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PARIDE LEPORACE: I FILM SU DUISBURG E BUSCETTA. Le molte divergenze tra linea di sangue e il traditore

Di fresca visione ho messo a stretto confronto un gran film e una grossa sola. La Calabria e la Sicilia. Polemiche di natura diversa. Buona lettura. E andate a vedere Bellocchio.

PARIDE LEPORACE

In queste ore l’immaginario collettivo (e quello personale di cinefilo e addetto ai lavori) è posizionato su due narrazioni filmiche di racconto criminale nazionale collegato ad una strage di dimensione globale e ad un boss dei due mondi che appartiene alla storia patria: “Duisburg linea di sangue”, movie film prodotto dal servizio pubblico per Raiuno, e “Il traditore”, produzione firmata da un grande autore come Marco Bellocchio distribuito da 01 della Rai e accolto a Cannes con 13 minuti di applausi.

Un nano e un gigante

Un tv movie superato in ascolti da Barbara D’Urso e un probabile punto di vertice della cinematografia nazionale. Il film su Duisburg con i nomi delle famiglie criminali modificate e quello su Buscetta filologicamente perfetto per fatti, personaggi, numeri, processi. Moduli produttivi ben diversi per esiti molto differenti. Una vicenda molto calabrese e una paradigmaticamente siciliana. La prima si è trasformata in una tragica farsa, la seconda uno splendido melodramma cinematografico di una potenza avvincente.

Spiace che uno sceneggiatore di mestiere come Monteleone abbia scritto e diretto uno scialbo racconto che annacqua il più grande passo falso della ’ndrangheta fallendo il climax, rovinando verosimiglianza e dramma per ambientazione finto calabrese, dettagli rilevanti omessi e tesi sbagliate. Al contrario il maestro Bellocchio e il suo produttore Caschetto hanno sviluppato in termini maestosi un film possente che non lascia respiro per suspense emotiva e bellezza dello sguardo appagato da ben 150 minuti di gran spettacolo, un cinema maiuscolo.

Evito i confronti tra attori, tecniche, scenario per inutile maramaldeggiare sul nano tv su Duisburg (occasione molto sprecata) e mi limito ad alcune notazioni di contesto.

Le sceneggiature di questo tipo hanno bisogno di grandi esperti di materia. Bellocchio per il suo Buscetta, ha coinvolto Ciccio La Licata e Saverio Lodato tra i massimi conoscitori di Cosa nostra. Monteleone si è avvalso della collaborazione di Claudio Fava, grande narratore di mafia e autore dei “Cento passi” ma forse poco esperto di ’ndrangheta e di Calabria.

Duisburg linea di sangue” ha creato un’onda di indignazione enorme in Calabria. Rivolta sui social per dialetti sbarellati, identità tradite, luoghi e treni farlocchi. Politica di ogni colore all’assalto con lunghe note a difendere la buona Calabria mai narrata e il contenuto ’ndranghetista mal digerito come perenne narrazione nazionale.

In Sicilia l’unica polemica su “Il traditore” è stata di carattere personale. Il figlio di una delle vittime di Capaci ha contestato al protagonista Favino (superlativo nei panni di Buscetta) di speculare usando la data del tragico anniversario per il lancio in sala del film. Tesi molto discutibile. Non sempre i familiari delle vittime hanno buoni ragioni. Sarò di parte, ma dal mio punto di vista ricordare Falcone e le vittime della strage con un’opera artistica di alto livello è buon rito civile.

La Sicilia ha modellato con i film sulla mafia molto immaginario criminale globale. La saga del Padrino di Francis Ford Coppola è una narrazione che ha affascinato pubblico e malavita. Cosa Nostra è sulla via del tramonto come Falcone aveva previsto e come ben racconta il film di Bellocchio. Il dibattito pubblico siciliano grazie ai suoi letterati, giornalisti e cineasti ha creato un antagonismo e una coscienza civile che ha avuto effetti diversi dalla Calabria.

Nel 1973 la Rai con una produzione tedesca trasmise una serie televisiva di sei puntate dal titolo “Nessuno lo deve sapere” girata a Isola Capo Rizzuto sulla sconosciuta ndrangheta. Gli ascolti all’epoca erano giganteschi, causa monopolio. Le reazioni della politica dell’epoca furono furibonde. Interrogazioni e interpellanze a favore della buona Calabria. La verosimiglianza era attendibile. Ogni puntata si concludeva con la canzone di Domenico Modugno sui titoli “Amara terra mia”. Quasi una profezia per la Calabria che quarant’anni dopo affida le stesse tesi pubbliche dell’epoca. La gran parte dei calabresi è brava gente. La ’ndrangheta poche mosche bianche. Nel 1973 come oggi. Sempre poche le riflessioni su quanta mentalità mafiosa abbiamo introiettato collettivamente e pubblicamente.

Quando la Calabria viene narrata ha un riflesso incondizionato di autodifesa inconscia. Priva della demistificazione comica della mafia siciliana che va da Pino Caruso a Pif, la Calabria cerca un orgoglio perduto nelle sue grandi celebrità che mai riesce a celebrare, fosse un San Francesco, un Tommaso Campanella, un kolossal su Skandberg. Non mancano buone eccezioni. Per esempio “Anime Nere” libro e film. Ma la trama non cambia. E i successi editoriali di Gratteri non aiutano più di tanto.

E’ accaduto qualcosa di molto grave con “Linea di sangue”. La produzione, che ha scelto di girare in Puglia per motivi di finanziamento (modello molto valido di sostegno) per mettere le mani avanti sull’evidente pastrocchio ha denunciato intimidazioni mai avvenute. La contraddizione è stata evidenziata dal massmediologo Klaus Davi. Il governatore Oliverio ha scritto una sensata lettera di protesta all’Ad della Rai sul punto e non ha mancato di sottolineare che il movie tv su Mimmo Lucano è messo in frigorifero per evidenti questioni politiche. Figurarsi se la Rai salviniana può’ concedere questo azzardo.

A prova delle farlocche tesi della produzione di “Linea di Sangue”, nessuno ha ricordato che pochi mesi fa una produzione tedesca ha realizzato un film su Duisburg girando scene di funerali e contesti di ‘ndrangheta senza ricevere alcune minaccia ma ottenendo anche facilitazione per permessi e logistica dalla Calabria Film Commission. Un dato, mi permetto di osservare, che i miei colleghi calabresi dovevano subito far emergere considerato il putiferio che si è scatenato.

La Calabria deve saper affrontare una questione molto attuale. La ’ndrangheta sarà sempre più narrazione dell’audiovisivo. Subirla passivamente comporterà danni e corti circuiti. Essere nei processi con competenze e cassetta degli attrezzi adeguati può far crescere la buona pianta creativa che in questi anni è spuntata e che spazia nelle narrazioni.

Marco Bellocchio invece ha realizzato un film notevole. Chi ama il cinema non lo perda. “Il traditore” svela e mostra la rinnovata linea della palma di sciasciana memoria attraverso consuetudini e mentalità siciliane che hanno infettato l’Italia. Senza ricevere ondate di indignazione dall’isola.

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