11 APRILE: NASCEVA A MURO IL VESCOVO MAROLDA
Ricoprì incarichi tra Potenza e Pozzuoli; il Canonico Pasquale Melucci ne scrisse l’elogio funebre
A 250 anni dalla nascita, Muro Lucano, terra natia di tanti personaggi illustri, ricorda Pietro Ignazio Marolda. “Figlio di Vincenzo Marolda e Giacinta Marolda, fratello di Giuseppantonio, Luigi, Domenico, Arcangelo, Serafino, Michele, Francesco Maria e Maria”, come riporta una genealogia.
Il famoso teologo e vescovo nacque, infatti, l’11 aprile del 1770 in Muro Lucano, città natale di San Gerardo Majella, 15 anni dopo la morte del Santo, e visse fino al 1842 dove si spense il 15 marzo in Pozzuoli, città della quale era vescovo, continuando il legame tra Sant’Alfonso Maria De Liguori, la congregazione dei Padri Redentoristi e la città di Muro.
La sua vita ecclesiastica iniziò nella congregazione del Santissimo Redentore, a 13 anni, quando era ancora vivente il fondatore della congregazione Sant’Alfonso. Fu ordinato sacerdote a 23 anni, il 27 gennaio 1793 e il 21 aprile 1822 fu consacrato vescovo di Potenza e Marsico Nuovo. Monsignor Marolda fu il 65° Vescovo di Potenza. Dal 25 al 27 maggio 1834 celebrò il sinodo diocesano potentino e, dall’8 al 10 settembre dello stesso anno, il sinodo diocesano marsicense.
Un suo ritratto si trova nella cittadina di Pagani dove ha rivestito la carica di rettore per ben 2 volte, proprio in qui fu anche promotore di diverse opere di completamento presso la Basilica di Sant’Alfonso De Liguori. Nel 1822 divenne Vescovo di Potenza e Marsico Nuovo celebrando 2 sinodi;
Il 19 maggio 1837 fu nominato vescovo di Pozzuoli, dove morì il 15 marzo 1842 “lasciando un grande esempio di rettitudine e diverse opere”.
Per la sua morte il successivo 13 aprile dell’anno 1842 nella chiesa cattedrale di Muro Lucano il signor Pasquale Melucci canonico della cattedrale scrisse e recitò l’elogio funebre a lui dedicato. Un documento preziosissimo che testimonia la vita di questo vescovo originario di Muro Lucano.
Dalle “Biografie di Redentoristi”, brevi profili scritti per conservare le memorie, si evince anche di “una grande lapide posta nella sua Muro Lucano, con una lunga epigrafe in latino”.