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ALFONSO PASCALE RICORDA LA FIGURA DI GILBERTO ANTONIO MARSELLI

Professore di Sociologia alla Facoltà di Economia a Napoli, quando andò in pensione rinunciò alla qualifica di “professore emerito”. Me lo disse una volta sorridendo: “A Napoli conosco certi emeriti…”. Era fatto così! Gioviale, polemico, sarcastico. Ma sempre dialogante, generoso, attento.

ALFONSO PASCALE

È morto Gilberto Antonio Marselli Aveva 90 anni

Professore di Sociologia alla Facoltà di Economia a Napoli, quando andò in pensione rinunciò alla qualifica di “professore emerito”.

Me lo disse una volta sorridendo: “A Napoli conosco certi emeriti…”

Era fatto così! Gioviale, polemico, sarcastico. Ma sempre dialogante, generoso, attento.

Ho studiato sui suoi libri. Gli scrivevo ogni tanto lunghe email per chiedergli ricordi e impressioni su episodi, personaggi che incrociavo nei suoi scritti. Mi rispondeva sempre in modo puntuale e franco. Fino a qualche anno fa, quando stava meglio, veniva a commentare i miei post su Facebook. Diceva che si trovava bene a confrontarsi tra persone libere, senza schemi precostituiti. Non era mai nostalgico.

Mi scrisse una volta: “Ciò che rende vivibile la vita è proprio il diverso manifestarsi delle varie epoche in modo tale che il passato serva a preparare l’oggi perché si possa sperare in un domani non troppo diverso dalle nostre aspettative”

La cosa più importante per lui era “avere la coscienza a posto”

Quando muoiono maestri come Gilberto si resta senza respiro perché non sai più a chi aggrapparti. Discutevamo una volta di immigrati ed io usai il termine “integrazione”.

Egli mi corresse subito con argomenti inconfutabili che si possono così sintetizzare: “Pur nel rispetto delle leggi, invece che puntare all’integrazione (in cui la minoranza deve subire il predominio della maggioranza e, spesso, viene emarginata e lasciata vivere in condizioni pietose) si deve compiere ogni sforzo perché si ottenga una vera interazione (in cui, su basi paritarie, si possa procedere ad un franco confronto tra i rispettivi valori nell’intento di conseguire il desiderato equilibrio tra le due ‘filosofie di vita’ che, solo, può consentire una serena convivenza)”

Gilberto era nato a Caserta. Per caso. Figlio di un ufficiale di artiglieria, trascorse la fanciullezza e l’adolescenza in diverse città italiane dove i genitori, originari di Cassino, erano costretti a trasferirsi.

Quando andarono a vivere a Bologna, egli frequentò in quella città il Liceo Galvani (anni 1943/44) ed ebbe come compagno di classe Corrado Barberis. Anche lui si è spento qualche mese fa. Anche lui era un sociologo rurale che mi ha molto insegnato. I precorsi intellettuali di Gilberto e Corrado si sono spesso intrecciati.

Gilberto si era iscritto alla Facoltà di Scienze Agrarie a Portici e stava abbandonando il corso a seguito di una bocciatura all’esame di Entomologia con Filippo Silvestri.

Ma incontrò Manlio Rossi-Doria che insegnava Economia e politica agraria che lo convinse a proseguire il corso e gli assegnò la tesi di laurea sugli effetti della guerra e le ipotesi di ricostruzione del territorio di Cassino in Ciociaria, devastato dalla guerra. Mentre erano in corso le ricerche per la tesi, fu invitato dal professore a collaborare con lui per le indagini da svolgere in Calabria al fine di fornire materiale alle Commissioni parlamentari che studiavano la possibile elaborazione di una legge di riforma agraria. Si trovava a Melissa quando ci fu l’eccidio dei contadini nel 1949 e svolse un ruolo importante per placare gli animi.

