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QUEI TRE MOSCHETTIERI LUCANI

la recensione critico cinematografico Giulio Zoppello

di Giulio Zoppello (critico cinematografico) 
Fine del XVII secolo. La Regina Anna (Magherita Buy), è alle prese con le congiure ordite dal perfido e sanguinario Cardinale Mazzarino (Alessandro Haber), e disperata decide di richiamare D’Artagnan (Pierfrancesco Favino), affidandogli il compito di ritrovare Athos (Rocco Papaleo), Portos (Valerio Mastrandrea) ed Aramis (Sergio Rubini), per un’ultima missione, dalla quale dipende il futuro del regno di Francia. Ma i non più giovanissimi moschettieri, saranno ancora all’altezza della situazione?
Sono più di venti i film che nel tempo sono stati dedicati ai celebri moschettieri creati dalla geniale penna di Dumas nel 1844, senza contare i telefilm, cartoni animati e le serie tv.
Ora, scritto e diretto da Giovanni Veronesi, arriva I Tre Moschettieri – La Penultima Missione, che per questa immersione della Francia del giovane Re Sole, ha deciso di avvalersi di alcuni dei nomi più famosi ed amati del cinema italiano, all’interno di un cast di che comprende tra gli altri anche Valeria Solarino, Giulia Bevilacqua, Matilde Gioli e Lele Vannoli. Girato interamente in Basilicata, col supporto della Regione e di Lucana Film Commission, il nuovo lavoro di Veronesi si pone a metà strada tra sperimentazione ed omaggio, ricollegandosi non solo alle opere di Dumas ma anche con alcune delle precedenti trasposizioni cinematografiche.Chiaro l’omaggio alla versione del 1948 di George Sidney (solitamente reputata la migliore), per quanto però abbia molti più punti in comune con i tre episodi diretti con mano dissacrante e sapiente negli anni 70 da Richard Lester, senza però rinunciare ad certa atmosfera agrodolce propria non solo della commedia all’italiana, ma anche di quel La Maschera di Ferro di Randall Wallace, che nel 1998 sbancò i botteghini.
Veronesi strizza l’occhio anche alla commedia in costume, agli sceneggiati della Rai che fu, senza curarsi della verosimiglianza storica e linguistica, anzi facendo dell’uso del dialetto italiano un elemento fondamentale. E riuscito bisogna ammetterlo.
Il film diverte, grazie ad una chimica perfetta tra gli interpreti, ad un Favino che sul suo D’Artagnan cuce l’abito inusuale del grammelot, della sperimentazione linguistica alla Monicelli, ad un Mastrandrea corrucciato ma simpaticissimo anche.
Tuttavia I Tre Moschettieri soffre e mano a mano perde di incisività a causa di una sceneggiatura pigra, superficiale, incapace di andare oltre lo scatch, di legare l’insieme in un iter narrativo convincente, e a parte i dialoghi tra i quattro protagonisti, il loro evidente divertirsi a dissacrare i panni degli storici quattro moschettieri, il resto del cast si muove con passo incerto.Non convince il Mazzarino di Haber, né soprattutto la Regina di Margherita Buy, entrambi assolutamente fuori parte, relegati da una sceneggiatura molto arida a comparse, figuranti senza anima, incatenati a dialoghi ed escamotage narrativi abbastanza banali. La regia di Veronesi è perfetta nei momenti di dialogo, ma assolutamente carente, quasi deprimente, per quello che riguarda le scene d’azione, al livello delle peggiori fiction italiane, il che parlando di un film di cappa e spada (ed il fatto che ne sia per certi versi parodia non è una scusante) è abbastanza grave.Alla fin fine rimane l’impressione che nel chiamare i suoi attori feticcio, nell’affidarsi all’alchimia di un cast formato da artisti che lavorano bene o male assieme da una vita, il regista abbia pensato di poter tralasciare il resto, comprese le maestranze.Se non consideriamo infatti la splendida fotografia di Giovanni Canevari (che valorizza al massimo le bellezze naturali di Matera, Montescaglioso, delle Dolomiti Lucane e del Parco di Gallipoli) i costumi, le scenografie, persino la parte sonora, danno al tutto l’aria un po’ cadente e sparagnina di certe produzioni televisive da seconda serata estiva. I Tre Moschettieri di Veronesi piacerà al pubblico italiano, che ritroverà attori amati in modo trasversale, verrà apprezzato da chi vuole del divertimento senza pretese e passare un’ora e mezza in leggerezza; ma per ottenere questo non c’era bisogno certamente di scomodare i capolavori di Dumas, né di improvvisare un’immersione in un film storico che storico non è.Il tutto senza dimenticarsi della trama sfilacciata, di un finale assurdo, della totale trasfigurazione dei personaggi e dei loro significati, di un montaggio slegato e poco curato. Ma si sa, al pubblico italiano (lo stesso che anche quest’anno ha premiato l’ennesimo stanco e trito cinepanettone) tutto ciò non interessa.A quest’ultimo basta infatti ritrovare i volti amati in mille film diversi eppure uguali, stupirsi per piccoli trucchi e trovate tanto elementari quanto eternamente efficaci.
*Critico cinematografico

