INCHIESTA SUL PONTE MORANDI : NUOVA LISTA INDAGATI
E però il contenuto di altre parti, di nuovo nell’opinione dell’azienda, rappresenta la dimostrazione che non sono stati gli stralli a cedere per primi. «Le rotture dei fili e dei trefoli – rimarcano quindi i tecnici di Aspi – mostrano che il collasso non è avvenuto per semplice trazione, alla quale sarebbe dovuta corrispondere un allungamento anomalo premonitore a occhio umano del disastro, ma sono invece intervenuti altri meccanismi che hanno condizionato la perdita di resistenza»
ENRICO PIETRA : Scusate. Aiutatemi a capire. Mi rivolgo a tutto il gruppo “SALVIAMO IL PONTE MORANDI” se qualcuno riuscisse a ripercorrere queste dinamiche gliene sarei grato. Personalmente in questa storia il filo l’ho perso da tempo (oppure l’ho sempre avuto sin troppo presente)
Un minimo di riepilogo. Le prime indiscrezioni sulla relazione di oltre centoventi pagine inoltrata alla Procura di Genova dai laboratori dell’EMPA di Dubendorf risalgono al 12 dicembre scorso. In questi due mesi abbiamo letto di stralci che comproverebbero la tesi dei periti dell’accusa, ovvero che il cedimento sarebbe avvenuto a causa dei famigerati stralli. Poi ci è stato detto (IlSole24Ore), sempre pescando da questa fantomatica relazione, che gli stralli si sarebbero rotti nel punto più “sano”, e quindi, semplificando, a seguito del cedimento di un’altra parte della struttura. Tralasciando le polemiche intermedie sui tempi di traduzione, due giorni fa siamo venuti a sapere che la traduzione in questione non è stata effettuata in contraddittorio, davanti ai consulenti di tutte le parti in causa, ma da ausiliari che hanno lavorato esclusivamente per la procura. Ergo, il GIP Angela Maria Nutini l’ha sacrosantemente invalidata, chiedendone una ex novo.
Da ciò ne consegue che i due mesi di “indiscrezioni” sulla traduzione provenivano da veline inoltrate dalla Procura di Genova alle agenzie di stampa. E fin qui nulla di strano, accade di prassi. Quello che invece non comprendo è perchè arrivino adesso ai media (vedi articolo in calce), sempre evidentemente dalla stessa fonte, informazioni fresche, nuove, mai divulgate prima, provenienti ancora da una traduzione che è però stata definita in maniera chiara e tonda inservibile in sede legale. Informazioni che tra l’altro indirizzerebbero l’opinione pubblica verso il terzo scenario (1° stralli=carenza di manutenzione; 2° crollo di altra parte della struttura=evento eccezionale non prevedibile): il vizio strutturale. Non proprio una cosuccia da niente: “difetti e sciatterie concretizzatisi durante la costruzione del manufatto” come sostiene ASPI.
Grazie
Inchiesta sul Morandi: «Sabbia e iuta nelle macerie». Nuova lista di indagati
Tommaso Fregatti – Matteo Indice su ilSecoloXIX.it
Genova – L’introduzione al paragrafo, pur trattandosi nel resto delle pagine d’un documento parecchio tecnicistico, è tanto chiara quanto inquietante: «Corpo estraneo». E la descrizione di quel che significa è parimenti chiara: «Nell’area dei trefoli rotti sono stati rinvenuti corpi estranei come materiale di iuta concrezionato, residui di grasso su parti in acciaio e frammenti di asfalto libero». Il problema è che tutto questo, lì, non ci doveva stare. Perché i «trefoli» in questione sono le fibre dei cavi in acciaio contenuti dentro i tiranti del Ponte Morandi crollato il 14 agosto scorso, quando sull’A10 Genova-Savona sono morte 43 persone.
Ancora più specificamente: l’esame riguardava i tiranti del pilone 9, ovvero quello collassato insieme a oltre 200 metri di strada, e il responso sui «corpi estranei» è uno dei passaggi più importanti della relazione completata nelle scorse settimane dai laboratori svizzeri dell’Empa, dove sono stati individuati 16 reperti selezionati fra le macerie affinché fosse verificato il livello di corrosione.
La consegna del dossier svizzero, la cui traduzione dovrà peraltro essere rifatta dopo le contestazioni di Autostrade, contiene pure passaggi nei quali si ribadisce che i tiranti erano «degradati da tempo»
E però il contenuto di altre parti, di nuovo nell’opinione dell’azienda, rappresenta la dimostrazione che non sono stati gli stralli a cedere per primi. «Le rotture dei fili e dei trefoli – rimarcano quindi i tecnici di Aspi – mostrano che il collasso non è avvenuto per semplice trazione, alla quale sarebbe dovuta corrispondere un allungamento anomalo premonitore a occhio umano del disastro, ma sono invece intervenuti altri meccanismi che hanno condizionato la perdita di resistenza».
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