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MATONE: «LA “FORTUNA” DEI MEDICI DI BASE»

Il medico e chirurgo bellese scrive delle difficoltà incontrate in questi mesi di emergenza, «dimenticati da uno Stato patrigno»


«Abbiamo avuto “fortuna”! Di chi parlo? Degli ultimi, dei medici di famiglia» inizia così il medico di Bella Pasquale Matone, specialista in Chirurgia vascolare, perfezionato in Ultrasonologia Vascolare e dottore di medicina generale, che nel corso della Fase1 e 2 di questa epidemia da Covid19 ha fatto sentire più volte la sua voce, con Cronache anche in merito all’Ospedale di Muro Lucano.

Questa volta però il medico evidenzia un’altra questione, quella dei medici di base: «Quelli che non vengono chiamati quasi mai in televisione, dove si alternano colleghi titolati, specialisti o appartenenti ad una delle miriadi di task force create all’uopo da chi decide. Questi che un giorno via l’altro affermano con sicurezza una cosa, che invariabilmente viene disattesa e smentita dai fatti il giorno dopo. Così siamo passati dal “non arriverà mai da noi” al “sarà una semplice influenza” per proseguire con “l’umanità è in pericolo, non saremo al sicuro senza vaccino”, “il vaccino arriverà prima dell’inverno, no, non prima di uno, due anni” o forse mai. Ecco dicevo -incalza Matone- noi abbiamo avuto “fortuna”, e parlo di quelli come me, medici della mutua, come si diceva una volta. Quelli senza camici ne mascherine, ma con 40 mail dalla Asl e dal ministero, in 40 giorni, quelli con il telefono sempre acceso, con 200 chiamate e 500 messaggi WhatsApp al giorno per sette giorni. Gli stessi che hanno sempre tenuto aperto lo studio, e che hanno visitato a domicilio, improvvisando DPI come tute per imbiancare e buste di plastica con lo scotch. Quelli che non dormono la notte da due mesi, quelli che ogni volta che tornano a casa dopo il lavoro, si fanno vedere forti dai familiari, ma “se la fanno sotto” per la paura di infettarli. Quelli che non appaiono sui giornali bardati con tute mascherine e con i segni delle visiere, ma che più di tutti gli altri sono morti per il loro spirito di servizio, dimenticati e spesso insultati da uno Stato patrigno, da assessori disconnessi dalla realtà, da politici più attenti alle passerelle televisive che alla sostanza del loro dovere. Quelli che ancora oggi -conclude il medico- e lo fanno ogni giorno, piangono i loro colleghi che non hanno avuto quella “fortuna”, sperando che quello che hanno avuto loro, duri ancora un po’» conclude Matone, firmandosi “medico della Mutua” come si usava dire una volta.

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