CHI ERA REALMENTE IL CAPITANO DEI MOSCHETTIERI D’ARTAGNAN

di Leonardo Pisani
Il 5 settembre 1661, Luigi XIV, nel giorno compiva 23 anni e diede ordine di arrestare il sovrintendente alle finanza Nicolas Fouquet Lo chiede al Charles de Batz de Castelmore d’Artagnan, o semplicemente d’Artagnan (Lupiac, 23 giugno 1615 – Maastricht, 25 giugno 1673) meglio conosciuto come d’Artagnan . Si è esistito realmente e Fouquet fu rinchiuso a Pinerolo, il capitano dei moschettieri lo portò l’, all’epoca Pinerolo era regno francese. Tre Storie, su il Re Sole si conosce tutto o quasi,ma poi la leggenda di D’Artagnan e quella della maschera di ferro si intrecciano. Passiamo al militare. Nato nel castello di Castelmore, in Guascogna, da Bertrand de Batz e Françoise de Montesquiou, che era figlia del signore di Artagnan, fu un grande uomo di guerra, coraggioso, pervaso dal senso dell’onore, da una forte passione per il servizio, da una viva attenzione alla politica e da una grande umanità. Nel 1635 circa entrò nella compagnia delle Guardie comandata da Monsieur des Essarts. Partecipò a varie campagne e nel 1644 entrò nei Moschettieri (Mousquetaires), probabilmente grazie all’influenza dell’amico di famiglia Monsieur de Tréville, insieme all’amico François de Montlezun, signore di Besmaux e futuro governatore della Bastiglia. Due anni dopo, la compagnia dei Moschettieri venne sciolta dal cardinale Giulio Mazzarino ed egli divenne uno dei suoi uomini di fiducia, svolgendo diverse missioni presso i comandanti delle armate del Re nel periodo della Fronda. Fu agli ordini di Turenne nella campagna delle Fiandre. Nel 1655 o 1656 diventò capitano delle Guardie, poi capitano e custode della voliera delle Tuileries, incarico tanto futile quanto prestigioso, visto che lo ottenne a pagamento, disputandolo a Colbert. Nel 1657 la compagnia dei Moschettieri venne ricostituita e l’anno seguente d’Artagnan ne assunse il comando succedendo a Issac de Baas, sebbene titolare della carica rimanesse il duca di Nevers, nipote di Mazzarino. Nello stesso anno partecipò all’assedio di Dunkerque.
Nel 1659 sposò Charlotte Anne de Chanlecy dalla quale ebbe due figli e dalla quale si separò nel 1665. Nel 1660 accompagnò il re Luigi XIV a Saint-Jean-de-Luz ad accogliere la principessa Maria Teresa di Spagna. Nel 1661 arrestò il Ministro delle Finanze Nicolas Fouquet a Nantes, sorvegliandolo per tutta la durata del processo e lo accompagnò all’esilio di Pinerolo nel 1664. Nel 1666 ottenne la carica di capitano “des petits chiens courant le chevreuil”. Nel 1667, col grado di capitano luogotenente, sostituì il duca de Nevers nel comando della I compagnia dei Moschettieri. Nel 1671 condusse all’esilio di Pinerolo il duca de Lauzun. Nel 1672 e fino al 1673 sostituì il maresciallo d’Humières nella carica di governatore a Lilla. Nel 1673 partecipò come comandante della compagnia di Moschettieri della Guardia chiamati “Moschettieri grigi” alla guerra contro i Paesi Bassi e, appena due giorni dopo il suo 58º compleanno, morì colpito da un proiettile alla gola durante l’assedio di Maastricht.. La sua compagnia riuscì comunque ad occupare la “mezzaluna” (fortificazione avanzata), obiettivo del loro attacco. D’Artagnan venne sepolto presso la chiesa dei Santi Pietro e Paolo a Wolder, nei Paesi Bassi.

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