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URSULA FRANCO : Analisi di stralci dell’intervista rilasciata da Irene Pivetti a Barbara D’Urso e Gianluigi Nuzzi

Analisi di stralci dell’intervista rilasciata da Irene Pivetti a Barbara D’Urso e Gianluigi Nuzzi Irene Pivetti, che ha importato mascherine

IRENE PIVETTI


Analisi di stralci dell’intervista rilasciata da Irene Pivetti a Barbara D’Urso e Gianluigi Nuzzi

Irene Pivetti, che ha importato mascherine dalla Cina durante l’emergenza COVID 19, è indagata da 4 procure italiane (Roma, Savona, Imperia e Siracusa) per frode in pubbliche forniture, ricettazione, frode in commercio, falso sulle autocertificazioni e sulle certificazioni polacche, vendita di merce con impronta contraffatta e violazione delle leggi doganali.

In Statement Analysis partiamo dal presupposto che chi parla o scrive sia “innocente de facto” e che parli o scriva per essere compreso. Pertanto, da un “innocente de facto” ci aspettiamo che neghi in modo credibile e che lo faccia spontaneamente. Ci aspettiamo anche che nel suo linguaggio non siano presenti indicatori caratteristici delle dichiarazioni di coloro che non dicono il vero. 

Un “innocente de facto” non ci sorprenderà, negherà in modo credibile già nelle prime battute.

Un “innocente de facto” mostrerà di possedere la protezione del cosiddetto “muro della verità”, un’impenetrabile barriera psicologica che permette ai soggetti che dicono il vero di limitarsi a rispondere con poche parole in quanto gli stessi non hanno necessità di convincere nessuno di niente.

Dalla Pivetti ci aspettiamo che neghi in modo credibile di aver importato mascherine non conformi e che possegga il cosiddetto “muro della verità”

Una negazione credibile è composta da tre componenti:

  1. il pronome personale “io”;
  2. l’avverbio di negazione “non” e il verbo al passato “ho”, “non ho”;
  3. l’accusa.

Le frasi “io non ho importato mascherine non conformi e non ho eluso né i dazi doganali né l’IVA”, seguite dalla frase “è la verità” riferita a “io non ho importato mascherine non conformi e non ho eluso né i dazi doganali né l’IVA”, è un esempio di negazione credibile.

Una negazione è credibile, non solo quando è composta dalle tre suddette componenti ma anche quando è spontanea, ovvero non è pronunciata ripetendo a pappagallo le parole dell’interlocutore.

Il 25 aprile, su Facebook, invece di negare in modo credibile di aver commesso il reato per il quale è indagata, Irene Pivetti ha scelto di pubblicare a sua difesa il seguente post:

“Milano, 25 aprile 2020
Cari amici,
Viste le sbilanciate informazioni presentate oggi da Repubblica, e viste anche alcune
chiacchiere da marciapiede che serpeggiano in questi giorni, credo sia venuto il momento di raccontarvi come sto trascorrendo il mio tempo da coronavirus.
Di fronte all’estrema emergenza in cui versava l’Italia, specialmente all’inizio della prima fase, del tutto priva di strategia, di organizzazione, e di materiali di primissima necessità, e vista la mia decennale esperienza sul mercato cinese ed asiatico (non esattamente “di sponda”, come dice il quotidiano: in Cina abbiamo cinque uffici, abbiamo aperto due grandi locali pubblici, e senza il virus quest’anno avevamo in programma l’apertura di altri tre centri commerciali), la Protezione Civile ha pensato di chiedermi una mano per l’acquisizione di mascherine sul mercato internazionale. Esatto il quantitativo, 15 milioni di pezzi, non esatto il valore indicato, comunque un contratto molto importante. Preciso che il prezzo unitario concordato è in leggera perdita per la mia società, ma lo considero comunque un contributo utile da dare allo Stato Italiano, che amo e servo con orgoglio, oggi da imprenditore, come un tempo in un ruolo istituzionale.
Dopo una prima fase di avviamento, estremamente difficile, segnata dal “furto” di un carico in Russia, dovuto all’improvvisa chiusura del paese all’esportazione di mascherine (inutile l’intervento del nostro ambasciatore a Mosca, ed inutile una lettera della Protezione Civile stessa per le autorità), ed una seconda sottrazione in Ungheria (5 milioni di pezzi già pagati, dirottati invece su un acquirente americano che li pagava di più), abbiamo finalmente potuto accedere al mercato cinese, dove ci siamo attestati.
Ad oggi ho importato oltre 12 milioni di mascherine, molte delle quali per la Protezione Civile, ed altre per ospedali, farmacie, o aziende, facendo atterrare sei aerei cargo da me noleggiati, oltre a diversi passaggi aerei per singoli lotti.
La prima settimana di consegne ci ha visti lavorare dalle otto di mattina alla una di notte, in ribalta a consegnare cartoni ai trasportatori, in un clima di vera guerra, anche fra coloro che volevano accaparrarsi i carichi.

