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CONTRO LA VIOLENZA SULLE DONNE

Le parole sessiste che si pronunciano, anche se per vie traverse, puniscono una seconda volta la vittima e legittimano, danno sostegno morale e “complice” a chi compie azioni atroci contro le donne.

“Lo stupro? Solo all’inizio, ma poi la donna si calma e god”

“Se l’è cercata”

“Se si sceglie la cultura dello sballo certe cose succedono”

“La donna è fonte di desiderio, è un istinto primordiale”

“Ragazzina o no, se si droga cerca rogne”

“Se non avesse voluto attirare l’attenzione, non avrebbe dovuto vestirsi in quel modo”

“L’uomo è infedele per natura, la donna non può e non deve”

“Va bene tutto, ma se indossi il perizoma in pizzo è perché ti vuoi levare i jeans…”

“Quando una donna dice no, vuol dire forse, quando dice forse vuole dire sì e se dice sì, allora non è una donna”

“Le donne fanno tutte le puttanelle in tv, e quelle in giro per la strada si vestono tutte come loro, poi perchè si lamentano di essere trattate da troie? Se una si veste così ho il DIRITTO di trattarla da troia”

“Giusto così, le donne devono essere porche e mute”

“Figuriamoci se una nazifemminista non ci faceva su un articolo contro gli uomini. Spiegami cosa ci sono andate a fare dentro l’auto se non volevano cazzo”

“Smettiamola di chiamare ‘femminicidio’ un comune omicidio! L’unico caso vero di femminicidio, se vogliamo sdoganare questo termine inutile, ovvero una uccisione per motivi di sesso è l’aborto praticato in Cina. Il resto è fuffa”

“Se le donne si vestono così, allora se la cercano…”

“Parafrasando quello che diceva una femminista storica, una donna ha bisogno di un pesce oppure di una bicicletta, però senza sellino”

“Veramente, adesso avete rotto i cosiddetti con questo nazifemminismo castrante. Se non volete essere trattate da puttane allora smettete di comportarvi come tali, e un ceffone ogni tanto vi fa soltanto bene!”

“Io alla mia troia qualche schiaffo lo mollo, giusto perché così capisce che non deve alzare la cresta. Però, capiamoci, io la amo”

(…) (…) (…)

Nota a margine: «Questi commenti raccolti dal web sotto ad articoli di cronaca che raccontano di molestie, abusi e violenze sulle donne hanno tutti una medesima matrice culturale. Certo, possiamo anche fare finta che non sia così, ma l’idea che non ci sia una forte correlazione tra il marciume sessista che impera in questa Società e le azioni di un troglodita è semplicemente illogico… e forse persino pericoloso.

L’espressione “se l’è cercata”, pronunciata apertamente oppure sottintesa, resta tra le più diffuse… e questo è vero a tale punto che oramai ha delle “estensioni naturali”, come nel caso di Silvia Romano, la cooperante italiana rapita in Kenya, “colpevole” di non aver soddisfatto “le sue smanie d’altruismo in qualche mensa nostrana” (così impara a fare del “buonismo da asporto”)

La questione è sempre la stessa da decenni: la donna viene ritenuta un oggetto (sessuale). Questa forma di deumanizzazione porta molti uomini (persino quelli che passano per intelligenti) ad avere un distorto senso del possesso e, nemmeno a dirlo, contribuisce al mantenimento dell’ineguaglianza e alla diffusione di comportamenti sessisti e spesso violenti.

La violenza sulle donne è un problema culturale.

Le parole sessiste che si pronunciano, anche se per vie traverse, puniscono una seconda volta la vittima e legittimano, danno sostegno morale e “complice” a chi compie azioni atroci contro le donne.

Le parole uccidono due volte. ~ Le parole uccidono prima.

 

“Se l’è cercata”, project © Daniele Deriu – Photo Philosoph (Dedicata al 25 novembre 2018 Giornata mondiale contro la violenza sulle donne)

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