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INTERVISTA, PROCESSO PESCE: LA VERITÀ DI ULDERICO

Corte dei Conti, l’attore dà voce ai documenti: kafkiano corto circuito tra Giustizia e P.A.

L’attore lucano Ulderico Pesce, «artista “impossibile” che sarebbe piaciuto a Italo Calvino e che avrebbe incuriosito Pasolini», come lo descrive la critica teatrale, dai palcoscenici d’Italia alla realtà si è trovato catapultato al centro di un processo vero, che però potrebbe rivelare contorni pirandelliani, se non kafkiani, alla Corte dei Conti di Basilicata. I giudici lo hanno condannato a restituire 61mila euro al Ministero dell’Istruzione, soldi che non hanno nulla a che fare con l’Ulderico attore, ma riguardano l’Ulderico professore, e di conseguenza la contestata «sovrapposizione tra l’attività di docente della scuola pubblica e le attività professionali nel campo artistico culturale». Il giudizio di primo grado, potrebbe, però, essere ribaltato in Appello con conseguente e contestuale riforma della sentenza. Perché la professione di attore è incompatibile con quella di professore? Ed è proprio così? Nella ricerca a queste e altre domande chiave per comprendere la vicenda nel suo complesso, tra dettami normativi e fatti, Cronache Lucane ha ricostruito il quadro direttamente col protagonista: Ulderico Pesce. A una condizione, però: dare la voce ai documenti. E Pesce con onestà intellettuale non si è tirato indietro dinanzi alla sfida di trasparenza: ha prodotto a Cronache tutte le carte utili per ricostruire con chiarezza l’intero accaduto.

 

Conosciuto ai più per i tuoi spettacoli di denuncia, come sei diventato professore della scuola pubblica italiana?

«Mi laureai all’Università La Sapienza di Roma in Lettere. Feci il concorso per diventare professore e lo vinsi. Avevo sempre rinunciato a svolgere l’attività di professore. Poi a settembre 2015, cambiai idea ed entrai nella Scuola. Un modo per sperimentare “una didattica intrisa di metodo teatrale”. Arrivai a Palazzo San Gervasio, che non dimenticherò mai per accoglienza e gentilezza. In quell’Istituto, con un Dirigente moderno, cominciai l’attività che è testimoniata sul canale youtube “Didattica e Laboratori di Ulderico Pesce”, che ancora oggi uso per le lezioni on line. In questo Istituto mi diedero un prestampato da firmare dove chiedevo di svolgere la libera attività di attore. In quel documento, che lessi con molta superficialità, si citano vari Decreti legislativi, tra i quali l’articolo 53 del Dlgs 165 del 2001, che io avrei violato da settembre 2015 fino a maggio 2017, periodo cui risulto assunto dal Ministero dell’Istruzione e anche dal Centro Mediterraneo delle Arti. Per questa violazione la Corte dei Conti di Potenza mi condanna, in primo grado, ma i miei avvocati stanno preparando l’appello, a versare allo stesso Ministero 62mila euro. E 19mila euro all’Agenzia delle Entrate»

 

Il processo si è basato sull’articolo 53 del dlgs 165 del 2001 che regola i doveri non soltanto del controllato, ma anche del controllore. Tu conoscevi la norma?

«Ho il piacere di conoscere questo articolo da qualche mese. Ho verificato che moltissimi impiegati dello Stato non lo conoscono. Per giunta il prestampato che gira nelle scuole non dettaglia il significato dell’articolo. Solo da un anno, il modellino firmato Ministero dell’Istruzione, narra il significato dell’articolo 53 che vieta di essere assunto come lavoratore dipendente presso due enti. Se sei dipendente dello Stato non puoi stare alle dipendenze di altri. Puoi chiedere però di svolgere il lavoro con altri da libero professionista, cioè con partita Iva. Se avessi avuto contezza dell’articolo 53 mi sarei licenziato dal Centro Mediterraneo delle Arti, e avrei lavorato con la partita Iva. Ma, come tu dici, lo stesso articolo dice anche che l’amministrazione è tenuta a verificare “l’insussistenza di situazioni di conflitto di interessi”. Nel mio caso non hanno verificato evidentemente perché io ho comunicato all’Istituto di essere assunto come dipendente prima con la “dichiarazione dei servizi” consegnata il 23 dicembre 2015 dove si evince con chiarezza di essere dipendente del Centro Mediterraneo delle Arti. Poi, il 18 giugno 2016, consegnavo il mio curriculum sul quale, in prima pagina, c’è scritto che sono assunto come dipendente sia dal Ministero dell’Istruzione che dal Centro Mediterraneo. Nella relazione della tutor si evince che ha letto il curriculum, cita gli artisti con cui ho lavorato, ma non legge con attenzione la prima pagina. È una professionista eccellente. Ma c’è una svista. Ma la stessa relazione e lo stesso curriculum vengono caricati sulla piattaforma Indire, del Ministero dell’Istruzione, il quale, analizza, verifica, mette agli atti, e ti nomina professore di ruolo. Evidentemente la svista è anche del Ministero. Addirittura in data 28 marzo 2017 chiedo l’autorizzazione a un Dirigente, e scrivo se posso lavorare “all’interno del Centro Mediterraneo delle Arti”, glielo scrivo proprio, e anche in questo caso mi autorizza. Ma cosa significa all’interno del Centro Mediterraneo delle Arti se non “come lavoratore dipendente”. Evidentemente, se io sono stato leggero è stata leggera anche la Pubblica Amministrazione che era tenuta a “verificare” e rimuovere i conflitti. Solo che la Corte dei Conti di Potenza condanna in primo grado solo me. E mi condanna a dare 62 mila euro a chi avrebbe dovuto “verificare”. In effetti è convenuto al Miur non verificare. A me, in due anni ha dato 33mila euro. Ma per non aver verificato mi chiede 62mila, ne guadagna comunque 30mila. Mica male. Insomma la mia assoluta buona fede è stata totale. Questa documentazione mi ha permesso di non essere indagato e condannato per truffa. Magari per fare il professore a 1300 euro al mese, a 200 chilometri da casa, andavo anche in galera. Meno male che ho sempre scritto la verità della mia situazione professionale»