Da imprenditore, vi confido che faccio i complimenti non solo ai miei coraggiosi instancabili che hanno presidiato la ribalta fino a notte fonda, per una intera settimana, ma anche al mio ufficio amministrazione, che è riuscito a non perdere il filo di una sola fattura o bolla di consegna.
Detto ciò, a partire dalla seconda settimana di previste consegne, si è andata affermando una interpretazione restrittiva dell’ordinanza originaria della protezione civile, che aveva espressamente stabilito, per il periodo dell’emergenza, la possibilità di importare, distribuire e vendere dispositivi di protezione individuale anche non europei, purché certificati NEI LORO STANDARD (KN95 e N95).
La nuova interpretazione impone invece una CONFORMITÀ AGLI STANDARD EUROPEI.

La partita si gioca tutta qui: “analogia” o “conformità”.
E da questo conflitto interpretativo sono discese tutte le problematiche di cui, con fantasioso spirito di calunnia, dà sommariamente conto anche l’articolo del giornale di oggi.

Avverso il sequestro (che è realmente accaduto) stiamo chiaramente facendo presente questa questione, insieme ad altri dettagli importanti, compreso il fatto che alcune delle mascherine sequestrate sono comunque state approvate dall’Istituto Superiore di Sanità, come richiede la legge.
Alla stessa stregua, stiamo fornendo all’INAIL la documentazione integrativa che in qualche caso ci è stata richiesta.
Vorrei poter omettere la circostanza che qualcuno mi ha fatto sapere che, se avessi fatto ricertificare a mie spese le mascherine da un certo istituto di certificazione avrei certamente avuto l’approvazione dell’INAIL.
Transeat, chiacchiere da marciapiede anche queste.

Adesso la situazione è la seguente: io vado avanti a lavorare, anche perché il resto della fornitura di mascherine è già stata acquistata, e prenotato il ponte aereo per consegnarla.
Parallelamente, come è chiaro, benché meno importante, ho comunque dato mandato ai legali della mia società, e al mio personale, per difendere l’onorabilità del mio nome, e del mio marchio.
Vi ringrazio di essermi accanto in questo momento, e per il molto che sto imparando, ogni giorno, dalla dedizione di ciascuno alla sua impresa, alla sua missione.
Vi auguro un felice 25 aprile, viva la libertà, viva l’Italia
Irene Pivetti”

In primis, ciò che lascia perplessi è che, invece di negare in modo credibile, la Pivetti abbia fatto ricorso ad un sermone di 668 parole. In accordo con i principi della “Statement Analysis”, il “sermone” è da considerarsi una lezione morale non necessaria rivelatrice di una proiezione della colpa e di disprezzo nei confronti degli interlocutori.

Nel suo lungo post su Facebook, la Pivetti, invece di negare in modo credibile:

  1. Ha attaccato la stampa: “Viste le sbilanciate informazioni presentate oggi da Repubblica, e viste anche alcune chiacchiere da marciapiede che serpeggiano in questi giorni”.
  2. Ha tentato di dipingersi come un “Good Guy” almeno in due occasioni. In primis, quando ha scritto: “il prezzo unitario concordato è in leggera perdita per la mia società, ma lo considero comunque un contributo utile da dare allo Stato Italiano, che amo e servo con orgoglio, oggi da imprenditore, come un tempo in un ruolo istituzionale” e poi quando ha riportato quelle che lei stessa ha definito “Chiacchiere da marciapiede”: “Vorrei poter omettere la circostanza che qualcuno mi ha fatto sapere che, se avessi fatto ricertificare a mie spese le mascherine da un certo istituto di certificazione avrei certamente avuto l’approvazione dell’INAIL. Transeat, chiacchiere da marciapiede anche queste”. In Statement Analysis, la necessità di dipingersi come un “Good Guy” spesso nasconde il contrario: “Good Guy” uguale “Bad Guy”.
  3. Ha giocato la “carta della vittima”: “Dopo una prima fase di avviamento, estremamente difficile, segnata dal “furto” di un carico in Russia, dovuto all’improvvisa chiusura del paese all’esportazione di mascherine (inutile l’intervento del nostro ambasciatore a Mosca, ed inutile una lettera della Protezione Civile stessa per le autorità), ed una seconda sottrazione in Ungheria (5 milioni di pezzi già pagati, dirottati invece su un acquirente americano che li pagava di più)”

Si noti la parola superflua “utile” nella frase “lo considero comunque un contributo utile da dare allo Stato Italiano”, si tratta di “Leakage”, ovvero del rilascio involontario di informazioni.
La Pivetti è al guadagno che sta pensando.

Dipingersi come un “Good Guy” e rappresentarsi come una “vittima” servono a chi parla per ingraziarsi gli interlocutori. Tentare di ingraziarsi gli interlocutori è una forma di manipolazione.

Si tenga a mente il seguente stralcio: “la Protezione Civile ha pensato di chiedermi una mano per l’acquisizione di mascherine sul mercato internazionale”

Si noti come nel finale “dalla dedizione di ciascuno alla sua impresa, alla sua missione”, la Pivetti non parli per sé.

Di seguito l’analisi di alcuni stralci dell’intervista rilasciata da Irene Pivetti a Barbara D’Urso e Gianluigi Nuzzi nella puntate di “LIVE non è la D’Urso” del 2 maggio:

Barbara D’Urso: Allora, Irene ho detto: “ci metti la faccia”, ma le accuse sono davvero pesantissime.

Un’affermazione/domanda che permetterebbe alla Pivetti di negare in modo credibile.

Irene Pivetti: Mah, insomma, è una ricostruzioneeee di mente diabolica, io dovrei avere macchinato ai danni, così, dei miei connazionali questa eh… questa truffa milionaria. A me dispiace moltissimoooo… ovviamente tutto quello che sta capitando perchééé… perché infanga me, infanga la mia società, infanga le personeche insieme con me hanno lavorato con grandissimo sacrificio soprattutto a questa operazione sin dall’inizio. Ehm… ciò nonostante io continuo a conservare grande fiducia in tutte le istituzioni comprese quelle che, facendo il loro dovere, mi stanno inda… (deglutisce) indagando, anche in modo estremamente duro, perché capisco che la posta in gioco è molto alta e è giusto dimostrare che si crede nello Stato anche nei momenti in cui sei veramente messo sulla graticola immeritatamente. Io credo in queste istituzioni, che ho sempre servito e che continuo a servire. 

La risposta della Pivetti è evasiva.
Invece di negare in modo credibile, la Pivetti sceglie la via del “sermone”.
Non stupisce, lo aveva già fatto il 25 aprile su Facebook.

Le 5 pause nella risposta ci indicano che la domanda della D’Urso è sensitiva, le pause servono a prendere tempo per pensare a cosa dire.

Non è la D’Urso ma Irene Pivetti a dirci di cosa si tratti: una “truffa milionaria macchinata da una mente diabolica ai danni degli italiani”

Si faccia caso alla frase “A me dispiace moltissimoooo”

In Statement Analysis, a prescindere dal contesto in cui vengono pronunciate, notiamo sempre le parole “mi dispiace” perché è estremamente frequente che vengano emesse da chi ha commesso il reato di cui è accusato e di cui parla.
Le parole “mi dispiace” sono da considerarsi una sorta di “Leakage”

Il “Leakage” consiste nel rilascio involontario di informazioni che stazionano nella mente del soggetto che si esprime. 

La Pivetti, dicendo “perché infanga me, infanga la mia società, infanga le persone che insieme con me hanno lavorato con grandissimo sacrificio”, ci rivela le sue priorità: “me”, “la mia società”, “le persone che con me hanno lavorato.” 

