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Quanti sono e cosa fanno i rom in Italia

Oggi è la giornata mondiale dei rom e sinti riconosciuta dalle Nazioni Unite

Oggi è la giornata mondiale dei rom e sinti riconosciuta dalle Nazioni Unite #rom #sinti

Quanti sono e cosa fanno i rom in Italia
Oggi è la giornata mondiale dei rom e sinti riconosciuta dalle Nazioni Unite

di SONIA MONTRELLA

L’8 aprile, è la Giornata mondiale dei rom e dei sinti, riconosciuta dall’Onu.

L’obiettivo è quello di tenere alta l’attenzione sui problemi e le discriminazioni subìte da questo popolo. La data è simbolica: ricorda il primo congresso internazionale del popolo Rom del 1971. Racconta sul Fatto Quotidiano l’attrice e attivista per i diritti umani Dijana Pavlovic: “Dopo la fine della seconda guerra mondiale e lo sterminio di rom e sinti da parte dei nazifascisti nacque in Europa un movimento che nel 1971 promosse il primo congresso mondiale, nel quale intellettuali e attivisti rom hanno definito le basi della nostra autodefinizione: non siamo zingari, siamo Rom, cioè uomini, un popolo con una bandiera e un inno. Da quel congresso nacque la Romani Union, riconosciuta nel 1979 dall’Onu. Da allora si celebra la Giornata internazionale del popolo rom, il Romano Dives, il giorno dell’autodeterminazione, dell’orgoglio e dell’unità di un popolo”.

Ma quanti sono i Rom in Italia? Da dove vengono? Sono davvero tutti zingari?

Quanti sono i Rom in Italia
Secondo uno studio dell’Associazione 21 luglio numeri precisi non ci sono, ma secondo le stime del Consiglio d’Europa la presenza in Italia di rom, sinti e caminanti è compresa in una forbice tra le 120.000 e le 180.000 persone (lo 0,23 per cento circa della popolazione). Metà dei Rom che abitano nel Paese è di nazionalità italiana, solo il 3% è nomade, mentre la maggior parte della popolazione rom è stanziale. La percentuali italiana è tra le più basse registrate in Europa, casa – secondo l’Agenzia europea per i diritti fondamentali (Fra) – di circa 10-12 milioni di persone.

Da dove vengono
I Rom che vivono in Europa, si legge su Focus, discendono da una popolazione che parlava una forma volgare di sanscrito, il praclito. Nel 1000 d. C. circa, lasciò il delta dell’Indo, fra l’India e il Pakistan. Vi erano esperti nella lavorazione dei metalli, chiamati athinganoi, da qui “zingari”. In 4 secoli i Rom si insediarono in molti Paesi europei, a partire dai Balcani. In Italia vivono due grandi gruppi “zingari”, i sinti e i rom. Il primo nome deriva da Sindh, una regione del Pakistan da dove provengono, il secondo significa “uomo libero” e viene usato per designare l’intera comunità nomade.

I sinti sono di provenienza mitteleuropea e sono da noi fin dal Quattrocento, mentre i rom abruzzesi, la più nutrita comunità italiana, arrivarono da Grecia e Albania. Dopo la guerra iugoslava c’è stata una forte immigrazione di rom khorakhana (musulmani) e kanjarja (ortodossi), quelli che spesso si incontrano per strada mentre chiedono l’elemosina. Un terzo dei Rom che vive in Italia viene dalla ex Iugoslavia, soprattutto Kosovo e Bosnia.

Quanti hanno la cittadinanza italiana
Dei 120-180 mila rom in Italia circa la metà ha la cittadinanza italiana. Nel giugno 2018 il ministro dell’Interno Matteo Salvini ha annunciato, sollevando moltissime polemiche, di voler fare un “censimento” dei Rom in Italia. Contrari alla proposta anche il ministro del Lavoro, Luigi Di Maio, e il premier, Giuseppe Conte: ”Mi fa piacere che Salvini abbia coretto il tiro”, aveva affermato Di Maio, “perché secondo la nostra Costituzione censimenti su base etnica non si possono fare. Controlli per la sicurezza dei campi Rom e i bambini sono cosa diversa. Ma se si parla di censimenti su base razziale, no”. L’intenzione di Salvini fu poi sospesa.

