sulla testa, dietro, vicino al camino… lei haaa… perso il sangue dal naso e da’ orecchie, io so’ preoccupato, perché qua… qua non me risponde lei. Io che debbo fa’?

Si noti “è cascata”, ancora al singolare, non “siamo cascati”.

Il Landolfi si dice preoccupato, ma non ha ancora chiesto aiuto per Mariasestina. Perde tempo, invece, a parlare di sé e a spiegare la dinamica dei fatti. 

“è cascata… io per attutirla ho sbattuto il bacino, sto con mio figlio, ma io ho sbattuto sulla testa, dietro, vicino al camino” sono tutte affermazioni superflue.

Il Landolfi riferisce di essere con il figlio per ingraziarsi l’operatore.

È la seconda volta che il Landolfi ripete che Maria Sestina “è cascata”, evidentemente vuole essere certo che l’operatore immagazzini l’informazione.

Operatore: Niente. Adesso ti mando…

Andrea Landolfi: Aiutatemi, ve prego, perché…

“io che debbo fa’?” non equivale a “Cosa posso fare per aiutare la mia compagna?”.

“Aiutatemi” è una richiesta d’aiuto per sé.

“ve prego” rivela un bisogno, quello di collocarsi dalla parte dei “buoni” e di ingraziarsi l’operatore. In Statement Analysis questi due fenomeni sono denominati “Good Guy/Bad Guy Principle” e “Ingratiation Factor”.

Operatore: Sì, sì, sì, un attimo adesso io ti mando l’ambulanza. 

Andrea Landolfi: Eh. Facciamo qualcosa però, ve prego,non lo so, non me risponde, me dice i numeri…

Con le parole superflue “Facciamo qualcosa però, ve prego” il Landolfi, ancora una volta, sente il bisogno di collocarsi dalla parte dei “buoni”, ovvero di coloro che vogliono il bene per il soggetto per il quale chiama (Good Guy/Bad Guy Principle).

Operatore: Più di questo non possiamo fare. Ascolta un attimo, calmati.

Andrea Landolfi: Me dice i numeri, me dice… me dice i numeri, me dice.

Operatore: Allora, è caduta, da che altezza è caduta?

Andrea Landolfi: Eh, da… ‘a scala a chiocciola.

“Eh” è ancora una pausa per pensare.
A questo punto ci aspettiamo che
, dopo averci pensato, il Landolfi fornisca un dato numerico e invece non risponde alla domanda, ma cita la “scala a chiocciola”, fornendo un’informazione non richiesta e apparentemente inutile ma evidentemente per lui importante.

Le parole del Landolfi ci inducono a chiederci il perché senta il desiderio di assicurarsi che l’operatore abbia capito che sta parlando di una fantomatica “scala a chiocciola”. Una domanda che ci eravamo già posti quando il Landolfi aveva inserito nel racconto iniziale termini inutili quali “qua” e “scala a chiocciola”

Operatore: La scala a chiocciola, l’ha fatta tutta?

Si noti che l’operatore non dice “dalla scala a chiocciola” perché il Landolfi non gli ha detto “dalla scala a chiocciola” ma “da… ‘a scala a chiocciola”

Andrea Landolfi: Tutta l’abbiamo fatta, perché s’è sbilanciata, stavamo parlando, io stavo sulle punte qua, allora, stavamo giocando, scherzando, e io me so’ sbilanciato, lei s’è retta su di me, io pe’ attutirla… però, purtroppo, lei la… la botta l’ha presa e io la botta l’ho presa più forte, però non lo so, evidentemente, lei ha preso… evidentemente… non so se l’ha presa dietro la schiena o vicino all’orecchio, però poi da là m’ha… l’ho portata a ca… su, ha rigettato quello che ha mangiato.

“Tutta l’abbiamo fatta” è il frutto di una contaminazione, è stato infatti l’operatore a introdurre certi termini attraverso la domanda “l’ha fatta tutta?”

Il Landolfi, invece di rispondere con un “Sì”, si esibisce in una lunga tirata oratoria durante la quale si lascia scappare un “da là m’ha… l’ho portata a ca…”

Quando il Landolfi ha detto “da là m’ha… l’ho portata a ca…”, si è autocensurato due volte e ha poi aggiustato il tiro aggiungendo un generico “su”

Che cosa stava per dire Andrea Landolfi? Stava forse per dire “l’ho portata a casa”?

Per quanto riguarda il termine ”su”, come già detto, è generico, e può riferirsi alla salita di entrambe le scale, ma appare improbabile che, subito dopo la caduta, il Landolfi abbia portato Mariasestina in camera. In merito la nonna del Landolfi ha riferito a Silvana Cortignani di Tusciaweb che, dopo aver aiutato la ragazza a rialzarsi, lei e Andrea la misero “seduta su una poltroncina che sta lì” (in sala, non nella camera al piano di sopra).
È pertanto logico inferire che con “su” il Landolfi intenda “su” in casa, non “su” in camera e che quindi Mariasestina sia caduta dalle scale esterne dell’appartamento.