 

Il citato articolo 53 dice anche altre cose, ci puoi spiegare meglio?

«In effetti il comma 6 B dice che “sono esclusi” dalle richieste autorizzative, “i compensi derivanti dall’utilizzazione economica da parte dell’autore o inventore di opere di ingegno…” A tal proposito, un collega musicista di Parma, che oltre ad essere professore di Conservatorio, aveva anche varie attività di concertista e direttore di festival, è stato condannato a versare al Miur 533mila euro, ma poi prosciolto da tutto, non ha dovuto pagare nulla proprio perché la sua attività è “un’attività dell’ingegno umano”. Spero che nel mio caso, in appello, finisca allo stesso modo. Se non sarà così spero che i 62 mila euro vadano alle scuole di Basilicata, in modo che gli studenti lucani possano andare a teatro, leggere tanti libri, e aprirsi sempre di più alla bellezza» Da Rivello hai accettato di insegnare a Palazzo San Gervasio per mille e 300 euro al mese e negli anni successivi persino nel Cilento. Non hai nascosto né alla scuola, né tantomeno al Ministero dell’Istruzione le tue attività. Potrebbe essere che alla base della segnalazione da cui poi sono partite le indagini ci sia la volontà punitiva di qualcuno chiamato in causa in uno dei tuoi spettacoli di denuncia? «In “Storie di scorie” narro da decenni del Deposito nucleare di Rotondella, di una condotta di scarico di effluvi liquidi radioattivi nel mare tra Policoro e Rotondella, una condotta sequestrata dal giudice Pace. Narro delle coltivazioni di fragole al fianco della condotta. Tutto visibile anche sul mio sito www.uldericopesce.it. Ho raccolto firme on line per rimuovere quella condotta e ci sono riuscito. È stato rimosso il pezzo di tubo incidentato. Purtroppo permane lo scarico di liquidi nel mare. E ad aprire il rubinetto è l’Enea Sogin che poi fa gli esami sulla quantità di radioattività che ha rilasciato nel mare. Poi porto in giro per l’Italia “Asso di Monnezza”, dove descrivo gli sversamenti illeciti sul fiume Noce, a due passi dal mare di Maratea, di varie ditte, di rifiuti provenienti dall’Ilva di Taranto e dalla raffineria di petrolio Eni della stessa città. Con “Petrolio” poi narro gli “assassinii” che commette l’Eni in Basilicata e sul Delta del Niger. L’idrogeno solforato rilasciato, in Val D’Agri, non allo 0,006% a milionesimo di particella ma al 5%, e addirittura spesso al 20%. Narro di 400 tonnellate di petrolio fuoriuscite da un serbatoio al Cova di Viggiano e andate in falda. Nei pressi della Diga del Pertusillo, che dona acqua a scopi idricci alla Basilicata, alla Campania e alla Puglia. Narro dei suicidi dei due controllori della sicurezza ambientale dell’Eni e della Total. I capi della sicurezza del petrolio lucano si sono suicidati. Uno impiccato a un albero, Griffa, e un altro, Conti, si sarebbe sparato. Io dico che non credo al suicidio ma all’omicidio. Tutto questo dà fastidio? Non fa nulla. Qualche anno fa sono stato sotto protezione dei Carabinieri per un anno intero dopo aver subito danni alla macchina e a una terra agricola che coltivo. Oggi non sono più protetto ma addirittura accusato? Non fa nulla. Se provano a intimidirmi con lettere anonime che producono indagini sul mio conto facciano pure. Certo, mi auguro che un po’ di indagini serie siano rivolte anche contro le multinazionali che distruggono quotidianamente il nostro ambiente. In ogni caso alla giustizia bisogna rispondere sempre e bisogna avere fiducia negli organismi giudicanti»

 

Al di là delle categorie professionali, per l’impegno civile avresti pieno diritto ad essere riconosciuto come “anticorpo che la società si crea contro il potere”, come diceva qualcuno a proposito degli artisti. Proseguirà anche la tua battaglia legale. Ricorrerai in Appello?

«Ci sono tre gradi di giudizio. Per ora gli avvocati che mi seguono, Franco Maldonato e Giovanni Nicodemo, stanno preparando l’appello. Mi sta aiutando anche un amico che, oltre ad essere avvocato, è anche un musicista, Massimo Oriolo. Ce la faremo».

Ferdinando Moliterni

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