Le parole superflue “con grandissimo sacrificio” sono d’intento manipolatorio, servono infatti alla Pivetti per dipingere se stessa e i suoi collaboratori come dei “Good Guy” nel tentativo di ingraziarsi i suoi interlocutori.
Ci aveva già provato nel suo post su Facebook scrivendo “La prima settimana di consegne ci ha visti lavorare dalle otto di mattina alla una di notte, in ribalta a consegnare cartoni ai trasportatori, in un clima di vera guerra, anche fra coloro che volevano accaparrarsi i carichi.
Da imprenditore, vi confido che faccio i complimenti non solo ai miei coraggiosi instancabili che hanno presidiato la ribalta fino a notte fonda, per una intera settimana, ma anche al mio ufficio amministrazione, che è riuscito a non perdere il filo di una sola fattura o bolla di consegna”

Di intento manipolatorio è anche il seguente stralcio: “Ehm… ciò nonostante io continuo a conservare grande fiducia in tutte le istituzioni comprese quelle che, facendo il loro dovere, mi stanno inda… (deglutisce) indagando, anche in modo estremamente duro, perché capisco che la posta in gioco è molto alta e è giusto dimostrare che si crede nello Stato anche nei momenti in cui sei veramente messo sulla graticola immeritatamente. Io credo in queste istituzioni che ho sempre servito e che continuo a servire”

Si noti che in questo frammento: “è giusto dimostrare che si crede nello Stato anche nei momenti in cui sei veramente messo sulla graticola immeritatamente”, la Pivetti non parla per sé, non ci sta dicendo che è lei ad essere stata messa “sulla graticola immeritatamente”

La Pivetti infatti non usa il pronome personale, come aveva fatto in precedenza, perché non riesce a dire “io credo nello Stato anche se sono stata messa sulla graticola immeritatamente” ma si affida ad un escamotage nella speranza che siano i suoi interlocutori a trarre conclusioni che a lei farebbero comodo. Solo in seguito torna a parlare in prima persona “Io credo in queste istituzioni, che ho sempre servito e che continuo a servire”, lo fa per tornare a dipingersi come un “Good Guy”

Barbara D’Urso: Però, scusami, eh… ma io vorrei capire qual è la tua versione perché detto così, e ascoltato così… 

La D’Urso non si lascia manipolare dal lungo sermone della Pivetti e le pone nuovamente la domanda. 

Irene Pivetti: Guarda la mia versione è semplice… 

Barbara D’Urso: … tu vorresti fare business sulle mascherine. Questo è quello che si evince dal servizio che abbiamo visto.

Irene Pivetti: No, no, io intanto, tanto per cominciare, non ho fatto… guarda, sì, ma non dalla realtà. Quan… intanto per incominciare, sulle mascherine non ho fatto e non voglio fare business, anche perché, per esempio, il contratto della Protezione Civile ehm… copre… sostanzialmente, copre i costi mmm… per una tipologia di mascherine, le chirurgiche, addirittura noi siamo in perdita. Ma l’ho fatto comunque molto volentieri, perché all’inizio, specialmente, l’Italia versava in un’emergenza tale… di mascherine era impossibile trovarle eeee… avendo la possibilità di dare una mano, mi sono messa a disposizione, come peraltro anche molti altri hanno fatto. Erano quei giorni nei quali la Protezione Civile, attraverso un numero verde, chiedeva a chi fosse in grado di importare mascherine dall’estero di … presentarsi e così io ho fatto. Ho chiamato quel numero verde, mi sono messa a disposizione.

“No” sarebbe stata una buona risposta.
E invece la Pivetti ha indebolito la sua negazione con 135 parole aggiuntive.
A cosa le sono servite quelle 135 parole in più?

  1. A tornare a dipingersi come un “Good Guy”. 
  2. Ad affermare di essersi messa in contatto con la Protezione Civile attraverso un numero verde mentre pochi giorni prima, sul suo post pubblicato su Facebook, aveva scritto “la Protezione Civile ha pensato di chiedermi una mano per l’acquisizione di mascherine sul mercato internazionale”. 

Barbara D’Urso: Quindi mi scus… scusami Irene, per capire, per capire, quindi tu, avendo questa società, hai fatto in modo che arrivassero dall’estero 

Irene Pivetti: Dalla Cina.

Barbara D’Urso: 100… credo 170 mila mascherine, giusto?

