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ELISABETTA SIONIS : Femminicidio, un micidiale strumento di marketing

Il femminicidio, quindi, è uno strumento consumistico lessicale teso a iper-categorizzare l’omicidio, ovvero il reato di cui all’art 575 del codice penale.
Se così non fosse, dovremmo distinguere verbalmente, ancor prima che in chiave fenomenologica, i femminicidi dai maschicidi e dai gaycidi, i bambinicidi dai bambinEcidi, i transessualicidi, i travesticidi, i cinesicidi, i cattolicidi, gli ebreicidi, i buddisticidi, i parrucchiericidi, i ciclisticidi, i farlocchicidi, i truffaldinicidi, i tuttologicidi e così via all’infinito

Femminicidio: un micidiale strumento di marketing
 

di Elisabetta Sionis, Criminologo clinico esperto in psicologia giuridica 

CRIMINOLOGA ELISABETTA SIONIS

L’infoblacktainment, come tutti i settori sfruttati all’inverosimile, ha rischiato di subire un notevole calo di interesse soprattutto a causa dell’avvento dei vari show condotti attraverso il buco della serrattura, in cui sono sapientemente collocate telecamere e microfoni che offrono ai telespettatori vizi e virtù di noti e sconosciuti. L’osservatore è indotto a sentirsi meno diverso, finanche allo stesso livello e compartecipe di vite in voile satincelate e raggiungibili solo dal proprio immaginario.

La cronaca nera della carta stampata e dei cortometraggi dei pomeriggi prefestivi dedicati alle casalinghe che stirano e agli aspiranti detective hanno da sempre rivestito una funzione catartica. Costituiscono anche luogo di battaglia politica nonché fucina di accese discussioni sulle carenze del sistema giustizia, con un brainstorming di faziose e capziose proposte su interventi tesi ad arginare gli atti criminali e garantire sicurezza ai cittadini.


Un mercato consumistico privo di frontiere etiche


L’esigenza di restyling ha imposto la ricerca e l’utilizzo del termine femminicidio, in uso sin dal XIX secolo, ma rivisitato, imbotulinato, trasformato e somministrato ad hoc con un certo successo alle aMMmasse dipendenti da neologismi e neo-forme di allarmismo. Queste diventano prodotti dell mercato consumistico privo di frontiere etiche, che si avvale di untori a loro volta privi di autentica e concreta, quanto valida, capacità di discernimento.

L’esordio mediatico nell’infoblacktainment griffato dalla over-onesize del femminicidio, può agevolmente essere collocato il 17 Aprile 2011, quando Melania Rea venne uccisa dal marito, il caporale dell’esercito Salvatore Parolisi, soldato e addestratore senza apparente infamia né lode e appassionato frequentatore di siti dedicati a trans, prostitute e scambisti, come sovente riferito da diversi organismi di informazione.


Una razza uomo-free


Possiamo pertanto avvalerci di questo riferimento temporale per circoscrivere il periodo storico e stoico italiano che ha generato e permesso la massiccia e univoca attenzione verso gli omicidi perpetrati da soggetti di genere maschile ai danni delle donne. Da quella stessa data si inizia a sorvolare sul fenomeno speculare (ma esistente) dei delitti commessi da donne ai danni degli uomini, con l’unico intento di mettere in moto la fabbrica della casistica delle vittime di sangue rosa e contestuali reti a strascico raccatta-danaro e consensi politici.

Le attuali “comandanti Bombon”, rigorosamente ammantate di rosa shockinge pink wild room, iper-specializzate in tuttologia, propalano idee di una razza uomo-free, denigrano l’unione tra cromosomi XY e XX, incitano alla procreazione assistita attraverso la “donazione/vendita” di liquido seminale, sono trionfali pubbliciste dell’utero in affitto e della fecondazione eterologa, come pure della campagna del diritto di non procreazione e del riconoscimento di genitorialità per coppie transgender, omosessuali, o dei single.


Gli atavici e ormai démodé eterosessuali


Personalmente credo intimamente che l’amore come il sesso e pure la violenza non debbano essere relegate a una categoria o a un mero bagaglio genetico, ma allo stesso modo non posso sottrarmi dal riconoscere le leggi di Madre Natura e sento di dover rispettare i suoi paradigmi che vedono nella riproduzione di tutte le specie, siano esse vegetali o animali, la compartecipazione dell’Essere dotato di peculiarità femminili unitamente a quello con caratteristiche maschili.

Ciò ovviamente (e lo sottolineo esclusivamente per gli ipodotati di buona fede) non vuol dire denigrare, etichettare o emarginare i soggetti che hanno altri orientamenti sessuali. Significa rispettare le Leggi che governano il Creato, al quale tutti gli esseri viventi soggiaciono, compresi coloro che hanno identità e preferenze sessuali altre rispetto agli atavici e ormai démodé eterosessuali, che solitamente costituiscono coppie di XX e XY.


La necessità di un neologismo spendibile



 

 

 

 


Il battage (forse più che altro bondage) mediatico e talvolta simil-politico, che tende a silenziare le voci fuori dal coro di coloro che si dissociano dagli untori di irrazionale immunità di gregge, vorrebbe far passare il messaggio che tutte le donne siano vittime di uomini-orco. Di conseguenza, si dice, occorre un’immediata ed esplicita azione di sostegno che passi preliminarmente attraverso la distribuzione di risorse economiche ad enti e associazioni che fanno da baluardo nella lotta al maschio tout-court, depauperato di tutti i suoi pregi e portatore insano di malefici intenti contra foemina.

Da qui la necessità di un neologismo spendibile e facilmente accessibile agli ammassi di pigri consumatori e il suo utilizzo spietato, sfrontato, di spregio e incongruo oltre ogni ragionevole etica e buon gusto.

Il femminicidio, quindi, è uno strumento consumistico lessicale teso a iper-categorizzare l’omicidio, ovvero il reato di cui all’art 575 del codice penale.
Se così non fosse, dovremmo distinguere verbalmente, ancor prima che in chiave fenomenologica, i femminicidi dai maschicidi e dai gaycidi, i bambinicidi dai bambinEcidi, i transessualicidi, i travesticidi, i cinesicidi, i cattolicidi, gli ebreicidi, i buddisticidi, i parrucchiericidi, i ciclisticidi, i farlocchicidi, i truffaldinicidi, i tuttologicidi e così via all’infinito.

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