Dove vivono e cosa fanno
Le regioni d’Italia dove la presenza rom è più significativa sono il Lazio, la Campania, la Lombardia e la Calabria. Nel Lazio un quarto dei rom abita nei campi. La loro presenza così come l’occupazione cambia a seconda del gruppo di appartenenza. In totale nel nostro Paese ci sono 11 gruppi:

■ Rom del Meridione

In Italia dalla fine del 1300, si stabilirono in Abruzzo ma anche in Campania, Molise, Puglia, Basilicata e Calabria. Abitano in prevalenza nella baraccopoli del Mandrione (vicino a Roma) e nelle case popolari di Nuova Ostia e Spinaceto, in Lazio.

■ Sinti

Zingari di Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna: giostrai e proprietari di circhi.

■ Rom Lovari e Kalderasa

In Italia dai primi del Novecento. I lovari (“lob”, cavallo in ungherese) allevano equini, mentre i kalderasa sono stagnini e doratori di rame. Vivono in roulotte.

■ Rom Rudari

Romeni, in Italia dagli anni Sessanta. Musicanti e artisti di strada, lavorano anche il rame e vivono in accampamenti lungo la via Tiburtina, a Roma.

■ Rom Khorakhana e Kanjarja

Ultimi arrivati dopo la guerra in Iugoslavia. Musulmani e ortodossi, vivono in accampamenti.

■ Kaulja

Poverissimi, sono di origine algerina ma provengono dalla Francia e sono di religione musulmana.

■ Sufi

Piccola comunità derviscia del Pontonaccio (Firenze). Vengono dai Balcani, sono musulmani.

■ Carner

Piccola comunità della Val Venosta. Vivono e si spostano sui carri, da cui prendono il nome.

■ Camminanti

Risiedono a Noto, in Sicilia, si mantengono vendendo ceci abbrustoliti e palloncini.

Quanti vivono nelle baraccopoli
Secondo la mappatura condotta nel 2017 da Associazione 21 luglio, sono circa 26 mila le persone appartenenti alle comunità rom, sinti e caminanti che vivono in emergenza abitativa. Rispetto al 2016, quando i rom censiti erano stati circa 28.000, si è rilevato un decremento del 7 per cento dovuto in parte al trasferimento di alcune comunità da insediamenti informali ad immobili occupati, dall’altro allo spostamento volontario di alcune famiglie, prevalentemente di nazionalità rumena, verso altri Paesi europei.

Ci sono poi circa 1.300 persone, in prevalenza sinti, che vivono in una cinquantina di micro aree collocate nell’Italia Centro-Settentrionale; altri 1.200 rom di cittadinanza rumena abitano a Roma, Napoli e Sesto Fiorentino in immobili occupati in forma monoetnica;  circa 760 rom di nazionalità italiana sono presenti in abitazione dell’edilizia residenziale pubblica all’interno di quartieri monoetnici nelle città di Cosenza (circa 500 persone) e Gioia Tauro (circa 260 persone).

I miti da sfatare
Ecco alcune delle accuse (errate) che si muovono ai rom.

Sono sporchi? Quando non c’è elettricità o acqua calda – si legge su Focus – è difficile lavarsi in 200, d’inverno, magari con un solo rubinetto. I Rom hanno paura dell’impurità, come gli indiani e gli ebrei. Hanno 14 contenitori diversi in cui lavare le loro cose: non devono entrare in contatto le pentole con piatti, i vestiti dei maschi con quelli delle femmine, gli indumenti intimi con gli altri e così via. Le nostre tradizioni di camping e barbecue sono copiate dai Rom. Ma loro trovano disgustoso tenere la toilette nella roulotte, come fanno i gagè (non rom).

Le donne rom sono disponibili? Favole. Evitano il contatto con i non rom, per paura delle impurità. Quasi sempre si sposano vergini e talvolta espongono il panno insanguinato come prova. Vivono in una società maschilista, dove però è severamente censurato l’uomo che non osserva i doveri familiari. 

I Rom predicono il futuro?

“Noi per primi non ci crediamo” spiega il leader di un campo a Milano. Le donne confermano: “È un mestiere, facciamo finta”. La chiaroveggenza è un modo di trasformare la loro diversità agli occhi dei gagè, insicuri e superstiziosi, a proprio vantaggio. 

I Rom rubano, sono violenti?

Nei processi interni le sentenze sono severe nei casi di violenza, anche verso un gagè.

“Ma se un rom ha rubato con destrezza e per necessità” spiega un giudice  rom “per noi non c’è reato” 

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