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Torino, GIOVANNINO neonato colpito da Ittiosi Arlecchino: in tanti vogliono adottarlo, la solidarietà nazionale ha vinto

“È un bimbo sveglio che sorride e ama essere portato in giro. Nelle ultime ore sono giunte molte telefonate di famiglie disposte ad adottarlo, ma occorre essere consapevoli che il piccolo necessita di molte cure, la pelle si spacca facilmente e deve essere trattata almeno tre volte al giorno con olio e crema idratante. Il rischio di contrarre infezioni è molto alto”

Torino, neonato colpito da Ittiosi Arlecchino: in tanti vogliono adottarlo, la solidarietà nazionale ha vinto

È scattata una gara di solidarietà per trovare una famiglia a Giovannino, il bimbo di appena quattro mesi affetto da una rarissima e al momento incurabile patologia della pelle, la Ittiosi Arlecchino, abbandonato dai genitori all’ospedale Sant’Anna di Torino.

La Casa dell’Affido del Comune di Torino, insieme al Tribunale dei minori di Torino, valuterà le richieste di affido e adozione che, in queste ore, stanno arrivando da ogni parte d’Italia.

La proposta del Cottolengo di Torino

La Piccola Casa della Divina Provvidenza, conosciuta come Cottolengo, si è resa disponibile ad accogliere Giovannino

Don Carmine Arice, padre generale del Cottolengo, ha scritto una lettera indirizzata direttamente al bimbo:

“Quando questa mattina abbiamo letto la tua storia, così breve ma già così importante, ci è venuto subito, nel cuore il desiderio di accoglierti tra noi”

E ancora:

“Sai, don Giuseppe Cottolengo ha voluto una casa proprio per quanti fanno fatica a trovarne una perché la loro situazione di vita o di salute era particolarmente difficile”

Prosegue la lettera

“E così vogliamo continuare a fare anche noi. Sai, alcuni pensano ancora a casa nostra come un luogo dove abita gente che e’ bene non mostrare in giro, o che è segregata chissà in che modo”

Scrive don Carmine al piccolo.

“In realtà, sempre di più la Piccola Casa che, se sarà necessario, è disposta ad essere la tua casa, sta modulando risposte diverse a domande diverse. C’è chi ha bisogno di una struttura sanitaria, chi ha bisogno di una casa di cura o di assistenza perché non autosufficiente, chi di una scuola, chi di una casa famiglia, chi di una comunità di accoglienza”
“Anche per te, caro Giovannino, vorremmo pensare un’accoglienza degna del valore infinito della tua esistenza”

Conclude il padre generale del Cottolengo

“Con tutto ciò che sarà necessario e nelle modalità che richiede una situazione così particolare come la tua: insomma una casa con persone che ti vogliono bene e si prendono cura di te fino a quando sarà necessario. Se poi ci sarà una famiglia, con un papà e una mamma che vorranno essere tuoi genitori, saremo contenti di affidarti a loro”

Torino, bimbo affetto da Ittosi Arlecchino abbandonato in ospedale dai genitori

All’ospedale ostetrico-ginecologico Sant’Anna di Torino c’è un bimbo di quattro mesi, affetto da una rarissima e al momento incurabile patologia della pelle, la Ittiosi Arlecchino, abbandonato dai genitori dopo la nascita.
Il piccolo è stato concepito con una fecondazione eterologa e avrebbe già superato la fase più acuta che, per quel tipo di malattia, congenita, è quasi sempre fatale già nei primi giorni di vita.
È ricoverato nel reparto di terapia intensiva neonatale del Sant’Anna, dove le infermiere se ne prendono cura.
Ma l’ospedale sta cercando una struttura che possa prendersi carico del neonato, che necessita di assistenza continua, quando avrà superato i sei mesi di vita.
L’Ittiosi Arlecchino è così poco frequente – colpisce un neonato su un milione – da non essere neppure compresa nell’elenco delle malattie rare.
La pelle si divide in grosse squame e chiazze – da cui il riferimento alla celebre maschera Arlecchino – e non può mai essere esposta al sole.

