L’uccisione da parte degli americani del generale Qassem Soleimani comporterà sicuramente una escalation in tutto il Medio Oriente, perché non si uccide un generale iraniano del calibro di Soleimani senza conseguenze
Chi è il generale iraniano Qassem Soleimani ?
Soleimani, l’uomo più potente del Medio Oriente che voleva “punire” l’America
di @LUCIO LUCA su la Repubblica
Qassem Soleimani, 62 anni, comandava dal 1998 le forze Quds, cioè le unità speciali delle guardie rivoluzionarie iraniane.
Una figura leggendaria: responsabile di tutte le operazioni all’estero di Teheran e punto di riferimento strategico degli ayatollah.
L’uomo che ha ridisegnato gli scenari geopolitici del Medio Oriente in favore dell’Iran. Tanto che l’ex agente Cia John Maguire lo aveva definito “la persona operativa più potente in Medio Oriente”
Negli ultimi vent’anni Soleimani ha praticamente firmato tutte le più importanti “vittorie” militari dell’Iran.
E dire che fino al tragico 11 settembre del 2001, il generale era ritenuto assai affidabile dall’Amministrazione americana, tanto da accreditarsi come il punto di riferimento Usa nella lotta ai Talebani afgani.
Ma la caduta delle torri gemelle e l’inserimento dell’Iran, da parte di Bush, nel cosiddetto “asse del male” aveva cambiato radicalmente le carte in tavola e da quel giorno il pensiero fisso del generale iraniano era stato quello di infliggere colpi mortali al nemico di Washington.
Ancora di più da quando il comandante in capo è diventato Donald Trump.
Il comandante dei Pasdaran ha stretto nel tempo anche un legame fortissimo con Hezbollah, il gruppo armato sciita libanese al quale ha fornito supporto, armi e soldi.
Assieme a Hezbollah, Soleimani ha sostenuto Assad al potere in Siria mantenendo un fortissimo controllo a Damasco, anche grazie alle amicizie russe che al generale iraniano non sono mai mancate.
Con il comando di Soleimani le truppe iraniane e irachene hanno fermato l’avanzata dell’Isis e grazie proprio a queste ultime operazioni il carisma del generale, soprattutto in patria, era cresciuto a dismisura.
Tanto da consacrarsi come una vera e propria star con milioni di follower sul suo account Instagram.
Per i suoi sostenitori come per i suoi detrattori, Soleimani è stato dunque l’uomo chiave dell’influenza iraniana in Medio Oriente, dove ha rafforzato il peso diplomatico di Teheran, in particolare in Iraq e Siria, due paesi nei quali gli Stati Uniti sono impegnati militarmente.
“Per gli sciiti in Medio Oriente, è un mix di James Bond, Erwin Rommel e Lady Gaga”, ha scritto l’ex analista della CIA Kenneth Pollack nel suo ritratto di Soleimani per la rivista americana Time dedicata alle 100 le persone più influenti al mondo nel 2017.
Per l’Occidente, era responsabile di aver esportato la Rivoluzione islamica dall’Iran e di aver sostenuto i terroristi.
Nell’Iran in piena crisi economica era invece considerato un eroe e tanti gli avevano suggerito di lanciarsi sulla scena politica.
Ma il generale iraniano, fino a qualche settimana fa, aveva continuato a respingere le voci secondo cui avrebbe potuto candidarsi alle elezioni presidenziali del 2021.
Un alto funzionario iracheno, qualche tempo fa, lo aveva descritto come un uomo calmo e loquace.
“È seduto dall’altra parte della stanza, da solo, con molta calma. Non parla, non commenta: ascolta soltanto”, aveva detto all’inviato del New Yorker
Secondo uno studio pubblicato nel 2018 da IranPoll e dall’Università del Maryland, l’83% degli iraniani intervistati aveva un’opinione favorevole di Soleimani, superiore persino a quella del presidente Rohani e a quella del capo della diplomazia Zarif.
La sua corsa è finita nella notte a due passi dall’aeroporto di Bagdad
A passo spedito verso l’abisso
Gli USA hanno ucciso nella notte, con un lancio di missili sul convoglio di auto su cui viaggiava, il generale iraniano Qassem Soleimani: tra gli uomini più importanti della Repubblica Islamica dell’Iran, capo delle milizie dei Guardiani della Rivoluzione, molto legato agli ayatollah e dal suo popolo ritenuto una leggenda
L’omicidio non è avvenuto in Iran, ma in Iraq, a Bagdad
E a dare l’ordine di aprire il fuoco è stato lo stesso presidente americano Donald Trump
Che se ne è poi vantato sui social.
Mentre il Leader Supremo, l’ayatollah Alì Khamenei, ha già annunciato vendetta:
“Prometto una dura rappresaglia contro gli USA”
Il presidente iraniano Hassan Rohani ha detto che: “L’Iran e le altre nazioni libere del mondo si vendicheranno contro gli USA criminali”
E il vicecapo delle Guardie della Rivoluzione Mohammad Reza Naghdi ha avvertito gli USA:
“Cominciate a comprare le bare per i vostri soldati”
Perché questo attacco?