Operatore: Quindi ha anche vomitato dopo che è caduta?

Andrea Landolfi: Ha rigettato quello che ha mangiato, tutto. 

Operatore: Sì.

Andrea Landolfi: Però non ha rigettato sangue, ha rigettato solo quello che ha mangiato. 

Si noti “Però non ha rigettato sangue”. Ogni affermazione al negativo è doppiamente importante per chi analizza perché chi racconta fatti accaduti non ha ragione di riferire spontaneamente ciò che non è successo.
È il Landolfi ad introdurre il termine “sangue”.

Operatore: Alimenti. Okay.

Andrea Landolfi: Okay. L’ho curata, tutto quanto, gli ho… ci ho pensato tutto quanto, gli ho dato il biochetasi, glielo fa… gli ho dato l’acqua fredda e tutto quanto, niente, me continua a di’… non me… non me, me dice i numeri, me dice cose, non lo so, me dice i numeri.

Il Landolfi, che non ha ancora richiesto aiuto per Maria Sestina, perde tempo a descriversi come un “Good Guy”(Good Guy/Bad Guy Factor). Cui prodest? Non certo a Mariasestina.

Operatore: Va bene, guardi, facciamo così, lasci libero questo numero di telefono, io adesso faccio partire l’ambulanza 

Andrea Landolfi: Eh, ma fatemi sape’, perché io mmm…

Eh, ma fatemi sape’, perché io so… cioè…” sono tutte parole superflue che rivelano un bisogno, quello di collocarsi dalla parte dei “buoni” (Good Guy/Bad Guy Factor).

Operatore: Eh, oh. Io faccio partire l’ambulanza e ti richiamo, lascia libero il numero. Chiaro?

Andrea Landolfi: Chiamateme, ve prego, perché io non lo so… so’ preoccupato, io qua, non so che fa’. Mannaggia.

“chiamate però, ve prego, perché io non lo so… so’ preoccupato sono ancora tutte parole superflue che rivelano un bisogno, quello di collocarsi dalla parte dei “buoni” (Good Guy/Bad Guy Factor).

Operatore: Tranquillo, mandiamo qualcuno dai.

Andrea Landolfi: Aiutateme, ve prego.

“Aiutateme” è una richiesta d’aiuto per sé.

“ve prego” rivela un bisogno, quello di collocarsi dalla parte dei “buoni” e di ingraziarsi l’operatore.

Operatore: Mandiamo qualcuno, dai.

Andrea Landolfi: Eh, grazie

Si noti l’inaspettato “grazie”, che chiude la telefonata e che serve al Landolfi per continuare ad ingraziarsi l’operatore.

CONCLUSIONI

Deception Indicated

Il Landolfi non ha mai chiesto aiuto per Mariasestina, ha invece chiesto aiuto per sé per due volte perché evidentemente sapeva di aver bisogno d’aiuto.

Maria Sestina è caduta dalle scale esterne dell’appartamento, le sue lesioni (ferita dall’occipite fino alla sommità del capo causata dall’impatto con una superficie piatta e lesione estesa sulla schiena) sono compatibili con l’impatto del suo corpo con il suolo o con il pianerottolo che si trova tra le due rampe delle scale esterne con il corrimano in ferro, corrimano contro il quale il Landolfi scaraventò sua nonna procurandole la frattura di 3 coste. 

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P. S. Stralci dell’Ordinanza del tribunale del Riesame di Roma: “la tesi del GIP è inconsistente (…) ha fornito un’interpretazione sempre e comunque orientata a favore dell’indagato, anche a fronte di oggettivi elementi indiziari di segno contrario (…) conclusioni, alle quali perviene il GIP, assolutamente arbitrarie ed errate (…) non tiene in alcun conto, in modo incomprensibile, di quanto affermato dal perito (…) non aver compreso l’argomentazione contenuta nella consulenza dei medici legali (…) Le conclusioni della consulenza sono chiarissime: viene affermato esattamente il contrario di quanto sostenuto dal GIP. Non caduta/rotolamento ma caduta/precipitazione.
Maria Sestina Arcuri non è rotolata sulle scale, come falsamente affermato dall’indagato e dalla nonna Mirella Iezzi, ma è precipitata dall’alto della seconda rampa di scale, superando il muretto di protezione, impattando violentemente e riportando le lesioni che l’hanno portata alla morte (…) Landolfi ha certamente ed evidentemente mentito, soprattuto con riferimento alla dinamica della caduta: la ricostruzione degli eventi dell’indagato è falsa (…) la nonna dell’indagato: Mirella Iezzi, le cui dichiarazioni sono certamente mendaci e frutto dell’ostinata volontà di difesa del nipote a dispetto di qualsiasi evenienza anche oggettiva (…)  “certo, quando l’ha buttata giù” (…) non può lasciar adito a dubbi circa il fatto che la nonna conoscesse perfettamente la reale dinamica dei fatti (…) “Zitta, stai zitta ti ho detto. Stronza, piantala” (…) le parole percepite dai testimoni si riferivano al momento successivo alla caduta ed è significativo evidenziare come l’indagato, invece di preoccuparsi delle condizioni di salute della vittima che aveva appena lanciato, la insultasse e la esortasse a rimanere in silenzio.
Probabilmente preoccupato di possibili interventi dall’esterno in aiuto della donna (… ) 
l’indagato ha problemi con l’alcol e ha una personalità instabile, oggetto di plurimi accertamenti da parte del dipartimento di salute mentale della Asl di Roma (…)