Giovannino è un bimbo di 4 mesi affetto da una malattia genetica rara e incurabile, la “Ittiosi Arlecchino”, che colpisce una persona su un milione e trasforma la pelle del neonato, squamosa e simile a quella dei pesci, in una sorta di corteccia dura, che si spacca al minimo movimento e che necessita di continue cure. Quando il piccolo è nato i genitori hanno deciso di non occuparsene, lasciandolo all’ospedale Sant’Anna di Torino che da allora è diventata la sua casa. Solitamente i neonati colpiti dalla malattia muoiono nelle prime settimane, ma Giovannino continua a lottare nel reparto di terapia intensiva diretto da Daniele Farina.

“È un bimbo sveglio che sorride e ama essere portato in giro – spiega il medico -. Nelle ultime ore sono giunte molte telefonate di famiglie disposte ad adottarlo, ma occorre essere consapevoli che il piccolo necessita di molte cure, la pelle si spacca facilmente e deve essere trattata almeno tre volte al giorno con olio e crema idratante. Il rischio di contrarre infezioni è molto alto”

Bambini con la Ittiosi Arlecchino in Italia ne nascono uno ogni due anni e mezzo e l’ultimo caso al Sant’Anna risale a oltre trent’anni fa.

“Stiamo girando le tante richiesta di adozione alla Casa dell’affido del Comune che farà le proprie valutazioni – conclude Farina – di certo si è attivata una catena di solidarietà che ha sorpreso tutti”

Definizione della malattia

L’ittiosi “Arlecchino” (HI) è la variante più grave dell’ittiosi congenita autosomica recessiva (ARCI). È caratterizzata, alla nascita, da squame grandi, spesse e simili a placche su tutto il corpo (con grave ectropion, eclabium e orecchie appiattite), che evolvono in seguito in una grave eritrodermia desquamativa.

Riassunto ~ Dati epidemiologici ~ La prevalenza è stimata in meno di 1/1.000.000.

Descrizione clinica

I neonati affetti sono avvolti da una membrana di collodio (membrana translucida, brillante e tesa che assomiglia a uno strato cutaneo aggiuntivo), associata a placche a corazza, distribuite su tutto il corpo, che limitano gravemente il movimento. I segni facciali sono alterati da grave ectropion, edema congiuntivale, eclabium e naso ampio. I neonati spesso presentano contratture, sinechie dei padiglioni auricolari e/o delle dita dei piedi con potenziale rischio di autoamputazione. La mortalità è elevata nel periodo neonatale, in quanto i bambini sono suscettibili di una grave disregolazione della temperatura, problemi alimentari, infezioni e disturbi respiratori. Quando sopravvivono, la membrana di collodio si stacca dopo poche settimane e si trasforma in una eritrodermia con desquamazione grave ed ectropion persistente. Altri segni clinici spesso correlati sono il cheratoderma palmoplantare, il ritardo della crescita, la bassa statura, le malformazioni delle orecchie e delle dita, le anomalie ungueali e l’alopecia.

Dati eziologici

L’HI è dovuta alle mutazioni recessive del gene ABCA12, che codifica per un trasportatore ABC (cassetta che lega l’ATP) coinvolto nel trasporto dei lipidi, dai granuli lamellari alla superficie apicale dei cheratinociti dello strato granuloso. La correlazione genotipo-fenotipo è ancora poco chiara, anche se si ritiene che la maggior parte delle mutazioni patogenetiche comporti una grave perdita della funzione della proteina ABCA12, che interessa importanti domini nucleotidici o domini transmembrana, con il conseguente difetto di funzione della barriera lipidica.

Metodi diagnostici

La diagnosi si basa sull’esame clinico. La biopsia non è utile, anche se rivela un’ortoipercheratosi compatta massiva. L’esame ultrastrutturale della cute mostra corpi lamellari anomali e una secrezione ridotta dei granuli lamellari nello strato corneo. L’analisi molecolare, quando disponibile, rivela le mutazioni di ABCA12.

Diagnosi differenziale

L’HI può essere confusa con le forme meno gravi di collodium baby. In seguito, la diagnosi differenziale si pone con l’eritrodermia ittiosiforme congenita (CIE), la dermopatia restrittiva letale, l’ialinosi sistemica infantile e la sindrome di Neu-Laxova.

Diagnosi prenatale

È indicata la diagnosi prenatale, che consiste nell’analisi del DNA sugli amniociti o sui villi coriali, piuttosto che nelle biopsie della cute fetale. L’ultrasonografia mostra desquamazione diffusa, contratture delle dita, padiglioni auricolari rudimentali e appiattiti, ipoplasia del naso, rime palpebrali estroflesse, bocca tipica da pesce, bocca aperta nella vita fetale e macroglossia.

