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Luciano Benetton, presidente esecutivo del gruppo tessile, scrive per «fare chiarezza» sulla questione Autostrade, per la quale «non cerco indulgenza»

LUCIANO BENETTON “che la giustizia faccia il suo corso con rapidità e si possano finalmente dare risposte chiare a tante domande”

LUCIANO BENETTON

Autostrade, la lettera di Luciano Benetton
“Gentile direttore,
trovo necessario fare chiarezza su un grande equivoco, nessun componente la famiglia Benetton ha mai gestito Autostrade. La famiglia Benetton è azionista al 30 per cento di Atlantia che a sua volta controlla la società Autostrade. Atlantia è una azienda quotata in borsa che ha il 70 per cento di azionisti terzi nazionali e internazionali, tra cui sono presenti importanti fondi sovrani e investitori a lungo termine, che nulla hanno a che vedere con la famiglia Benetton. Le notizie di questi giorni su omessi controlli, su sensori guasti non rinnovati o falsi report, ci colpiscono e sorprendono in modo grave, allo stesso modo in cui colpiscono e sorprendono l’opinione pubblica. Ci sentiamo feriti come cittadini, come imprenditori e come azionisti. Come famiglia Benetton ci riteniamo parte lesa.

Di sicuro ci assumiamo la responsabilità di aver contribuito ad avvallare la definizione di un management che si è dimostrato non idoneo, un management che ha avuto pieni poteri e la totale fiducia degli azionisti e di mio fratello Gilberto che per come era abituato a lavorare, di sicuro ha posto la sicurezza e la reputazione dell’azienda davanti a qualunque altro obiettivo. Sognava che saremmo stati i migliori nelle infrastrutture.

Non cerco indulgenza per Autostrade, chi ha sbagliato deve pagare, ma quello che trovo inaccettabile, è la campagna di odio scatenata contro la nostra famiglia, con accuse arrivate da subito e che continuano tutt’ora con veemenza da parte di esponenti del governo, come l’onorevole Di Maio, che addita la famiglia come fosse collusa nell’aver deciso scientemente di risparmiare sugli investimenti in manutenzioni. In pratica come fosse malavitosa. Questo è inaccettabile, chi ci conosce sa come lavoriamo, basta guardare i risultati ottenuti con Autogrill o l’aeroporto di Roma, due realtà che sono diventate leader a livello internazionale. Siamo azionisti di lungo periodo che si sono sempre posti come obiettivo la crescita del valore delle aziende tenuto conto dell’interesse di tutti, utenti, clienti, lavoratori, investitori e azionisti.

Non cerco giustificazioni, da quanto sembra l’organizzazione di Autostrade si è dimostrata non all’altezza, non è stato mantenuto il controllo necessario su tutti i settori di un sistema così complesso. Una struttura è fatta di uomini e qualche mela marcia può celarsi dappertutto. Leggere di intercettazioni tra tecnici che falsificano delle relazioni è inconcepibile, a chi giova mettere a rischio le strutture? A chi? Per risparmiare cosa? Quando il rischio è tale che qualsiasi risparmio ne verrebbe annientato, come dimostra il caso del ponte Morandi. È una domanda a cui non riesco a rispondere.

Noi ci auguriamo che la giustizia faccia il suo corso con rapidità e si possano finalmente dare risposte chiare a tante domande. Nel frattempo mi appello alle istituzioni e ai media affinché trovino il giusto linguaggio per trattare questi argomenti, la scelta del capro espiatorio da linciare sulla pubblica piazza è la più semplice ma anche la più rischiosa. Chi come noi fa impresa e ha la responsabilità di decine di migliaia di dipendenti si aspetta serietà, soprattutto dalle istituzioni, serietà non indulgenza.”

