L’indisposizione di uno dei legali della difesa ha provocato il rinvio del processo presso il tribunale di Potenza al 1 luglio prossimo per associazione a delinquere finalizzata al racket delle estorsioni, in danno di operatori commerciali di Melfi. A cadere nella rete delle presunte estorsioni furono il bar della stazione di piazza Mancini gestito da Rocco Finelli, Idea Pizza di Michele D’Angelo e dell’imprenditore edile Antonio Lovecchio. Le indagini erano partite dopo la presunta richiesta estorsiva di due individui che, incappucciati, nel lontano 2010 avrebbero chiesto 20 mila euro a Rocco Finelli. L’uomo stava rientrando a casa in piena notte dopo aver chiuso il bar. Il rifiuto dell’imprenditore costo’ l’incendio alla sua auto, una Fiat Stilo e 4 giorni dopo subì la stessa sorte la lancia Y del fratello. A seguito di una coraggiosa denuncia, scattarono le indagini coordinate dall’allora maggiore dei carabinieri della compagnia di Melfi, Gianfilippo Simoniello. Nella squadra degli inquirenti c’era anche il maresciallo dell’Arma dei carabinieri, Roberto Di Noi già protagonista di altre indagini per associazione a delinquere nell’area del Vulture melfese, molte brillantemente concluse, oltre che investigatore inserito nel pool che portò alla soluzione dell’omicidio Lanera. Questo processo, cominciato nel 2015, vede alla sbarra degli imputati ben 11 persone. Si tratta di: Sergio e Massimo Cassotta, Giuseppe Caggiano, Giuseppe Cacalano, Michele Morelli, Donato Prota, Luciano Grimolizzi, Simone Battaglia, Donato Sassone, Alessandro Sportiello e Nicola Fontana.