Consulenza genetica

La malattia è trasmessa come carattere autosomico recessivo. Alle famiglie affette deve essere offerta la consulenza genetica per informarle del rischio di ricorrenza del 25%.

Presa in carico e trattamento

Nel periodo neonatale, la presa in carico richiede un approccio multidisciplinare (oftalmologi, chirurghi, dietologi e psicologi a supporto della famiglia). Potrebbe rendersi necessaria la gastrostomia. Sono raccomandati gli emollienti e i retinoidi orali (1mg/kg/d). È importante limitare le procedure invasive per evitare le infezioni cutanee. La presa in carico dei bambini che sopravvivono è simile a quello della CIE grave e consiste nell’uso di emollienti, di cheratolitici e di retinoidi.

Prognosi

L’HI si associa a sostanziale morbilità (<50%) e mortalità immediatamente dopo la nascita. I bambini che sopravvivono hanno un’attesa di vita normale, anche se possono sviluppare una grave malattia cutanea con interessamento degli occhi, associata a ectropion persistente, ritardo nel raggiungimento delle tappe miliari dello sviluppo, in particolare motorio e sociale.

{Revisore esperto: Pr Juliette MAZEREEUW-HAUTIER – Ultimo aggiornamento: Gennaio 2012}

AGGIORNAMENTI

#IttiosiArlecchino All’Ospedale Sant’Anna di Torino la riservatezza è stata mantenuta per mesi, ma ora, che la notizia è di pubblico dominio, una riflessione è necessaria.

Comprendo perfettamente la scelta dei genitori di non riconoscere il neonato. Una scelta doppiamente dolorosa, perché giunta improvvisa al termine atteso di una gravidanza desiderata. Chiunque di noi, potendo conoscere la diagnosi durante la gravidanza, abortirebbe. Chiunque di noi dovrebbe cercare di identificarsi con i genitori.

Per capire cosa sia la Ittiosi Arlecchino, la variante peggiore della Ittiosi Autosomica Congenita, bisogna avere il coraggio di guardare le foto reperibili su qualsiasi motore di ricerca. C’è da sperare davvero che non sopravviva, mentre è necessario garantire una assistenza adeguata per il periodo che dovesse sfuggire alla morte.

Ora molti si offrono di accoglierlo, tra questi il Cottolengo, che ha una lunga esperienza per i casi più disperati. L’augurio e che possa trovare un ambiente accogliente, riservato, che lo assista amorevolmente per il periodo che sarà necessario.

Non dobbiamo essere eroi, ma rimanere pietosi nelle avversità, senza l’arroganza di ergersi a giudici di quello che pensiamo non saremo mai. Quei genitori, qualunque cosa pensassero prima della “disgrazia”, siamo tutti noi.

#Giovannino Per prima cosa, se nessuno l’avesse ancora fatto, come medico dell’Ospedale Sant’Anna e della A.O.U Città della Salute e della scienza di Torino, sento il dovere di scusarmi con i genitori per la fuga di notizie.

Una vicenda così unica, grave e inattesa, non meritava la gogna mediatica a cui sono sottoposti i genitori. Ma anche gli operatori che si sono occupati del caso. La sofferenza per i genitori è inimmaginabile, non liquidabile con battute da caserma, e ogni inappropriato commento pubblico rischia di lacerarne le ferite. Solo chi si approccia in modo ideologico, deresponsabilizzato, colpevolista, può non immedesimarsi.

Non basta trincerarsi dietro un nome di fantasia per il bimbo e mi aspetto che la segretezza sui genitori sia meglio mantenuta. Metafora per metafora, se tra i “quaranta papà “e le “dieci mamme”, nonché tutti quelli interpellati in questi mesi, nessuno abbia avuto il coraggio di procedere alla adozione di Giovannino, ci sarà pure una ragione.

La seconda cosa, che mi sento di dire, è che #non si è trattato di una fecondazione #eterologa. Un dettaglio che dovrebbe essere irrilevante, ma che è servito da pretesto per accentuare l’ipocrisia degli scandalizzati d’ufficio.