Luciano Benetton scrive al governo:

«No alla campagna d’odio»

Una lettera in difesa della famiglia:

Luciano Benetton, presidente esecutivo del gruppo tessile, scrive per «fare chiarezza» sulla questione Autostrade, per la quale «non cerco indulgenza»

spiega

«chi ha sbagliato deve pagare, ma quello che trovo inaccettabile è la campagna di odio scatenata contro la nostra famiglia, con accuse arrivate da subito e che continuano tuttora, con veemenza da parte di esponenti del governo, come l’onorevole di Maio, che addita la famiglia come fosse collusa nell’aver deciso scientemente di risparmiare sugli investimenti di manutenzioni. In pratica come fosse malavitosa. Questo è inaccettabile»

Benetton cerca di fare chiarezza su «un grande equivoco»
spiegando che

«nessun componente della famiglia Benetton ha mai gestito Autostrade. La famiglia Benetton è azionista al 30% di Atlantia, che a sua volta controlla la società Autostrade»

E Atlantia, ricorda l’imprenditore veneto, è un’azienda quotata in Borsa che

«ha il 70% di azionisti terzi nazionali e internazionali»

Le notizie sugli omessi controlli, sui sensori guasti o sui falsi report

«ci colpiscono e sorprendono in modo grave allo stesso modo in cui colpiscono e sorprendono l’opinione pubblica. Ci sentiamo feriti come cittadini, come imprenditori e come azionisti. Come famiglia Benetton ci riteniamo parte lesa»

Nello stesso tempo, però, la famiglia si assume

«la responsabilità di aver contribuito ad avvallare la definizione di un management che si è dimostrato non idoneo, un management che ha avuto pieni poteri e la totale fiducia degli azionisti e di mio fratello Gilberto»

di cui ricorda il modo in cui era abituato a lavorare:

«Di sicuro ha posto la sicurezza e la reputazione dell’azienda davanti a qualunque altro obiettivo. Sognava che saremmo stati i migliori nelle infrastrutture»
«Chi ci conosce sa come lavoriamo basta guardare i risultati ottenuti con Autogrill o l’aeroporto di Roma»

I Benetton sono

«azionisti di lungo periodo» che hanno sempre avuto «come obiettivo la crescita e il valore delle aziende tenuto conto dell’interesse di tutti»

Luciano Benetton non cerca «giustificazioni»:

«Da quanto sembra, l’organizzazione di Autostrade si è dimostrata non all’altezza, non è stato mantenuto il controllo necessario su tutti i settori di un sistema così complesso»

E si domanda, senza trovare una risposta

«a chi giova mettere a rischio le strutture? Per risparmiare cosa? Quando il rischio è tale che qualsiasi risparmio ne verrebbe annientato, come dimostra il caso del ponte Morandi»

Benetton si augura che «la giustizia faccia il suo corso con rapidità» e si appella

«alle istituzioni e ai media affinché trovino il giusto linguaggio per trattare questi argomenti, la scelta del capro espiatorio da linciare sulla pubblica piazza è la più semplice ma anche la più rischiosa»

«Chi come noi fa impresa si aspetta serietà, soprattutto dalle istituzioni, serietà non indulgenza»

L’imprenditore manda una lettera ai giornali attaccando Di Maio e la parte del governo che dopo i 43 morti di agosto 2018 aveva subito chiesto la revoca delle concessioni. E prende le distanze da suo fratello Gilberto, che un anno fa aveva difeso i dirigenti di Autostrade e Atlantia


“Di sicuro ci assumiamo la responsabilità di aver contribuito ad avallare la definizione di un management che si è dimostrato non idoneo, un managementche ha avuto pieni poteri e la totale fiducia degli azionisti e di mio fratello Gilberto che per come era abituato a lavorare, di sicuro ha posto la sicurezza e la reputazione dell’azienda davanti a qualunque altro obiettivo. Sognava che saremmo stati i migliori nelle infrastrutture”

Luciano Benetton, tra i fondatori del gruppo industriale insieme ai fratelli Giuliana, Gilberto e Carlo, parla così in una lettera inviata e pubblicata oggi da alcuni quotidiani. Scrive di una “campagna d’odio” che si è abbattuta sulla sua famiglia dopo il crollo del Ponte Morandi il 14 agosto 2018, che provocò la morte di 43 persone e definisce i Benetton “parte lesa” rispetto ai fatti di Genova, perché “nessun componente della famiglia Benetton ha mai gestito Autostrade“

Poi precisa:

“Non cerco giustificazioni, da quanto sembra l’organizzazione di Autostrade si è dimostrata non all’altezza, non è stato mantenuto il controllo necessario su tutti i settori di un sistema così complesso. Una strutturaè fatta di uomini e qualche mela marcia può celarsi dappertutto”

Punta quindi il dito contro il management di Autostrade, lo stesso che, però, aveva difeso suo fratello Gilberto – morto il 22 ottobre 2018 – in un’intervista il 6 settembre 2018 al Corriere della Sera, con la quale a 24 giorni dal crollo aveva rotto il silenzio.

