Attualità

FALSI INVALIDI: VOLEVANO CORROMPERE I GIUDICI

Provarono a depistare le indagini pressando pure i parenti dei magistrati


Del sistema Covella, l’80 enne «broker» che con la “socia” «procacciatrice di affari» Di Giacomo, aveva messo in piedi, a Potenza, la «fabbrica dei “falsi invalidi”» per mettere le mani sui soldi dell’Inps non c’è solo la «fitta rete di compiacenze di cui Covella gode tra i medici in servizio presso l’Azienda ospedaliera San Carlo». Per gli inquirenti «allarmante» anche la circostanza per cui gli indagati «si ritengono in grado di contattare o fare pressioni anche su magistrati e loro stretti congiunti onde ottenere informazioni anche riservate, e coperte da segreto istruttorio».  Il sistema multilevel di Covella, per l’accusa «associazione a delinquere», senza il piano dei professionisti, dottori e avvocati, non avrebbe funzionato. Ma gli inquirenti della Procura di Potenza puntano a far luce  anche su «collegamenti e coperture di cui possono usufruire gli indagati» così come emerse nel corso delle indagini. Perchè gli indagati, per la Procura, non «hanno remore ad attivare i loro collegamenti anche per interferire con le attività giudiziarie in atto». Di Giacomo da un certo punto in poi a consigliare a tutti di non parlare per telefono: «Io tengo paura. ma hai saputo che dice che ci sono sempre queste intercettazioni?». «Sì, Anna – le rispondeva uno degli avvocati coinvolti -, perchè ci sono certi colleghi che sono sono mariti, mogli di magistrati, io parlo con te, tu parli con me». Aggiungendo che avrebbe inviato un messaggio a un collega avvocato la cui moglie «mo’ dal penale è passata al civile, e passata al lavoro». Dalle indagini è emerso che effettivamente la donna di cui si fa riferimento nelle intercettazioni è un magistrato in servizio presso il Tribunale Civile di Potenza . Non a caso, per l’accusa, poco dopo Di Giacomo, la “broker” di anziani” chiama la figlia, anche lei indagata, per pianificare non solo la distruzione delle carte detenute presso l’abitazione ma anche la distruzione dell’agenda dove sono registrati tutti i nominativi con i relativi importi percepiti, nonché la distruzione della rubrica telefonica dal cellulare.  Poi sul fatto che non rispondesse più a telefono la «figlia di ndrocchia’», così madre e figlia definiscono l’avvocatessa Abbate, attualmente ai domiciliari, emerge in un altra intercettazione la spiegazione: «sicuramente è stata avvisata da un Cancelliere con il quale è verosimilmente in rapporti».

Ferdinando Moliterni

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