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BANDA DELLA UNO BIANCA, ALBERTO SAVI IN PERMESSO: UN’ANALISI DELLA CRIMINOLOGA URSULA FRANCO

La Banda della Uno Bianca è stata un gruppo criminale il cui zoccolo duro era composto da una coppia di serial killer, Roberto e Fabio Savi, due uomini determinati ad uccidere categorie di persone diverse, in situazioni diverse, con moventi diversi l’uno dall’altro

Dottoressa URSULA FRANCO

Ursula Franco è medico e criminologo, è allieva di Peter Hyatt, uno dei massimi esperti mondiali di Statement Analysis (una tecnica di analisi di interviste ed interrogatori), si occupa soprattutto di morti accidentali e suicidi scambiati per omicidi e di errori giudiziari.

Michele Buoninconti

È stata consulente dell’avvocato Giuseppe Marazzita, difensore di Michele Buoninconti; è consulente dell’avvocato Salvatore Verrillo, difensore di Daniel Ciocan; ha fornito una consulenza ai difensori di Stefano Binda dopo la condanna in primo grado all’ergastolo per l’omicidio di Lidia Macchi.

Stefano Binda
Stefano Binda, il 24 luglio 2019, è stato assolto per non aver commesso il fatto
URSULA FRANCO

La Franco è consulente di Paolo Foresta, che è difeso dall’avvocato Giovanni Pellacchia.

La dottoressa Franco tra il 2007 ed il 2008 ha analizzato le gesta criminali della cosiddetta Banda della Uno Bianca

Eccone una sintesi:

Su questo gruppo criminale, i non addetti ai lavori hanno speculato a lungo elaborando ipotesi fantasiose come quella che vuole che la Banda fosse legata ai servizi segreti, nulla di più lontano dalla realtà.

I Savi non hanno mai goduto di protezioni “altolocate”, ciò che ha condizionato negativamente le indagini, permettendo alla Banda di agire per lungo tempo indisturbata, sono stati i depistaggi del brigadiere dei carabinieri Domenico Macauda, quelli degli informatori Anna Maria Fontana e Simonetta Bersani e la disorganizzazione nelle indagini per l’assenza di coordinamento tra i magistrati e le forze dell’ordine e non un fantomatico legame tra i Savi e i servizi segreti.

Il fatto che gli inquirenti ignorassero la figura dell’omicida seriale ha contribuito a far sì che l’opinione pubblica ed i Media ritenessero credibili le ritrattazioni deliranti dei Savi e non le loro confessioni, circostanziate e concordanti 

Tra la fine degli anni ottanta e l’inizio degli anni novanta la cosiddetta Banda della Uno Bianca ha seminato morte e terrore in un’area geografica che abbraccia le provincie di Bologna, Forlì e Pesaro. Rapine, tentate rapine e omicidi apparentemente immotivati hanno caratterizzato le azioni di questa gang criminale composta dai tre fratelli Savi, di cui due poliziotti, e da altri tre agenti della Polizia di Stato.

Tra gli episodi criminosi attribuibili alla Banda della Uno Bianca, l’omicidio della guardia giurata Giampero Picello, l’omicidio della guardia giurata Carlo Beccari, l’omicidio di due carabinieri in pattuglia a Castelmaggiore, i quattro tentati omicidi di guardie giurate e l’omicidio immotivato del pensionato Adolfino Alessandri, l’omicidio di Primo Zecchi, gli omicidi di Luigi Paschi e Paride Pedini, l’omicidio di tre giovani carabinieri in pattuglia nel quartiere Pilastro a Bologna, l’omicidio di Claudio Bonfiglioli, il duplice omicidio nell’armeria di via Volturno a Bologna, l’omicidio del benzinaio Graziano Mirri, quello del fattorino Massimiliano Valenti e del bancario Ubaldo Paci, hanno suscitato un vasto allarme sociale.

La Banda della Uno Bianca è stata un gruppo criminale, dedito a rapine e omicidi, composto dai tre fratelli Savi, Roberto (Forlì, 19.05.54), poliziotto alla Squadra Mobile di Bologna, Fabio (Forlì, 22.04.60), autotrasportatore, ed Alberto, detto Luca (Cesena, 15.02.65), poliziotto presso la Polaria di Rimini e da altri tre complici, tre agenti della Polizia di Stato in forza alla Squadra Mobile di Bologna, tali Marino Occhipinti (Forlì, 25.02.65), Pietro Gugliotta (Messina, 21.05.60) e Luca Vallicelli.

