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OMICIDIO LIDIA MACCHI, RIESAME PER SCARCERAZIONE, CRIMINOLOGA URSULA FRANCO: STEFANO BINDA VITTIMA DI UN ERRORE GIUDIZIARIO

CRIMINOLOGA URSULA FRANCO: STEFANO BINDA VITTIMA DI UN ERRORE GIUDIZIARIO Mercoledì 17 aprile, Stefano Binda era presente all’udienza del Tribunale

URSULA FRANCO

CRIMINOLOGA URSULA FRANCO: STEFANO BINDA VITTIMA DI UN ERRORE GIUDIZIARIO

Mercoledì 17 aprile, Stefano Binda era presente all’udienza del Tribunale del Riesame durante la quale i suoi avvocati, Patrizia Esposito e Sergio Martelli, hanno discusso il ricorso proposto contro l’ordinanza con la quale poche settimane fa la prima Corte di Assise di Appello di Milano ha rigettato la richiesta di scarcerazione del loro assistito.

Il Tribunale del Riesame ha trenta giorni per esprimersi.

L’avvocatessa Patrizia Esposito ha dichiarato: «Per quanto sia un detenuto modello, in carcere funge da bibliotecario e si occupa dello sportello amico, tre anni di carcere si stanno facendo sentire. Da quando fu arrestato avrà perso una trentina di chili».

La criminologa Ursula Franco, che è consulente della difesa dal luglio 2018, ha così commentato: “Stefano Binda è vittima di un errore giudiziario, non solo non è lui l’autore della lettera “IN MORTE DI UN’AMICA” ma quella lettera non è stata scritta dall’assassino, la corretta ricostruzione dei fatti permette di escluderlo senza ombra di dubbio.

L’omicidio di Lidia non fu un omicidio sessuale.

Chi scrisse la lettera riportò l’ipotesi della prima ora diffusa dai familiari e dai giornali, un’ipotesi errata. Lidia fu uccisa da un predatore violento che non si intrattenne sessualmente con lei né prima, né dopo l’omicidio.

Riguardo alla richiesta di scarcerazione, non solo non c’è il pericolo che Binda reiteri perché non è stato lui ad uccidere Lidia, ma non c’è neanche nulla nei 30 anni di vita di Binda post 1987 che lasci pensare che possa uccidere, mentre nella vita di Giuseppe Piccolomo, la cui posizione è stata inspiegabilmente stralciata, ci sono due omicidi.

Si torni ad indagare su di lui, peraltro Piccolomo ha confessato l’omicidio alle proprie figlie e avrebbe potuto raggiungere a piedi da casa sua l’ospedale di Cittiglio, dove Lidia raccolse il suo assassino.

Aggiungo che, non essendo mai stato isolato il DNA dell’assassino di Lidia, non si può pensare di escludere il coinvolgimento di un soggetto sulla base del confronto del suo DNA con quello ritrovato sulla busta della lettera che, ripeto, non fu scritta dall’autore dell’omicidio”.

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