Irene Pivetti: No, no, no. No, no, no, no, io ho importato dalla Cina, a oggi, più di 13 milioni di mascherine eeee… di cui circa 6 milioni sono già state consegnate alla Protezione Civile.
Il contratto con la Protezione Civile, per quanto mi riguarda, è sempre stato gestito su fornitori e anche addirittura aerei cargo separati. Portare a casa queste mascherine è stata una fatica enorme, è stato uno sforzo, che tra l’altro anche altri che stanno importando stanno raccontando, perché quel mercato è stato ed è tuttora una giungla. Prima della Cina ci siamo avventurati sul mercato russo, abbiamo provato ad acquistarle anche in Ungheria, o meglio le abbiamo anche acquistate e pagate, salvo poi che sia il carico russo che il carico ungherese sono stati sottratti, perché in quell… a quell’epoca, ma anche adesso i carichi vengono bloccati alla frontiera, viene impedita l’esportazione etcetera.

Il fatto che la Pivetti ripeta per 7 volte la negazione ci rivela che la domanda è sensitiva e che ha bisogno di prendersi del tempo per rispondere.

La Pivetti, dopo aver riferito il numero esatto di mascherine importate, sente il bisogno di aggiungere una serie di informazioni non richieste: “Il contratto con la Protezione Civile, per quanto mi riguarda, è sempre stato gestito su fornitori e anche addirittura aerei cargo separati. Portare a casa queste mascherine è stata una fatica enorme, è stato uno sforzo, che tra l’altro anche altri che stanno importando stanno raccontando, perché quel mercato è stato ed è tuttora una giungla. Prima della Cina ci siamo avventurati sul mercato russo, abbiamo provato ad acquistarle anche in Ungheria, o meglio le abbiamo anche acquistate e pagate, salvo poi che sia il carico russo che il carico ungherese sono stati sottratti, perché in quell… a quell’epoca, ma anche adesso i carichi vengono bloccati alla frontiera, viene impedita l’esportazione etcetera”

Perché?

  1. Per riferire che “il contratto con la Protezione Civile è sempre stato gestito su fornitori e anche addirittura aerei cargo separati”
  2. Per dipingersi sia come un “Good Guy” che come una “vittima: “Portare a casa queste mascherine è stata una fatica enorme, è stato uno sforzo, che tra l’altro anche altri che stanno importando stanno raccontando, perché quel mercato è stato ed è tuttora una giungla. Prima della Cina ci siamo avventurati sul mercato russo, abbiamo provato ad acquistarle anche in Ungheria, o meglio le abbiamo anche acquistate e pagate, salvo poi che sia il carico russo che il carico ungherese sono stati sottratti, perché in quell… a quell’epoca, ma anche adesso i carichi vengono bloccati alla frontiera, viene impedita l’esportazione etcetera.”

Barbara D’Urso: Però, scusami, scusami Irene, scusami Irene, io stavo leggendo, proprio di oggi, a proposito di 170 mila mascherine. Le 170 mila mascherine di Pivetti sequestrate a Malpensa non solo non hanno i certificati per essere importate ed immesse nel mercato 

Irene Pivetti: No, questo non è vero.

Barbara D’Urso:… ma secondo il consulente tecnico incaricato dalla procura di Savona non hanno potere filtrante quindi non servono a niente per cui… 

Irene Pivetti: No, questoo… guarda questa è una falsità.

Barbara D’Urso:… per cui, scusami, io vado a leggere, così puoi rispondere.

Irene Pivetti: Sì, sì, sì, certo, certo, certo, certo. 

Barbara D’Urso: Per cui, per cui, in questo esatto momento, potrebbero esserci in Italia centinaia di medici e lavoratori a rischio, vittime inconsapevoli di un pasticcio pericoloso… 

Irene Pivetti: No, non è così.

Barbara D’Urso:… perché, a differenza delle tante mascherine fasulle in circolazione in questi tempi e vendute in farmacie on line i prodotti commercializzati anche contro il parere dell’INAIL della tua società, la società dell’ex presidente della camera, sono infatti delle simili FFP2, cioè quelle indicate per chi debba farne per uso professionale medici di base etcetera quindi sono addirittura cioè sono finte. Come facevi a non saperlo?