I problemi che Landolfi ha con l’alcool, al cui abuso reagisce divenendo aggressivo e violento, convincono della sua pericolosità sociale, la cui personalità non offre alcuna affidabilità (…)

La violenza e l’aggressività di Landolfi, specie in presenza di abuso d’alcool, è stata confermata dalla madre del piccolo figlio, la quale ha riferito come fosse stata vittima della violenza del compagno tanto da arrivare a denunciarlo per maltrattamenti (…) Il 23 giugno 2008 è stata la nonna, sempre presente in tutte le circostanze per aiutare e difendere a ogni costo il nipote, che ha chiesto ai sanitari di occuparsi di Andrea il quale, sottoposto a visita, ha riferito di essere molto nervoso, di rompere gli oggetti e di essere violento con le persone. In particolare, ha riferito di aver avuto un “gesto di violenza” con la ragazza dell’epoca che aveva tirato per i capelli durante un litigio che aveva come causa scatenante l’aborto spontaneo della giovane. Lo stesso sanitario dà atto delle ripetute visite della nonna, che riferiva in ordine alla difficoltà della situazione di Andrea che “è a volte violento”

Nella cartella clinica, in alcune occasioni, si definisce lo stato di Landolfi come “ubriaco e strafatto” (…) Dopo la morte di Maria Sestina, Iezzi e la madre di Landolfi, Roberta, hanno manifestato apertamente il timore di una reazione violenta del giovane nei loro confronti, evitando di convivere con lui (…) emerge chiaramente che perfino la nonna e la madre dell’indagato dichiarano di aver paura dell’indagato che potrebbe, l’espressione è della prima, “buttarla di sotto”(…)

Tali sentimenti di timore dei parenti dell’indagato sono la più evidente delle dimostrazioni della pericolosità di Landolfi (…) I problemi che Landolfi ha con l’alcool, al cui abuso reagisce divenendo aggressivo e violento, erano a tutti ben noti.

La nonna dell’indagato è da sempre pronta a difendere e aiutare il nipote, pur nutrendo timori per i suoi comportamenti aggressivi e a volte incontrollabili.
Ma tale atteggiamento del gruppo familiare, comprensibile umanamente, fornisce all’indagato un supporto incondizionato e rafforza nello stesso il sentimento di impunità e forse non è stato d’aiuto a Landolfi, il quale ha continuato a vivere sopra le righe mettendo in pericolo le persone che venivano a contatto con lui ed è stato uno degli antecedenti necessari per la tragica conclusione della vicenda (…) pronta ad aiutare il nipote proteggendolo a dispetto di qualsiasi evidenza, disposta a mentire a chiunque per questo (…) mentito sull’orario di rientro a casa della coppia Landolfi/Arcuri. Ha mentito sulle ragioni che l’hanno spinta ad abbandonare la propria casa e sull’orario nel quale è uscita.
Ha mentito sulla reale causa delle lesioni al costato (frattura di tre costole) che, come riferito dalla figlia Roberta, madre dell’indagato, e come risulta dalle intercettazioni ambientali, le sono state procurate da un pugno alle costole sferratole dal nipote.
Ha certamente mentito allorché ha dichiarato che la vittima si era procurata le lesioni cadendo dalle scale insieme al nipote e ha certamente mentito anche sul clima sereno esistente tra il nipote e Arcuri, arrivando perfino a riferire, in maniera assolutamente inverosimile, per accreditare la propria versione falsa, di aver sentito Landolfi avvertire: “Attenta Maria Sestina, che cadi dalle scale e mi fai cadere” (…) L’episodio drammatico non è stato causato da un’improvvisa e imprevedibile manifestazione di violenza di Landolfi. Aveva già in più occasioni minacciato (ad esempio il nonno con il coltello) o usato violenza sulle donne (la prima fidanzata – tirata per i capelli durante un litigio perché aveva avuto un aborto spontaneo, ndr – e la madre del figlio) o su altri (risulterebbe aver preso a pugni uno zio).
Può, quindi, ripetersi (…) pericolo di recidiva, in ragione delle violente modalità di commissione del reato (omicidio volontario aggravato, ndr) e della personalità di Landolfi (…) violenta, instabile (…) sussistono gravi indizi di colpevolezza a carico di Landolfi che impongono la misura del carcere.

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