STA PER SCOPPIARE DI NUOVO LA QUESTIONE CATTOLICA?
L’ha detto invece padre Bartolomeo Sorge, già direttore della Civiltà Cattolica, secondo il quale “l’Italia è leghista, non più cristiana. Il leghista dice ‘prima gli italiani’; il cristiano ‘prima gli scartati’. Né basta baciare in pubblico Gesù, l’ha già fatto anche Giuda”. Insomma, lo scontro è di intensità notevole: gli eserciti si preparano, chi attorno al Papa e chi dietro Salvini.
STA PER SCOPPIARE DI NUOVO LA QUESTIONE CATTOLICA?
(Sintesi dell’articolo di Matteo Matzuzzi intitolato “Il vangelo secondo Matteo” sul “Foglio” di oggi)
Alcuni studiosi sostengono che il voto europeo in Italia segnalerebbe una probabile lacerazione nella chiesa cattolica sul modo di affrontare le grandi crisi del nostro tempo, quella migratoria e quella del clima. Ufficialmente la Conferenza episcopale italiana tende a presentarsi come un monolite compatto nel biasimare l’uso strumentale dei simboli religiosi e la poca pietas nei confronti dei disperati che salpano dal Nord Africa alla volta delle nostre coste. Anche sul tema del clima si guarda con apprensione lo scetticismo del governo gialloverde (al pari di Trump e Bolsonaro) verso politiche globali e c’è stata, invece, apertura all’iniziativa di Greta Thunberg, rievocando l’enciclica di papa Francesco “Laudato sì” . Poi, in realtà, sono parecchi i vescovi che s’interrogano sull’ostilità dei vertici a Salvini quando l’opposizione ai disegni più laicisti, dalle unioni civili ai propositi liberal sul fine vita, è stata negli ultimi anni tiepida. Il cardinale Pietro Parolin, segretario di stato, l’ha capito ed è intervenuto subito: dialogare con tutti e perché non con Salvini?, ha detto a qualche giornalista pochi giorni dopo le europee. Certo, l’esibizione strumentale di vangeli e rosari non è piaciuta, ma insomma, il muro contro muro tra stato e chiesa non conviene a nessuno. Negoziare, cercare qualche compromesso, smussare le differenze di vedute e soprattutto abbassare i toni. E pazienza se a sferzare il Vaticano per la sua posizione di chiusura è stato un cardinale, il prefetto emerito della congregazione per la Dottrina della fede, Gerhard Ludwig Müller, che sul “Corriere della Sera” ha detto che “un’autorità ecclesiastica non può parlare in modo dilettantesco di questioni teologiche e soprattutto non deve immischiarsi nella politica, quando ci sono un Parlamento e un governo legittimati democraticamente, come in Italia”. Problemi con Salvini? Con lui è meglio parlare, “discutere, o correggerlo quando è necessario”, ha aggiunto Müller, che non capisce cosa stia accadendo nelle sacre stanze: “Credo sia peggio se i vescovi confondono le questioni di fede con quelle politiche. Puoi criticare chi non accetta dei princìpi, ma non chiudere le porte. E poi ci sono paesi che vogliono scristianizzare l’Italia e l’Europa, mentre Salvini si è rifatto ai patroni dell’Unione europea, alle sue radici cristiane. Preferisco chi parla di tradizione cristiana a quanti la rimuovono. E’ assurdo che collaboratori del Papa come Spadaro si ergano a giudici politici. Chi lo autorizza?”. Il riferimento è all’attivismo social di padre Antonio Spadaro, direttore della Civiltà Cattolica molto vicino al Papa. Il prefetto emerito di quello che fu il Sant’Uffizio sottolinea che “teologicamente è una bestialità dire che una persona non è cristiana, se è stata battezzata e cresimata. E’ un giudizio politico”. Immediata la replica di Spadaro, che su Twitter ha precisato: “Non ho mai detto di una persona specifica che non è cristiana”.
L’ha detto invece padre Bartolomeo Sorge, già direttore della Civiltà Cattolica, secondo il quale “l’Italia è leghista, non più cristiana. Il leghista dice ‘prima gli italiani’; il cristiano ‘prima gli scartati’. Né basta baciare in pubblico Gesù, l’ha già fatto anche Giuda”. Insomma, lo scontro è di intensità notevole: gli eserciti si preparano, chi attorno al Papa e chi dietro Salvini.
Ha detto ad “Avvenire” Nando Pagnoncelli, amministratore delegato di Ipsos: “Se alle politiche il 30,9 per cento di coloro che va a messa la domenica votava Movimento 5 stelle, il 22,4 votava Pd, il 16,2 Forza Italia e il 15,7 la Lega, domenica scorsa è cresciuta l’astensione e il 32,7 per cento – cioè solo un punto e mezzo meno – ha scelto Salvini, il Pd è cresciuto con il 26,9 per cento, il M5s è precipitato al 14,3 e Forza Italia al 9,9. Il 6,1 ha votato la Meloni. La Lega quindi un anno fa era il quarto partito tra i praticanti, mentre oggi è il primo”. La conclusione di Pagnoncelli è che il cattolico è un elettore come gli altri.
