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Jacopucci lo sfortunato “L’Angelo biondo”

Amava Bob Dylan, vestiva di bianco e sorrideva sempre

di Leonardo Pisani
Alto e slanciato, un volto pulito. Nessuno avrebbe immaginato che quel ragazzo faceva il boxer. Ma lo era, anche molto bravo, tanto da essere stato sparring partner del terribile Carlos Monzon, tanto da poter diventare Campione Europeo dei pesi medi. Quando quel titolo aveva più valore di tanti titoli mondiali di oggi. Danzava, amava anche Muhammed Alì’, colpiva e schivava, si allontanava con il gioco di gambe. Qualcuno diceva che il ragazzo di Tarquinia non aveva cuore, ma si sbagliavano. Praticava la Noble art, con lo stile più congeniale al suo fisico. Angelo Jacopucci era nato a Tarquinia il 12 dicembre 1948, era chiamato il brigetto dai suoi concittadini o anche l’angelo biondo dalla stampa sportiva, preferiva definirsi il Clay dei poveri. Amava scherzare, esordì come professionista nel 1973 con un mestierante del ring, ma cresce in fretta. Dopo appena due anni diventa campione italiano dei medi battendo il forte Sarti e l’anno dopo diventa europeo dei medi battendo nettamente il fortissimo Bunny Sterling. Lo perde alla prima ripresa contro il connazionale Germano Valsecchi, ma L’angelo Biondo non demorde, riprende il titolo italiano contro Mario Romersi, una sconfitta contro Frank Lucas, ma è pronto a cercare di riconquistare la corona europea contro un altro inglese, dal pugno pesante: Alan Minter. Sono solo 5 anni di carriera professionistica, era il 19 luglio 1978, sul ring di Bellaria, fu l’ultimo incontro dell’angelo biondo. Lo ricordiamo con la cronaca tratta dal libro di Andrea Bacci “L’ULTIMO VOLO DELL’ANGELO BIONDO”, Limina edizioni, 2006: «All’inizio della decima è Minter che, sentendosi mancare le forze, tenta di accelerare i tempi ed entra dentro la guardia dell’italiano. Il vecchio Jacopucci, quello forse codardo, ma terribilmente calcolatore, sfrutterebbe le braccia lunghe e terrebbe l’inglese a distanza. Questo nuovo Jacopucci è un guerriero, ed accetta lo scambio. Sembra finire ancora per Minter, ma verso la fine del round, Angelo piazza un incredibile destro al volto dell’avversario. Minter vacilla ancora. Se ci fosse tempo, potrebbe essere messo a terra. Ma tempo non c’é. La ripresa che finisce è però tutta per Jacopucci. Prima dell’undicesimo round, Angelo guarda l’angolo del suo avversario. Quello che vede è un volto ferito e vistosamente segnato dai suoi colpi. Vede i frutti della sua trasformazione di pugile. Minter ha il viso dipinto da rivoli di sangue che gli scendono copiosi. Ha un occhio, il destro, praticamente chiuso. L’altro terribilmente gonfio. Sembra un pugile sull’orlo di mollare, Minter. Sembra sul ciglio del KO. Sembra. Jacopucci dovrebbe insistere e scappare. Avere gambe. Pungere e volare via. Ma il cuore e l’anima del tarquinese hanno già dato tutto ciò che c’era da dare. In quel momento, il volo dell’Angelo biondo ha una netta e precipitevole caduta verso il basso. Non ne ha più, Jacopucci. La sua vittoria, l’ha solo vista nel viso segnato e sanguinolento di Minter. Non insiste, Jacopucci. Non può. Prende i colpi. Li prende tutti. Poi, improvvisamente, ha un sussulto. Un colpo di coda. Un sinistro che entra diritto sulla faccia dell’inglese, poi un destro. Non basta per prendere la ripresa. Non basta per riprendere le forze. I pugili vanno a sedere, il volto di Minter è una orrenda ragnatela di sangue, ha tagli sopra e sotto gli occhi che i suoi secondi tentano di chiudere alla meglio. Jacopucci non ha nessun segno sul viso. Sembra una persona passata di lì per caso, in quel momento. Non ha nessun segno della tremenda battaglia che si sta combattendo. Come gli è solito, gli unici segni che ha sono nella schiena, e sono le strisciate rimaste dal contatto con le corde. All’inizio della dodicesima e quart’ultima ripresa, Angelo capisce però che il suo volo, quella sera, sta per finire. Le gambe non ricevono più nessun segnale dal cervello, le braccia pesano tonnellate. E’ una barca in balìa della tempesta. Minter si fa aggressivo. Ha capito di essere stato sul punto di cadere. C’è mancato davvero poco per perdere. E la vuole far finita. La deve far finita. Parte un gran sinistro volante che colpisce violentemente Jacopucci, la guardia dell’italiano cade. Angelo è una lampadina spenta. Nulla può. Inizia una incredibile tempesta di colpi. Improvvisa, velocissima. Angelo arretra inconsciamente, Minter lo insegue. Uno, due, tre, quattro. L’arbitro segue l’azione. Cinque, sei, sette, otto, nove. Agostino urla al suo pugile di scappare, di alzare la guardia, di coprirsi. Angelo non sente, si avvicina alle corde, nei pressi dell’angolo neutro. E’ in balia del suo diavolo. Tante altre volte sarebbe scappato via. Adesso non può più. Potrebbe cadere a terra, andare KO. Ma il suo orgoglio è troppo forte. Dieci e undici, due destri. Dodici e tredici, destro e sinistro. L’arbitro continua a guardare. Agostino continua ad urlare. Quattordici, un destro d’incontro. E’ finita. E’ finita. Minter carica un’altro sinistro. Il sangue gli scorre davanti agli occhi. Quegli occhi freddi come il ghiaccio. Non vede. Non vede un avversario ormai finito. E’ finita. Jacopucci sta cadendo. E’ ormai caduto. E’ KO. E’ finita. Non c’é bisogno di quel sinistro. Jacopucci non lo farebbe partire. In passato si è sempre fermato, quando vedeva l’avversario troppo segnato dai colpi. Angelo è uno cui piace vincere, non stravincere. E’ finita. Ma Minter non è Jacopucci. Per Minter non è finita. Parte quel terrificante sinistro. Parte il colpo di grazia. Jacopucci fa correre le sue braccia lungo il corpo. Lo capisce che ha perso. Lo vede quel sinistro partire. Lo vede avvicinarsi. Ma non lo vede arrivare. Forse non lo sente nemmeno arrivare. Quindici. E’ uno schianto terribile. La testa di Angelo cade all’indietro. I suoi occhi, spalancati, guardano in giro, ma non vedono niente. Si piegano