“Ero in vacanza, come credo la maggior parte degli Italiani. Ad un tratto il dramma, e tutto è cambiato: anche per noi sono iniziati giorni di sofferenza e di cordoglio. Siamo stati costantemente vicini, nel ruolo di azionisti, alle decisioni prese dai manager di Autostrade per l’Italia, e al lavoro che loro hanno svolto per iniziare a capire ciò che era successo e per mettere a punto i primi interventi e i primi aiuti alla città di Genova, interventi che continuano con grande determinazione e per affrontare le difficoltà che i cittadini della città continuano a vivere”

Parlando poi della riconferma di Fabio Cerchiai al vertice di Atlantia, Gilberto puntualizzava di conoscerlo da molti anni e di avere in lui “lamassima stima e fiducia, come sono sempre stato convinto della serietà, della competenza e dell’eccellenza del management di Autostrade e di Atlantia“

Garantendo poi la “totale collaborazione” di Autostrade con le istituzioni, aggiungeva che

“come azionisti che siedono anche nel consiglio di amministrazione della società, abbiamo il compito di dare gli stimoli e indicare le linee guida per lo sviluppo e la crescita dell’azienda, per farla eccellere nelle sue attività, in tutti i campi, supportando il management, ma mai sostituendoci ad esso”
Luciano Benetton: “Come famiglia ci riteniamo parte lesa”
“Non cerco indulgenza per Autostrade chi ha sbagliato deve pagare, ma quello che trovo inaccettabile, è la campagna di odio scatenatacontro la nostra famiglia, con accuse arrivate da subito e che continuano tutt’ora con veemenza da parte di esponenti del governo, come l’onorevole Di Maio, che addita la famiglia come fosse collusa nell’aver deciso scientemente di risparmiare sugli investimenti in manutenzioni. In pratica come fosse malavitosa“

Un atteggiamento che “inaccettabile, chi ci conosce sa come lavoriamo, basta guardare i risultati ottenuti con Autogrill o l’aeroporto di Roma, due realtà che sono diventate leader a livello internazionale”

La tragedia del Ponte Morandi ha infatti segnato l’inizio della battaglia del Movimento 5 Stelle per la revoca della concessione ad Autostrade, controllata da Atlantia che ne è azionista per il 30%, come ricorda lo stesso Luciano.

“Nessun componente della famiglia Benetton ha mai gestito Autostrade. La famiglia Benetton è azionista al 30% di Atlantia che a sua volta controlla la società Autostrade. Atlantia è una azienda quotata in borsa che ha il 70% di azionisti terzi nazionali e internazionali, tra cui sono presenti importanti fondi sovrani e investitori a lungo termine, che nulla hanno a che vedere con la famiglia Benetton. Le notizie di questi giorni su omessicontrolli, su sensori guasti non rinnovati o falsi report, ci colpiscono e sorprendono in modo grave, allo stesso modo in cui colpiscono e sorprendono l’opinione pubblica. Ci sentiamo feriti come cittadini, come imprenditori e come azionisti. Come famiglia Benetton ci riteniamo parte lesa”

Per Benetton

“leggere di intercettazioni tra tecnici che falsificano delle relazioni, è inconcepibile, a chi giova mettere a rischio le strutture? A chi? Per risparmiare cosa? Quando il rischio è tale che qualsiasi risparmio ne verrebbe annientato, come dimostra il caso del ponte Morandi. È una domanda a cui non riesco a rispondere”

E augurandosi

“che la giustizia faccia il suo corso con rapidità e si possano finalmente dare risposte chiare a tante domande”

spiega che nel frattempo

“mi appello alle istituzioni e ai media affinché trovino il giusto linguaggio per trattare questi argomenti, la scelta del capro espiatorio da linciare sulla pubblica piazza è la più semplice ma anche la più rischiosa. Chi come noi fa impresa e ha la responsabilità di decine di migliaia di dipendenti si aspetta serietà, soprattutto dalle istituzioni, serietà non indulgenza”

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