Massimo Introvigne, sociologo e direttore del Cesnur-Centro studi nuove religioni, cerca di capire perché l’elettore cattolico oggi per lo più vota Salvini. E dice: “I cattolici praticanti (non secondo l’Istat che si basa sulle riposte a interviste ma secondo i sociologi che li contano alle porte delle chiese) in Italia sono il 17-18 per cento. Ma c’è un’area molto più grande culturalmente cattolica e rassicurata dal noi siamo-noi-e-siamo-contro-di-loro di Salvini. È un fenomeno dove c’è molto di deteriore e di intollerante – un cattolicesimo fatto di simboli è sventolato contro ‘l’altro’, si tratti dei musulmani, dei rifugiati e immigrati, degli aderenti a minoranze religiose, o degli omosessuali (con tratti oltranzisti e diversi dalla legittima critica all’ideologia gender, che anche Papa Francesco condivide) – ma di cui si deve tenere conto. L’errore delle élite urbane è quello di disprezzare le periferie e i politici che, rappresentandole, vincono come semplici barbari e buzzurri. Mentre chi non si fa carico delle preoccupazioni delle periferie è destinato a continuare a perdere. Qui c’è una sfida anche per la chiesa di Papa Francesco. Che, evidentemente, non cambierà la sua agenda e le sue priorità per qualche risultato elettorale. Il Papa continuerà a essere consapevole che questi discorsi lo rendono impopolare, specie in Italia, ma continuerà a ripetere che le sue prime priorità sono accoglienza e ambiente. Ma tutto è meno che poco ‘politico’, e certamente si starà chiedendo come parlare alla maggioranza che non è d’accordo con lui. Il tono più duro – nella sostanza, non solo nel linguaggio – di certi interventi recenti sull’aborto potrebbe andare in questa direzione”.
Dice il sociologo Luca Diotallevi: “Non è banale agitare il rosario. Per il target cui Salvini si rivolge, quel tipo di gesti è assai più efficace di ragionamenti sulle radici cristiane. In sé il fenomeno non è affatto nuovo. Da ultimo giunge anche in Italia. La religione – e anche la religione di matrice cristiana – da divisiva diventa divisa. Si riduce a magazzino al quale liberamente si attinge per scopi i più vari. Questo attingere non implica alcuna fedeltà né prelude ad alcun progetto, rivela semplicemente che, per il momento, il rosario o il crocifisso possono avere qualsiasi impiego. Dunque sì, Salvini non fa che completare l’opera del laicismo, anzi, siamo precisi, della laicità. Salvini è uno dei tanti protagonisti di una fase non post-saecular, ma more-saecular. Una fase in cui la religione non si riduce di volume, ma di peso. Il cristianesimo, poi, viene disarticolato, sterilizzato, mercificato, disinnescato. Le responsabilità di Salvini sono secondarie. L’opera era cominciata prima e sotto il segno della laicità”.
Osserva Diotallevi che di questa situazione i cattolici e anche i pastori “hanno una responsabilità enorme. Il Concilio Vaticano II, come Benedetto XVI ricordò nel celebre discorso del 22 dicembre 2005 alla curia romana, aveva scelto finalmente e ufficialmente nella libertà religiosa la giusta strada contraria alla laicità – come del resto aveva già fatto la Costituzione italiana –. Poi questa via è stata abbandonata. Se ci si riflette anche solo un attimo, ci si accorge che le prese di posizione contro Salvini sono state tutte coerenti al paradigma della laicità. Fedeli ai dettami di questa, credenti, teologi, opinion maker cattolici e pastori hanno richiesto il non uso del simbolo religioso nello spazio pubblico. Questa linea non è solo fallimentare e incoerente. Nega il diritto delle persone a portare simboli che diano dignità pubblica alla domanda di identità. Come fanno le élite radical chic, che in pubblico negano dignità al problema della identità e in privato coltivano identità esclusive. Nega il fatto che l’uso che ne fa Salvini contraddice nel merito il significato del crocefisso: quel segno – il crocefisso – contraddice infatti alla radice la assolutizzazione del potere politico (il sovranismo) e una concezione tribale del popolo (‘populismo’). Ma i ‘cattolici adulti’ che criticano Salvini non possono correre il rischio di dire che il crocefisso significa qualcosa per la politica, perché così facendo tradirebbero la dottrina e i sommi sacerdoti della laicità. Infine, la denuncia dell’uso pubblico di simboli cristiani nega la storia: si pensi a quanti comuni italiani (a quante “civitates”) hanno la croce nei propri stemmi! I simboli religiosi – la croce innanzitutto – in Italia e in tutta Europa sono stati alla base di quell’insieme di istituzioni diverse, libere e reciprocamente limitantesi che noi chiamiamo città. La fedeltà al Dio della tradizione ebraico-cristiana è presidio di libertà per tutti anche e innanzitutto per chi cristiano non è. Il cristianesimo è un ingrediente di base delle società aperte”.