Irene Pivetti: Ma non è così, semplicemente non è così, semplicemente non è così. Io lo sapevo… io sapevo esattamente la verità, che non è questa. Questa è una pseudo perizia di cui a me non è stato notificato niente, io l’ho appreso dalla stampa, come lo hai appreso tu, e quindi non ha alcun valore da questo punto di vista. Ci sarà una vera perizia, che io stessa ho fatto richiedere al mio avvocato proprio per poter… ecco qui che mi squilla anche il cellulare… proprio per poter avere… per poter dimostrare la validità del prodotto che io ho messo in commercio. Quelle sono mascherine ottime, ovviamente nel loro standard, che è KN95, che è KN95, cioè lo standard cinese. La norma oggi in vigore, tuttora in vigore, che pre… prevede appunto che possano essere commercializzati, ovviamente soltanto nel periodo dell’emergenza, anche prodotti non marcati CE, come per esempio le mascherine che io ho messooo… in venditainsieme a moltissimi altri. Faccio anche notare che in tutta Europa si è adottato esattamente questa norma. E a questa io mi attengo scrupolosamente. Il certificato di cui si parla è un certificato che non ha… il certificato di cui si parla è un certificato di compliance, un certificato, cioè di, diciamo così, di adeguatezza, ma non ha nulla a che vedere con la marcatura CE e, tra parentesi, è del tutto irrilevante per dimostrare la validità o meno di una mascherina. Quel tipo di certificati lì che molti confondono.

Barbara D’Urso: Qui dice che non sono state certificate dall’INAIL.

Irene Pivetti: Sì, è vero. Ma tra l’altro queste mascherine sono state messe in commercio prima che la norma dell’INAIL fosse attiva, cioè ci so… c’è anche una normativa che si è evoluta nel tempo e restano comunque valide rispetto alla normativa tuttora in vigore, che è quella che prevede che si possano commercializzaree mascherine di standard alternativo a quello europeo e cioè appunto queste KN95 o così come per esempio la L95 americana.

Barbara D’Urso: Scusami, allora per quale motivo sono state sequestrate?

Irene Pivetti: Sono state sequestrate a partire da un’altra questione che è un detta…. che è una cosa della quale io non ero tra l’altro a conoscenza perché in alcune confezioni di quello stock è stato rilevato un marchio CE che la Guardia di Finanza ha ritenuto contraffatto. Per quanto mi riguarda io ho acquistato quelle mascherine sulla base di una confezione che non portava alcun marchio CE, tra parentesi, ma all’interno dei cartoni c’erano alcune scatole che riportavano questo marchio cont… che… che la Guardia di Finanza ritiene contraffatto. Questo è un altro problema, perché l’importatore non apre gli scatoloni, noi prendiamo dall’aereo e diamo al distributore, dopodiché la questione della… della validazione da parte dell’INAIL, è una validazione che è necessaria nel momento in cui alla fine della filiera, per così dire, la maschera viene venduta come dispositivo di protezione individuale, cioè per essere usata sul luogo di lavoro e infatti saggi… e infatti saggiamente la legge mette questo obbligo in capo sia all’importatore, che al distributore, che al dettagliante, il che vuol dire che chiunque… sì, ma chiunque, io come importatore ho messo queste mascherine nelle mani di un distributore, ripeto, avendo fatto all’INAIL regolarmente come da… da legge la domanda e nell’arco dei 3 giorni dal… dal momento in cui queste mascherine erano state sdoganate, io ho fatto domanda all’INAIL, non avevo ancora ricevuto la risposta, tra parentesi, l’INAIL ha cominciato a darmi le prime risposte dopo 18 giorni e non 3 come dice la legge, dopo 18 giorni dalla domanda eee… per molte mascherine non mi ha ancora risposto adesso. L’INAIL, che tra l’altro si vanta di aver a…approvato soltanto 4% delle domande presentate.

È interessante che la Pivetti ritenga un dettaglio il fatto che sulle mascherine da lei distribuite ci fosse un marchio CE contraffatto e che metta in dubbio l’operato della Guardia di Finanza dicendo “un marchio CE che la Guardia di Finanza ha ritenuto contraffatto” e “questo marchio cont… che… che la Guardia di Finanza ritiene contraffatto.”