Nonostante un certo livello di complementarità tra Fabio e Roberto Savi, il capo di questo gruppo criminale è stato Roberto Savi, un leader capace di esercitare un alto grado di influenza sugli altri membri della Banda e libero di reclutarne di nuovi senza consultarsi con nessuno

Fabio e Roberto sono stati l’hardcore della Banda della Uno Bianca, hanno partecipato a tutti gli eventi criminosi e hanno determinato il livello di violenza delle attività criminali del gruppo, riconosciuti colpevoli della quasi totalità dei reati di sangue ascritti alla Banda, sono stati condannati all’ergastolo.

Alberto Savi, Pietro Gugliotta, Marino Occhipinti e Luca Vallicelli sono stati membri associati e non hanno mai condiviso lo stesso grado di coinvolgimento di Roberto e Fabio ma hanno rivestito un ruolo per certi versi passivo.

In quanto gregari, non si sono mai occupati attivamente dell’organizzazione delle rapine, al contrario, solevano ricevere in macchina precisi ordini da Roberto poco prima di dirigersi verso il luogo prescelto.

Alberto Savi ha preso parte ad alcune rapine ai caselli autostradali, tra cui quella al casello di San Lazzaro, rapina durante la quale è stato ferito il casellante Ricuperati; allo scontro a fuoco durante il tentativo di estorsione ai danni di Savino Grossi; all’assalto alla Coop di via Massarenti; all’assalto all’Ufficio Postale di via Mazzini; alla rapina alla Carimonte di via Gagarin ma soprattutto al triplice omicidio dei tre carabinieri al Pilastro e per questi reati e per il reato associativo è stato condannato in via definitiva all’ergastolo.
Marino Occhipinti e Luca Vallicelli hanno partecipato alla rapina incruenta al casello di San Lazzaro, dopo la quale si è chiusa la carriera criminale di Vallicelli; Luca Vallicelli è stato condannato ad una pena irrisoria per il concorso in una sola rapina; Marino Occhipinti, avendo preso parte anche alla tentata rapina in danno della Coop di Casalecchio di Reno, una rapina conclusasi con un omicidio e tre tentati omicidi delle guardie giurate addette al prelievo dell’incasso, è stato condannato, per le due rapine e per il reato associativo, all’ergastolo.

Nel gennaio 2012 ha ottenuto la semilibertà. Dal 3 luglio 2018 è un uomo libero

Pietro Gugliotta è stato condannato in via definitiva a 20 anni per aver partecipato al tentato omicidio di un extracomunitario, tale Driss Akesbi, all’assalto all’Ufficio Postale di via Mazzini e ad alcune rapine incruente; è un uomo libero dal luglio 2007, grazie all’indulto e alla buona condotta.

Alberto Savi, Pietro Gugliotta e Marino Occhipinti hanno partecipato ad alcune attività della Banda per motivi economici, per appagare il proprio bisogno emozionale di appartenenza e per compiacere Roberto Savi, il loro leader. Al contrario, il profitto non è mai stato il vero obiettivo di Roberto e Fabio Savi che, nonostante gli introiti, a differenza dei loro gregari, non cambiarono mai il proprio tenore di vita.

La Banda della Uno Bianca è stata un gruppo criminale il cui zoccolo duro era composto da una coppia di serial killer, Roberto e Fabio Savi, due uomini determinati ad uccidere categorie di persone diverse, in situazioni diverse, con moventi diversi l’uno dall’altro.

La carriera criminale dei Savi ha avuto inizio con una serie di rapine a mano armata, risale al 19 giugno del 1987 la prima rapina ai danni del casello autostradale di Pesaro; dopo undici rapine incruente, il 31 agosto 1987, durante un tentativo di rapina ai danni del casello di San Lazzaro, i Savi ferirono il casellante Roberto Ricuperati; un mese dopo, il 3 ottobre 1987, durante un tentativo di estorsione ai danni di Savino Grossi, datore di lavoro di Fabio, i Savi spararono a tre poliziotti.

Fabio Savi, a causa di problemi alla vista, nonostante fosse un bravo tiratore, non è riuscito ad entrare in polizia come i fratelli e non ha mai avuto un lavoro regolare. Ciò che lo indusse ad uccidere furono il profondo rancore e il forte desiderio di rivincita nei confronti della società, una società che tendeva ad escluderlo facendolo sentire un fallito.

Nel caso di Roberto, la sua attività di poliziotto non compensava interamente il suo bisogno di agire violenza e la sua cronica necessità di eccitamento, per questo motivo cercò, al di fuori del lavoro, in forme estreme di violenza, ulteriori appaganti gratificazioni.

La Banda della Uno Bianca ha commesso due generi di reati: rapine più o meno cruente e aggressioni seguite ad una caccia all’uomo

Fabio e Roberto sono stati dei veri cacciatori di uomini, la partecipazione degli associati alla caccia è stata rara. Alberto è stato coinvolto solo nel triplice omicidio dei carabinieri al Pilastro e Gugliotta nel ferimento di un extracomunitario in zona Fiera, a Bologna.