 le ginocchia. Jacopucci cade perpendicolare alle corde. Cade come un ridicolo compasso. Disegna un angolo sempre più ridicolamente acuto. Poi si ferma, i talloni sotto il bacino, la schiena tenuta dritta dalle corde, la testa oscenamente reclinata su un angolo. Lo sguardo perduto nel vuoto. L’arbitro non ha nemmeno bisogno di contare: è KO alla dodicesima ripresa. Il vincitore è Alan Minter». Angelo si rialzò,assicurò che stava bene ma, sorrideva e da sportivo andò anche alla festa in onore del suo vincitore Minter. Lì si sentì male,vomitò e tornò in albergo. La tragedia, andò in coma, fu trasportato di urgenza “Bellaria” di Bologna. Morì a soli 29 anni la mattina del 22 luglio 1978. La notizia sconvolse l’Italia e anche l’Europa, gli incontri per i titoli nazionali e europei, passarono da 15 riprese a 12, si incominciò a prendere maggiori precauzioni mediche, TAC cranica obbligatoria e non furono più ammessi incontri in zone distanti più di un’ora da un centro neurologico.Sono passati 40 anni dalla sua morte, ma il suo ricordo è ancora vivo, nei forum di pugilato e nelle pagine dedicate alla boxe di Facebook, spesso si parla di lui. A tenerne alta la memoria i suoi amici, chi l’ha conosciuto, chi lo ha visto combattere, perchè Jacopucci era un gran bel pugile. A Tarquinia, sua città natale, gli è stato dedicato il palazzetto dello sport e una corsa ciclistica ;nel 1990, a 12 anni dalla morte, un gruppo punk rock polacco, Kult, dedicò una canzone a questo pugile. La canzone intitolata, appunto, Angelo Jacopucci, ha un testo e una musica molto crudi, come cruda è stata la sua fine.[senza fonte] L’unica imprecisione è che sul testo hanno sbagliato la data dell’incontro. Nel 2016, il cantante Alessandro Biagiola in arte Prisco, dedica una canzone “L’Angelo biondo” in suo onore con tanto di video girato nella palestra a lui intitolata. E poi il gran bel libro di Andrea Bacci che ringrazio per la cortesia di avermi fatto pubblicare alcuni passaggi su Jacopucci – Minter

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