Sin dalla nascita la vicenda è stata “canalizzata” verso una adozione pietosa, che non può che avvenire in una struttura misericordiosa e compassionevole come il #Cottolengo di Torino.

Si può dire, senza timore di essere smentito, che per i genitori occasionali non ci potesse essere altra scelta. Soprattutto nei primi giorni dopo la nascita. Quando personale, sorpreso e smarrito, deve avere anche esitato a mostrare il neonato alla madre. Una immagine completamente diversa dalle foto dei neonati, che accompagnano gli articoli del caso sui giornali.

Non so cosa augurarmi per Giovannino, ma so che ogni considerazione deve partire dalla onesta constatazione che ognuno di noi avrebbe fatto come i genitori, patito lo stesso calvario e subito le stesse devastanti conseguenze. Non c’è nessun bisogno, tanto meno in nome di Giovannino, di colpevolizzare i genitori.

“Giovannino non è nato da fecondazione eterologa”: la verità di un medico del Sant’Anna di Torino
dott. Silvio Viale

E nel suo lungo post su Facebook esordisce così: “Sento il dovere di scusarmi con i genitori per la fuga di notizie”

“Non si è trattato di una fecondazione eterologa. Un dettaglio che dovrebbe essere irrilevante, ma che è servito da pretesto per accentuare l’ipocrisia degli scandalizzati d’ufficio”

E’ con questa puntualizzazione che sulla vicenda di Giovannino, il neonato di 4 mesi abbandonato da papà e mamma in ospedale per la rara malattia che lo affligge, interviene il ginecologo Silvio Viale, medico del Sant’Anna di Torino, dov’è in cura il piccolo, ed esponente dei Radicali.

E’ così che il medico cerca di chiarire la situazione finita in una bufera mediatica: “Una vicenda così unica, grave e inattesa, – scrive nel suo lungo post su Facebook, – non meritava la gogna mediatica a cui sono sottoposti i genitori. Ma anche gli operatori che si sono occupati del caso. a sofferenza per i genitori è inimmaginabile, non liquidabile con battute da caserma, e ogni inappropriato commento pubblico rischia di lacerarne le ferite. Solo chi si approccia in modo ideologico, deresponsabilizzato, colpevolista, può non immedesimarsi”

Giovannino è affetto da una rarissima e incurabile patologia della pelle ed è stato abbandonato dai genitori all’ospedale Sant’Anna di Torino subito dopo la nascita. Ora si è in attesa che il Comune di Torino, insieme al Tribunale dei Minori, decida a chi affidarlo. Mentre il mondo politico si divide tra chi, come i Radicali, pensa che per Giovannino “sia meglio non sopravvivere” e chi, come Fratelli d’Italia, critica “la cultura della morte”.

Il piccolo ha da poco compiuto quattro mesi. Ha il corpo ricoperto di placche e squame a causa di una malattia genetica chiamata Ittiosi Arlecchino. Una patologia rarissima, che colpisce un bimbo su un milione. Non ha problemi neurologici, ma è completamente sfigurato da croste e vesciche che rendono impossibile anche solo intravederne gli occhi. “E’ un bambino normale – spiegano i medici – Con una malattia che richiede enorme impegno e dedizione”. Una malattia che i suoi genitori, forse per paura, forse per questioni economiche, non se la sono sentita di affrontare.

“Sin dalla nascita – continua Viale – la vicenda è stata ‘canalizzata’ verso una adozione pietosa, che non può che avvenire in una struttura misericordiosa e compassionevole come il Cottolengo di Torino. Si può dire, senza timore di essere smentito, che per i genitori occasionali non ci potesse essere altra scelta. Soprattutto nei primi giorni dopo la nascita. Quando personale, sorpreso e smarrito, deve avere anche esitato a mostrare il neonato alla madre”

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Maria Teresa Trivisano

Ho intervistato il dott. Silvio Viale (intervista a questo link https://bit.ly/32n71ix ) e posso ribadire che è stata l’intervista più vera e umana che abbia mai fatto.

Da donna, da eventuale madre e da giornalista.
Sul caso del bambino affetto da Ittiosi Arlecchino sottoscrivo ogni singola parola di un medico che ha le palle di fare seriamente il suo lavoro.

“Non dobbiamo essere eroi, ma rimanere pietosi nelle avversità, senza l’arroganza di ergersi a giudici di quello che pensiamo non saremo mai. Quei genitori, qualunque cosa pensassero prima della “disgrazia”, siamo tutti noi.”