Le vittime della Banda sono state di due tipi: vittime occasionali, uccise o ferite durante le rapine, e vittime programmate, quali carabinieri, nomadi ed extracomunitari, uccise o ferite durante gli episodi di caccia all’uomo.

Fabio, durante le sue deposizioni, come molti suoi colleghi serial killer, ha tentato di far passare le vittime come corresponsabili, rappresentando, a volte, l’atto di forza compiuto da lui e dai suoi complici come una risposta ad una reazione o ad un atto di forza delle vittime, arrivando spesso perfino a vantarsi delle proprie capacità in caso di conflitto.

A dispetto dei luoghi comuni, il serial killer, troppo spesso considerato una specie a parte che agisce secondo schemi rigidi e disumani, è invece, in quanto essere umano psichicamente complesso, capace di manifestarsi in modo articolato rispetto ai moventi ed alla scelta delle vittime.

Ad un’analisi superficiale i componenti della Banda della Uno Bianca rispetto ad un buon numero di omicidi commessi durante le rapine, sembrerebbero rientrare nella categoria dei killer utilitaristici, considerando omicidi utilitaristici quelli omicidi commessi per compiere più rapidamente una rapina o per aprirsi una via di fuga; in realtà, solo alcuni dei loro omicidi associati a rapine rientrano in questa categoria, in particolare gli omicidi ed i tentati omicidi delle guardie giurate negli assalti alle Coop, la tentata rapina con uso di esplosivo all’Ufficio Postale di via Mazzini, il tentato omicidio di due poliziotti accorsi mentre i Savi stavano allontanandosi dal luogo di una rapina a Gradara e il ferimento del brigadiere dei carabinieri Tamiazzo che intimò l’alt a Fabio Savi durante la fuga seguita alla rapina ad un distributore, per il resto, gli omicidi commessi dai Savi e correlati a rapine non rientrano tra gli omicidi utilitaristici ma tra gli omicidi situazionali che, secondo la definizione, sono quelli omicidi di vittime casuali commessi con un’arma da fuoco nell’atto di compiere un altro reato o mentre il soggetto sta cercando di mettersi in fuga dopo il reato stesso.

Fabio Savi ha spesso sparato a soggetti che non rappresentavano assolutamente un potenziale pericolo; Fabio sparava mosso dalla rabbia che provava per una rapina non andata a buon fine 

Gli omicidi ed i tentati omicidi per mano sua sono, a tutti gli effetti, ritorsioni per il fallimento della rapina. In specie, gli omicidi di Ubaldo Paci, di Carlo Poli, di Graziano Mirri, di Licia Ansaloni e Pietro Capolungo, i tentati omicidi di Amadesi e Zappoli, di Santini e Convertino, di Andrea Farati e di Edoardo Merendi, sono a lui ascrivibili e sono stati generati dalla sua bassa soglia di tolleranza alle frustrazioni.

Roberto, a differenza di Fabio, uccideva quando le rapine andavano a buon fine

Roberto era mosso da una sorta di euforia, un’esaltazione prodotta dall’aumento dell’adrenalina per una rapina ben riuscita. Addebiterei a Roberto, sulla base dei dati emersi dagli interrogatori e di quelli comportamentali, gli omicidi di Massimiliano Valenti, Primo Zecchi ed Adolfino Alessandri.

Alcuni degli omicidi dei Savi rientrano tra gli omicidi perpetrati per futili motivi o per divertimento

Tali omicidi, per definizione, sono quelli omicidi che vengono commessi per ottenere guadagni economici irrisori, per il divertimento di sparare a bersagli umani o per provare l’efficienza di un’arma.

Nel caso della Banda della Uno Bianca appartengono a questa categoria i tentati omicidi e gli omicidi ai danni dei nomadi e degli extracomunitari 

Nonostante Roberto e Fabio uccidessero volentieri le stesse categorie di persone non lo facevano per le stesse ragioni. Roberto uccideva nomadi ed extracomunitari per divertimento, invece Fabio quando uccideva gli extracomunitari per pulizia morale.

Infine, i Savi, mossi da sentimenti ostili nei confronti dell’autorità, sparavano a guardie giurate, carabinieri e poliziotti.

Dott.ssa URSULA FRANCO : questi omicidi rientrano nel novero degli omicidi per vendetta simbolica 
Una foto d’archivio del 13 maggio 1995 mostra Alberto Savi nella gabbia dell’aula d’assise del tribunale di Bologna durante la seconda udienza del processo per i delitti della Uno Bianca, in cui era imputato assieme ai fratelli.
ANSA / GIORGIO BENVENUTI

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