Dopo quell’esperienza che lo segnò profondamente, si laureò e rimase nel Gruppo di Portici con una borsa di studio. Intorno a Rossi-Doria, c’erano Fedele Aiello, Domenico Viggiani, Angerio Filangieri. Arrivò l’anno successivo Carlo Cupo. E poi ancora Rocco Scotellaro. Fin dall’inizio, il professore, che univa stupendamente le scienze sperimentali con le discipline umanistiche, diede alle attività del suo Gruppo un’impronta interdisciplinare. Frequentavano Portici anche studiosi americani (grazie al Programma Fullbright e all’intervento di varie Fondazioni) che erano attratti soprattutto dal “Cristo si è fermato ad Eboli” di Carlo Levi e dal desiderio di studiare le radici culturali degli italiani immigrati in USA.

Poiché Gilberto era quello che maggiormente si impegnava nelle ricerche di campo, fu naturale che a lui venisse dato l’incarico di fare da guida agli studiosi americani.

Anche il padre di Barberis aveva fatto la carriera militare come ufficiale dei granatieri. Ma Corrado non seguì le orme paterne e si laureò all’Università di Bologna in Letteratura francese, specializzandosi nei classici del Seicento, in particolare Jacques-Benigne Bossuet, un vescovo e teologo celebre per i suoi sermoni. Vinse una borsa di studio per l’Olanda, grazie all’interessamento del suo professore Vittorio Lugli. Ma ben presto abbandonò i suoi studi di francesistica e si mise a fare politica.

Fu anche vicesegretario provinciale della Dc. Cattolico non praticante, ha sempre pensato che la religione non dovesse essere mischiata con la politica. Lavorò per un certo periodo nella segreteria di Guido Gonella che era ministro dell’Istruzione e segretario della Dc. Mentre seguiva le questioni politiche, Corrado era attratto dai temi legati al paesaggio agrario che approfondiva per suo conto. Poi passò alla segreteria di Giuseppe Medici, quando nel 1954 questi fu nominato ministro dell’Agricoltura. Qui trovò finalmente gli interessi culturali che maggiormente lo appassionavano.

Rossi-Doria e Medici avevano collaborato nella Commissione Agricoltura dell’Assemblea Costituente: uno nel Partito d’Azione e l’altro nella Dc. Terminato il periodo di commissariamento dell’INEA (Istituto nazionale di economia agraria) da parte di Rossi-Doria, il primo presidente fu Medici.

Quando quest’ultimo divenne ministro dell’Agricoltura, l’Università di Torino presso cui insegnava gli fece presente che sarebbe stato più opportuno scegliere un Ateneo più vicino a Roma. La scelta cadde su Portici dove coprì la cattedra di Estimo e contabilità rurale, dato che Rossi-Doria ricopriva quello di Economia e Politica Agraria. In una delle sue visite a Portici, si fece accompagnare da Barberis. E così, dopo gli anni del Liceo, Gilberto e Corrado si ritrovarono di nuovo.

Da quegli incontri nacque l’idea di costituire l’INSOR (Istituto nazionale di sociologia rurale).

La prima riunione dell’Istituto si fece nel 1959 a Roma presso la sede dell’INEA. Nei primi anni fu Medici a presiedere l’Istituto e Corrado fu nominato segretario. Ma poi ben presto Corrado sostituì il ministro e condusse le sue ricerche sul part-time, la riforma fondiaria, i prodotti tipici e altri temi riguardanti la ruralità. Rossi-Doria e Marselli partecipavano alle riunioni dell’INSOR ma il loro impegno diretto era profuso a Portici. Qui, nel 1960 con finanziamenti congiunti della Ford Foundation e della Cassa per il Mezzogiorno fu costituito il Centro di specializzazione e ricerche economico-agrarie per il Mezzogiorno.

Nel frattempo, fu bandito il concorso per la Libera Docenza in Sociologia rurale che sia Gilberto che Corrado vinsero. Sono stati loro due i decani della sociologia rurale in Italia. Una materia che ora è scomparsa dalle nostre Università. Restano gli studi e le ricerche di Marselli e Barberis.

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