Perché si tratta di un omicidio eccellente?
E perché dovrebbe preoccuparci?
Tra gli USA e la Repubblica Islamica dell’IRAN è in corso da sempre (da oltre 40 anni) una guerra incessante, a bassa intensità sul piano militare, ad alta intensità su quello diplomatico, che però non è mai fortunatamente degenerata in guerra aperta vera e propria.
Il rischio è che simili azioni possano condurre i due paesi verso un conflitto definitivo che possa rimettere a ferro e fuoco l’intero (e a noi vicino) Medio Oriente, con conseguenze imprevedibili per tutti.
Alla base dell’omicidio ordinato da Trump del generale Soleimani potrebbero esserci tutta quella serie di attacchi e provocazioni contro gli USA in Iraq, ma non solo, dietro i quali secondo gli americani c’è sempre stato Soleimani.
Il più eclatante di tutti: l’assalto all’ambasciata USA di 5 giorni fa, guidato da un’altra vittima del raid di questa notte (che viaggiava con Soleimani): Abu Mahdi Al-Muhandis.
L’omicidio è quindi una reazione diretta a quell’assalto all’ambasciata USA
Una sorta di vendetta, ma anche una scusa per togliere di mezzo un avversario parecchio scomodo.
Il punto è che il generale Soleimani non era solo un avversario scomodo per gli USA: ma una delle figure più importanti in IRAN, un mito, una leggenda, uno che ha sempre condotto in prima linea ogni guerra in Medio Oriente contro i nemici occidentali: USA e Israele in primis.
Salvo collaborare contro l’ISIS.
Il problema è che alla guida dell’IRAN e degli USA ci sono dei fanatici dalle scarse capacità diplomatiche.
E quando questo accade, per il mondo, non è mai una bella notizia.
E le escalation sono sempre dietro l’angolo
(di @EmilioMola)
Attacco Usa in Iraq, ucciso il generale iraniano Qassem Soleimani
Le foto di ciò che resta
Attacco Usa all’Oraq: ucciso il generale iraniano Qassem Soleimani
Le immagini dell’attacco americano presso l’aeroporto di Baghdad, in Iraq, in cui è stato ucciso il generale iraniano Qassem Soleimani, capo dei Guardiani della Rivoluzione, forza militare d’élite dell’Iran, e uomo chiave del regime degli ayatollah
Ucciso il generale Qassem Soleimani. È allarme rosso in Israele
Un drone americano ha ucciso il generale Qassem Soleimani, capo della Forza Quds delle Guardie della Rivoluzione islamica e adesso si teme la reazione iraniana
Gli Stati Uniti hanno ucciso il generale Qassem Soleimani, capo della Forza Quds, le forze d’elite delle Guardie della Rivoluzione Islamica.
Secondo le prime informazioni ad uccidere il generale Soleimani e altri tre alti funzionari iraniani è stato un drone americano che lo ha colto di sorpresa mentre era appena arrivato all’aeroporto di Baghdad.
La casa Bianca ha confermato l’attacco affermando che è avvenuto con l’avvallo del Presidente Donald Trump.
Un comunicato del Dipartimento della Difesa americano afferma che «il generale Soleimani stava attivamente sviluppando piani per attaccare diplomatici e membri delle forze americane in Iraq e in tutta la regione»
Il comunicato prosegue poi affermando che «il generale Soleimani e la sua Forza Quds sono stati responsabili della morte di centinaia di membri dei servizi americani e della coalizione e del ferimento di altre migliaia di loro»
Secondo fonti iraniane nell’attacco sarebbe morto anche Abu Mahdi al-Muhandis, vice comandante delle milizie sostenute dall’Iran note come forze di mobilitazione popolari.
Allarme rosso in Israele e in tutto il Medio Oriente
L’uccisione da parte degli americani del generale Qassem Soleimani comporterà sicuramente una escalation in tutto il Medio Oriente, perché non si uccide un generale iraniano del calibro di Soleimani senza conseguenze.
Nella notte in Israele, appena arrivata la notizia dell’uccisione da parte americana del capo della Forza Quds iraniana, sono stati convocati i vertici della intelligence e delle forze armate israeliane.
Si teme che l’Iran per rappresaglia attacchi lo Stato Ebraico.
Ogni segmento della difesa israeliana è stato posto ai massimi livelli d’allerta.
Un attacco notturno rischia di portare Stati Uniti e Iran sull’orlo della guerra. Un raid statunitense sull’aeroporto di Bagdad ha ucciso il generale Qassem Soleimani, responsabile delle operazioni coperte di Teheran e uomo chiave del regime degli ayatollah.
L’ordine di colpire è stato impartito direttamente dal presidente Trump: mai il confronto tra i due Paesi era arrivato a un punto di tensione così alta.