Si noti che la Pivetti ha riferito a Nuzzi di aver fatto domanda all’INAIL mentre poco prima aveva riferito alla D’Urso: “Ma tra l’altro queste mascherine sono state messe in commercio prima che la norma dell’INAIL fosse attiva”.

Dicendo: “L’INAIL, che tra l’altro si vanta di aver a… approvato soltanto 4% delle domande presentate”, la Pivetti finisce per biasimare l’INAIL che si è rivelata per lei uno scoglio. La Pivetti infatti aveva dichiarato al “Corriere della Sera”: “Noi abbiamo rispettato quanto previsto dal contratto con la Protezione civile, soltanto che poi le regole sono cambiate in corsa, affidando all’INAIL la competenza.”

Secondo chi indaga, Irene Pivetti si è rivolta all’INAIL per ottenere la conformità alla vendita delle proprie mascherine inserendo nella certificazione false dichiarazioni.

Gianluigi Nuzzi: Ma scusi ma lei ha ricevuto 18 milioni dalla protezione civile come anticipo per queste mascherine, ovvero il 60% dei denari che lei andrebbe poi ha incassare?

Irene Pivetti: Sì, sì, io li ho ricevuti e li ho anche già spesi, perché in questo momento ci sono 7 milioni e 200 mila mascherine all’aereop…

Gianluigi Nuzzi: Li ha anche già spesi?

Irene Pivetti: Certo, perché io ho comprato questa partita, non… che non sono… tra l’altro, non hanno nulla a che fare con queste che sono state confiscate, perché, come ho già spiegato, per la Protezione Civile, proprio per la grande responsabilità che sento prop…

Gianluigi Nuzzi: Quindi… mi faccia finire però, Pivetti mi perdoni.

Irene Pivetti: No, bah, sto finendo io per rispondere su un punto estremamente importante, proprio per la grande responsabilità che sento, le mascherine della Protezione Civile non soltanto sono fornitori esclusivamente dedicati a questo, ma anche aerei cargo esclusivamente dedicati a questo e nulla hanno a che fare quelle mascherine, con la storia delle mascherine sequestrate, dopodiché, sì, sono state tutte acquistate o quasi tutte acquistate, una parte già consegnata e le altre sono al… sono in Cina [… ] io più che altro sono parte lesa.

La Pivetti aveva detto alla D’Urso: “il contratto con la Protezione Civile è sempre stato gestito su fornitori e anche addirittura aerei cargo separati” e ora torna a ripetere a Nuzzi, per due volte, che le mascherine della Protezione Civile nulla hanno a che fare con quelle sequestrate, che provengono da fornitori “dedicati” e che hanno viaggiato su aerei cargo “dedicati”.

Le frasi: “perché, come ho già spiegato, per la Protezione Civile, proprio per la grande responsabilità che sento prop…” e “proprio per la grande responsabilità che sento” sono d’intento manipolatorio.

La frase “io più che altro sono parte lesa” rappresenta un’ammissione tra le righe per la presenza delle parole “più che altro” che lasciano spazio alla possibilità che parte lesa la Pivetti non lo sia affatto, quantomeno in parte.

Dall’inchiesta di Report sulle mascherine è emerso che la società di cui Irene Pivetti è amministratore unico ha introdotto in Italia mascherine destinate alla vendita al dettaglio come merci destinate invece alla Protezione Civile. Così facendo non ha pagato dazi doganali ed IVA e le ha potute distribuire nonostante fossero prive di certificati di conformità. Alla domanda del giornalista di Report che le ha contestato il reato di cui sopra, la Pivetti non è stata capace di rispondere negando in modo credibile di aver usato il suddetto escamotage. Non è stata capace di dire “No”, ha invece risposto: “Assolutamente mai”. Non solo “mai” non è una negazione credibile, ma dicendo “assolutamente”, la Pivetti ha mostrato di avere bisogno di convincere.

La Pivetti, nonostante in occasione di un’intervista televisiva avesse detto: “Noi stiamo facendo, in forma volontaria, con le persone attorno alla nostra azienda, un supporto alla Protezione civile esattamente per acquisire mascherine sui mercati internazionali”, ad un imprenditore ha confessato: “Questa emergenza del virus ci ha fatto cambiare mestiere in un certo senso, ci siamo dovuti buttare su questa faccenda qui che, per carità, devo dire, è anche molto interessante dal punto di vista economico (ride).

