LE CHIESE AL TEMPO DEL CORONAVIRUS

È innegabile, sarà una domenica diversa. Anche la Chiesa si è adeguata ai tempi ed alle disposizioni cui tutti siamo sottoposti: le necessarie misure di emergenza per il contenimento del Coronavirus, ecco allora che dalle cappelle di paese, così come nelle chiese più grandi delle città, i parroci si ritrovano soli a celebrare la Santa Messa. Le campane suonano ancora, a rintocchi regolari, ma nessun fedele è ai banchi, nessuna voce partecipe al rito dell’Eucarestia. Ecco allora, che anche in questo caso la tecnologia viene in aiuto. Da Baragiano, Pescopagano, Bella, ed in molti altri paesi sugli altari arrivano le webcam o i cellulari per le dirette in rete, per connettere, almeno virtualmente i fedeli, per ritrovare, ognuno dalla propria casa, quell’intimità dell’anima che si vive nella preghiera.  Segnale forte arriva anche da Roma, dove Papa Francesco, dal 9 marzo scorso, ha deciso di dedicare la Messa quotidiana nella cappella di Casa Santa Marta proprio a questa grande emergenza sanitaria, volgendo «uno sguardo d’amore verso chi soffre» e il ringraziamento «per la grande quantità di fedeli che nel mondo, in modi diversi, sta pregando, sta celebrando Messe e sta recitando Rosari». Uno sguardo e una preghiera che il Pontefice allarga anche a chi soffre per altre cause: «Non vorrei che questo dolore, questa epidemia tanto forte ci faccia dimenticare i poveri siriani, che stanno soffrendo al limite della Grecia e la Turchia: un popolo sofferente da anni. Devono fuggire dalla guerra, dalla fame, dalle malattie. Non dimentichiamo i fratelli e le sorelle, tanti bambini, che stanno soffrendo lì». È un abbraccio collettivo dunque, quello che unisce i credenti di tutto il mondo in questo momento storico delicatissimo. Ed allora, seppur a distanza, le Chiese si uniscono, i parroci entrano nelle case, i fedeli si sintonizzano sull’unica “frequenza” della preghiera. E per un momento non si è più soli.