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Caso Giovannino, il ginecologo Silvio Viale: «Gara di adozioni penosa: vi spiego cosa significa davvero curarlo»

Finito nella bufera per un durissimo post sulla vicenda del neonato abbandonato a Torino, il medico punta il dito su chi «non si è preso la briga di capire» la gravità del caso

https://open.online?p=155110

«Partiamo da un fatto: così come è stata lanciata, la notizia è falsa. Non è stata una fecondazione eterologa, ma una semplice fecondazione assistita, cioè i gameti erano dei genitori biologici». A parlare è Silvio Viale, classe 1957, ginecologo dell’ospedale ginecologico Sant’Anna di Torino. Ha militato nei Verdi e nel partito Radicale ed è ex presidente del Comitato Nazionale di Radicali Italiani oltre ad essere dirigente dell’Associazione Luca Coscioni.

Noto per il suo attivismo, combatte da sempre per il diritto all’aborto, ma non solo: è famoso infatti, tra le altre cose, il suo impegno a favore dell’uso della Ru486 (la pillola abortiva, ndr).

In queste ore è protagonista di un post che sta diventando virale in cui esprime – in quanto medico del reparto – alcune considerazioni sulla storia di Giovannino, il neonato affetto da Ittiosi Arlecchino – «una malattia più unica che rara» – e che, a causa della patologia contratta, è stato abbandonato dai genitori, in ospedale, dopo la sua nascita.

Professore, quante possibilità c’erano di prevedere una malattia di questo genere?

«In una parola: nessuna. Malattie di questo genere necessiterebbero di amniocentesi, e quand’anche si ricorresse a questa pratica, bisognerebbe scovare circa 6000 geni che ti dicano che c’è il pericolo il neonato nasca malato. Ci deve essere un portatore perché si possa prevedere. E questo non era il caso»

Cosa comporta l’Ittiosi Arlecchino dal punto di vista delle terapie e delle spese mediche?

«Sono costi inimmaginabili, parliamo di migliaia di euro e terapie continue. Sarò molto franco e crudele: non è come avere la sindrome di down, qui si parla di una malattia per cui esistono basse possibilità di sopravvivenza. E chi sopravvive è sottoposto a cicli ininterrotti di controlli, interventi, e chissà che altro. Non è uno scherzo»

Giornali, internet: come giudica la gara di solidarietà?

«La giudico una cosa penosa, mi dispiace dirlo. E troppo facile sorridere, fare i pietosi e mostrare magnanimità a parole, facendo telefonate a vuoto. Il punto è che nessuno si è preso la briga di capirci qualcosa, nessuno sa a cosa sta andando incontro e nessuno ha voluto, per ora, sapere nulla di Giovannino».

Cosa ha innescato la fuga di notizie, visto che il caso risale a quattro mesi fa?

«Dicono, così ho letto su La Stampa, sia stata la confidenza di un’infermiera alla persona sbagliata. Ma il punto non è questo: il punto è che dopo un tot di mesi l’ospedale non sa come affrontare questo problema, la fuga di notizie c’è stata perché ora il grande interrogativo è: a chi lo diamo questo neonato? Anche perché dopo quattro mesi di degenza, la Regione Piemonte non provvede neanche più ai costi per il ricovero.

Quindi è da qui che nasce il caso.

«Sì, e mi scuso profondamente, anche se non sono io l’artefice, per questa gogna mediatica cui sono sottoposti i genitori. Un dolore immenso deve essere per una coppia che si era già dannata per la gravidanza e ora si danna per l’epilogo della storia, grazie anche a questi quattro galli del pollaio del web»

Che finale prevede?

«Mi auguro ci sia un qualche benefattore milionario, lì, da qualche parte, che si faccia carico della cosa. Diversamente, nessuno lo adotterà, le persone scappano da situazioni simili»

Nel messaggio che ha scritto su Facebook, dice: Non dobbiamo essere eroi, ma rimanere pietosi nelle avversità, senza l’arroganza di ergersi a giudici di quello che pensiamo non saremo mai. 

«Esatto, provo solo profonda comprensione per quella coppia. Anche io avrei fatto lo stesso. Chiunque lo avrebbe fatto. Non prendiamoci in giro, per favore»

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