Intorno alla mezzanotte alcuni missili hanno distrutto un convoglio delle Pmu, le Forze di mobilitazione popolare irachene, che stavano accompagnando all’aeroporto una delegazione dei Guardiani della Rivoluzione di Teheran. Due auto sono state incenerite, ammazzando cinque esponenti del movimento iracheno e due iraniani. Tra le vittime, il leader delle Pmu Abu Mahdi Al-Muhandis, l’uomo che il 30 dicembre ha spronato la folla ad assaltare l’ambasciata americana.
E soprattuto il generale Soleimani, un personaggio fondamentale nella storia recente del Medio Oriente: la sua morte è stata confermata dal Pentagono e da Teheran.
Soleimani era al comando delle brigate Qods, un’unità leggendaria che ha avuto un ruolo decisivo nei conflitti della regione. Ha animato la seconda fase dell’insurrezione anti-americana in Iraq, ha armato hezbollah libanese contro Israele, ha pilotato la repressione del regime di Damasco contro la rivolta. Poi ha indirettamente collaborato con i suoi storici nemici americani per riuscire a sconfiggere lo Stato islamico.
Più volte chiamato in causa come mente di attentati contro bersagli israeliani e statunitensi, era sempre sfuggito ai tentativi di eliminarlo o catturarlo: l’ultimo poche settimane fa.
Il raid letale è scattato meno di 24 ore dopo la fine dell’assedio all’ambasciata americana di Bagdad
All’inizio sembrava che fosse stata lanciata una salva di razzi Kathyusha, tipici delle milizie, contro una caserma irachena nei dintorni dell’aeroporto. Le prime notizie parlavano di undici soldati feriti. Pareva quindi un episodio secondario. Poi però lo scenario è cambiato radicalmente, assumendo la dinamica di un attacco condotto da droni o bombardieri.colonna delle Pmu che scortava all’aeroporto gli emissari iraniani.
I rapporti iniziali indicavano un’unica vittima eccellente: Muhammed Reda, numero tre della formazione irachena.
Più tardi sono state fonti dello stesso movimento a parlare di un’azione mirata, che ha ucciso cinque dei suoi uomini e due “ospiti importanti”, tutti a bordo delle vetture distrutte mentre si trovavano già all’interno dello scalo internazionale.
La tv di stato irachena ha infine fatto i nomi di Soleimani e Al-Muhandis, i veri bersagli dell’operazione killer.
Alcune ricostruzioni sostengono che ad aprire il fuoco sia stato un elicottero americano
E collegano l’attacco alle parole del capo del Pentagono, Mark Esper, che mercoledì aveva minacciato “azioni preventive” qualora gli Usa avessero rilevato “altri comportamenti offensivi da parte di questi gruppi, che sono tutti sostenuti, diretti e finanziati dall’Iran”
In pratica, l’Iraq si sta trasformando nel fronte più incandescente del confronto tra Washington e Teheran.
La comunità sciita irachena è da sempre legata al paese vicino, la cui influenza è continuata a crescere dopo la fine del regime di Saddam Hussein. Le milizie filo-iraniane negli ultimi mesi hanno assunto un atteggiamento sempre più aggressivo contro la presenza americana, protestando contro le basi create per combattere contro l’Isis. Una settimana fa una raffica di razzi è piovuta contro un’installazione alle porte di Kirkuk, ammazzando un contractor statunitense.
La rappresaglia non si è fatta attendere. Droni hanno bombardato una struttura di Kataeb Hezbollah, la branca militare delle Forze di Mobilitazione Popolare, uccidendo venticinque uomini. Come risposta, il 30 dicembre Al-Muhandis ha lanciato un appello e radunato la folla contro l’ambasciata americana della capitale. Le recinzioni esterne sono state divelte e per due giorni la sede diplomatica è stata stretta d’assedio, riportando sugli schermi degli States l’incubo di una replica di quanto accadde a Teheran nel 1979. Solo le imponenti difese del complesso, la più grande ambasciata statunitense del mondo, hanno impedito che accadesse il peggio.
Mercoledì primo gennaio, i leader delle Pmu hanno ordinato di interrompere la protesta. E per poche ore è tornata la calma. Iran e Stati Uniti si sono scambiati accuse di fuoco. Mentre il Pentagono ha deciso di rinforzare lo schieramento in Medio Oriente: è stata disposta la partenza di 750 paracadutisti verso la capitale irachena e di 3000 marines verso il Kuwait.
Giovedì per tutto il giorno è stato segnalato un intenso traffico di velivoli militari americani diretti verso la regione, con decine di grandi cargo C-17 che hanno attraversato il Mediterraneo, atterrando nelle basi in Turchia e Arabia Saudita. Un ponte aereo senza precedenti in tempo di pace, tale da far pensare alla premessa per un conflitto. E il raid contro l’aeroporto di Bagdad rischia di scatenarlo realmente, perché è facile prevedere una risposta durissima di Teheran.
La morte di Soleimani è una perdita troppo grave, che mina la credibilità degli ayatollah in un momento di pesanti proteste interne.
Inevitabile che la reazione sia altrettanto forte:
“Il martire sarà vendicato con tutta la forza”
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