La Protezione civile italiana ci ha chiesto delle cose… vediamo un po’, se le prendono io sono molto contenta […] Io aggiungo… non so… 15 centesimi per prodotto, giusto per avere un margine.” margine di cui parla è pari a 2 milioni e 250 mila euro, IVA e dazi doganali free e solo per la commessa della Protezione Civile… ride ben chi ride ultimo.

Sempre il 27 marzo, la Pivetti ha detto: “Io sono innamorata degli italiani, a maggior ragione in questa… terribile circostanza […] E in Cina, con tutto l’affetto che io ho per i cinesi, che credo non si possa mettere in discussione visto che sono 10 anni che do il meglio di me del mio lavoro in quel paese, così come ci sono persone buone e responsabili e generose, ci sono degli sciacalli orrendi che stanno mettendo a prezzi impossibili… facendo la guerra al rialzo sulla nostra pelle rifilandoci delle mascherine sbagliate. Cioè, c’è questo sulla scena internazionale. Gli italiani sono quelli, in questa circostanza son capaci di mantenere la barra… la barra dritta del timone”

“Io sono innamorata degli italiani, a maggior ragione in questa… terribile circostanza” e “Gli italiani sono quelli, in questa circostanza son capaci di mantenere la barra… la barra dritta del timone” sono affermazioni di intento manipolatorio.

“E in Cina, con tutto l’affetto che io ho per i cinesi, che credo non si possa mettere in discussione visto che sono 10 anni che do il meglio di me del mio lavoro in quel paese, così come ci sono persone buone e responsabili e generose, ci sono degli sciacalli orrendi che stanno mettendo a prezzi impossibili… facendo la guerra al rialzo sulla nostra pelle rifilandoci delle mascherine sbagliate. Cioè, c’è questo sulla scena internazionale” è un sermone. Sermone uguale proiezione della propria colpa e disprezzo per gli interlocutori.

Nell’intervista del 27 marzo, la Pivetti è apparsa sottotono, è probabile che fosse a conoscenza di essere indagata e che, nel tentativo di trovare una giustificazione morale, abbia detto: “però vorrei parlare dopo, spero che potremo parlare invece di quella questione drammatica di cui parlavate prima, delle mascherine e dei presidi sanitari perché è importante che le persone sappiano che battaglia infernale si combatte in scala… su scala internazionale perché l’Italia possa avere il necessario per combattere questa… questa emergenza. Allora, non c’è stato solo un sequestro, ce ne sono stati molti di più. Noi stiamo facendo, in forma volontaria, con le persone attorno alla nostra azienda, un supporto alla Protezione Civile esattamente per acquisire mascherine sui mercati internazionali. Io vi posso raccontare che due settimane fa ci è stato sottratto un carico in Russia, adesso vengono con 9… con 9 aerei, benvenuti! Quel mezzo milione di mascherine. Avevamo mezzo milione di mascherine già pagate e non sono state consentite, avevamo mezzo milione di mascherine già pagate in Ungheria, anche quelle sono state già rivendute ad altri dopo che le avevamo pagate noi ed adesso stiamo combattendo da giorni per fare decollare da Qingbaijiang un aereo con dentro altri milioni di mascherine, comprate un’altra volta, quindi c’è gente che si sta tassando per fare queste donazioni perché cerchiamo di farli arrivare qua”

 


CONCLUSIONI

Deception Indicated.

La stampa ha rivelato che la società “Only Italia Logistic S.C.A.R.L.”, di cui è presidente e amministratore unico Irene Pivetti, con sede legale a Roma, in via Novara, 53, è un consorzio dal capitale sociale di soli 50 mila euro, i cui soci sono quattro società: la Only Italia Club srl (che detiene il 70 %) con sede a San Marino; la Only Italia Tech e Trade (25%) con sede a Varsavia (Polonia); la Ca.TT. Iva (3%) società cooperativa di servizi con sede a Marino (Roma) e Furlog srl (2%) di Bologna. Se così fosse si tratterebbe di una piccola società che è stata capace di accaparrarsi un contratto multimilionario; peraltro, una società solo al 5% italiana che però sbandiera la parola “Italia”, non “Polonia” o “San Marino”, nel nome.  

 

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