
L’ultima iniziativa in ordine di tempo è quella, tutta simbolica, che ritrae il pontefice della Chiesa cattolica con indosso una spilla più che esplicita: “Apriamo i porti”.
E Bergoglio, stando a quello che si legge a distanza di qualche ora dalla comparsa della foto, che in realtà è un selfie, sul web, tiene molto al gadget, tanto da aver deciso di tenerlo sempre con sé.

L’occasione per ricevere la spilla in questione è arrivata con un’iniziativa a favore dell’accoglienza organizzata a Sacrofano. Del resto “accogliere” per il Santo Padre è un diritto umano, che va garantito quindi erga omnes. Un diritto assoluto, che non può essere messo in discussione, qualunque sia l’eccezione individuata. Il vescovo di Roma ha avuto modo di ribadirlo in più circostanze in questi cinque anni e mezzo di pontificato. Certo, la dicitura “apriamo i porti”, considerata la narrativa di chi questi porti li vorrebbe chiusi, politicizza un dibattito già abbastanza animato: lo slogan è lo stesso utilizzato dalla sinistra, dai preti di stradi e dai cosiddetti “migrazionisti” quando si è trattato di contestare il ministro Matteo Salvini sulla cosiddetta “linea dura” sulla gestione dei fenomeni migratori.

Bergoglio, stando a quanto riportato su Avvenire, avrebbe notato l’oggetto durante un incontro in Veneto. E don Nandino Capovilla è stato più che disposto a farsi ritrarre in una fotografia che ha già fatto il giro del Belpaese. Il papa vuole tenere i porti aperti: questo era già noto. Adesso sappiamo che è disposto a scattarsi pure un selfie affinché avvenga.
È accaduto a Sacrofano (Roma), quando Don Capovilla, sacerdote veneto in prima linea nell’accoglienza, ha salutato il Pontefice. Lui, riporta Avvenire, incuriosito dalla spilla su cui era scritta la frase, ha voluto prenderla in mano e partecipare alla foto
Lo speciale migranti
Un selfie, con in mano una spilla che recita: “Apriamo i porti”. Protagonista Papa Francesco, che ha voluto così condividere e rilanciare un messaggio di accoglienza nei confronti dei migranti. È accaduto a Sacrofano, in provincia di Roma, nel corso del Meeting “Liberi dalla paura”, promosso e organizzato dalla Fondazione Migrantes della Cei, dalla Caritas Italiana e dal Centro Astalli. Don Nandino Capovilla, parroco a Marghera (Venezia), racconta di essersi avvicinato al Pontefice per salutarlo. “Ha visto la spilletta che tenevo in mano e gliene ho spiegato il significato – dice ad Avvenire -. Così Francesco l’ha presa e si è fatto scattare una foto tenendola in mano”
“Il Papa ha voluto tenere la spilla”
Secondo il sacerdote veneto, al Papa “la spilla deve essere piaciuta perché ha chiesto di tenere per sé quella con cui ci ha regalato l’emozione di questa foto”. Nel corso dell’omelia durante la messa celebrata venerdì pomeriggio, Bergoglio ha sottolineato come, “di fronte alle cattiverie e alle brutture del nostro tempo, anche noi, come il popolo d’Israele, siamo tentati di abbandonare il nostro sogno di libertà. Proviamo legittima paura di fronte a situazioni che ci sembrano senza via d’uscita”. L’esortazione è quella a “guardare oltre le avversità del momento, a superare la paura – ha aggiunto – e riporre piena fiducia nell’azione salvifica e misteriosa del Signore”
Chi è il sacerdote che ha scattato la foto
Don Capovilla è un sacerdote molto impegnato con la sua parrocchia in iniziative d’accoglienza. La scorsa settimana è anche sceso in piazza nel centro di Venezia per manifestare contro ogni forma di discriminazione e odio, e in particolare contro il Decreto Sicurezza approvato nei mesi scorsi dal governo e fortemente voluto dal ministro dell’Interno Matteo Salvini.

SALIAMO SUI TETTI! Coraggiosamente papa Francesco non perde occasione, taglia corto con le esortazioni scontate. Si concede una foto che rilancia quell’ APRIAMO I PORTI che sta unendo cittadini dal nord al sud del Paese e che per i cristiani è obbligo evangelico per essere LIBERI DALLA PAURA.
Da questo titolo del meeting nazionale della Chiesa italiana Francesco è partito per denunciare e rilanciare: “La paura è l’origine di ogni schiavitù e di ogni dittatura.
Sulla paura del popolo cresce la violenza dei dittatori. Noi rinunciamo all’incontro con l’altro per erigere barriere: questo non è umano.
Chi ha avuto la forza di vincere la paura oggi è invitato a salire sui tetti e invitare gli altri a fare altrettanto”.