COVID 19, È EMERGENZA PSICOSI, IN TANTI SI DENUDANO PROPRIO COME ELENA CESTE
“ Il suo denudamento è la riprova della crisi psicotica che la condusse a nascondersi ai suoi fantomatico persecutori in un tunnel del Rio Mersa”
COVID 19, È EMERGENZA PSICOSI, IN TANTI SI DENUDANO PROPRIO COME ELENA CESTE
Criminologa Ursula Franco:
“Il denudamento di Elena Ceste è la riprova della crisi psicotica”
Su UDINETODAY si legge dell’ennesimo denudamento di un soggetto in preda ad una crisi psicotica.
“Nudo sul tetto della pizzeria, ragazzo messo in salvo a Magnano in Riviera. Nudo per ore sul tetto della pizzeria, le forze dell’ordine lo convincono a scendere
Un giovane, in evidente stato confusionale, ha costretto all’intervento carabinieri e vigili del fuoco.
Si è posizionato sul tetto del ristorante pizzeria Riviera di piazza Urli a Magnano verso le 18, vestito solo con la biancheria intima, e ci è rimasto per due ore abbondanti, fino a quando le forze dell’ordine sono riuscite a farlo scendere. Protagonista della vicenda un giovane, in stato confusionale. Sul posto vigili del fuoco, personale sanitario e carabinieri. Via Prampero, la provinciale 117 che conduce alla piazza, in quel tratto è stata chiusa per tutto il tempo necessario a convincere il giovane a scendere. Con pazienza e calma l’obiettivo è stato raggiunto e il ragazzo è stato messo al sicuro”
La criminologa Ursula Franco, che è stata consulente dell’avvocato Giuseppe Marazzita, difensore di Michele Buoninconti, ci ha rilasciato una dichiarazione:
“I denudamenti quotidiani di soggetti in preda alla psicosi sono la riprova che Elena Ceste si denudò e raggiunse il Rio Mersa volontariamente e morì a causa delle basse temperature.
Solo questa ricostruzione dei fatti spiega l’assenza di segni di una morte violenta sui suoi resti, l’assenza di segni di una colluttazione sul corpo Michele Buoninconti, l’assenza di segni del trasporto di un cadavere sulle auto di famiglia, l’incapacità da parte della procura di ricostruire i fatti in modo logico.
Vi ricordo che il primo a diagnosticare la psicosi alla Ceste è stato lo psichiatra Pirfo, consulente della procura, ma il giudice Roberto Amerio, invece di accogliere le conclusioni dell’esperto ha preferito svalutarle perché non erano funzionali alla ricostruzione (errata) della procura.
Nelle motivazioni della sentenza di primo grado, il giudice Amerio ha affermato erroneamente che un disturbo di personalità non è un disturbo psicopatologico e che il “delirio ad intermittenza è privo di riscontro scientifico” mentre invece è provato che l’andamento di un disturbo delirante è variabile e quello che il giudice definisce “delirio ad intermittenza” è di comune riscontro nella pratica psichiatrica in specie nei soggetti psicotici non sottoposti a terapia farmacologica. Piaccia o no al sistema, Elena non è stata uccisa.
Il suo denudamento è la riprova della crisi psicotica che la condusse a nascondersi ai suoi fantomatici persecutori in un tunnel del Rio Mersa”