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LA BALLATA DEI SASSI di CARLOS SOLITO

IL ROMANZO DI MATERA, CAPITALE EUROPEA DELLA CULTURA 2019

IL ROMANZO DI MATERA, CAPITALE EUROPEA DELLA CULTURA 2019               LA BALLATA DEI SASSI di CARLOS SOLITO

UN MISTERIOSO POETA CHE SEMINA VERSI NEL VENTO.
UNA GIOVANE DONNA IN CERCA DI SE STESSA.
NELLA CORNICE DI MATERA, CITTÀ UNICA, DOVE LA PIETRA PALPITA DI UN RITMO SENZA TEMPO.

In una notte di marzo, un uomo cammina da solo per le strade di Milano.

È un lungo addio alla città che lo ha accolto quando è fuggito dal Sud con tanti sogni e tanta rabbia in corpo.

Da lì ha spiccato il volo, ha conosciuto la carriera e il successo, ma ora tutto questo non ha più senso.

Perché Ettore ha vissuto qualcosa che gli ha aperto gli occhi, una paura forse necessaria per desiderare di rinascere.

Adesso, come i falchi grillai della sua Murgia, è pronto a tornare a casa, per ritrovare la terra, il vento, i sapori che danno pace.

Sarà un ritorno lento, con la sola compagnia della macchina da scrivere che gli aveva regalato suo nonno, il Grigio: di lui porta ancora nei piedi il ritmo dei passi e in testa la saggezza dei silenzi.

Si torna a Matera, mondo di tufo, luce e vertigini.

È una notte di luna piena che mette in circolo pensieri che non fanno dormire.

Maria ricorda l’incontro che le ha fatto conoscere l’amore, rivive il senso di colpa per le parole che non ha saputo dire.

Chissà perché non riesce mai a trovare quelle giuste per mettere a nudo il suo cuore, proprio lei che ci lavora, con le parole, sempre a caccia di storie da pubblicare.

Ora rilegge, incuriosita, il foglio trovato per caso in un bar: pochi versi battuti a macchina.

Maria ancora non lo sa, ma ci saranno altre poesie come quella, disseminate da un misterioso scrittore come una traccia che vuole essere seguita.

E stavolta non avrà nessuna intenzione di lasciar spegnere la scintilla che le si è accesa dentro.

Inizia così un duplice viaggio che ha il ritmo di una ballata, il rincorrersi di due destini attratti dal paesaggio fiabesco e ancestrale dei Sassi di Matera: dove arte e vita, sacro e profano si fondono sopra e sotto terra.

Una discesa nel profondo dell’animo, un salto verso la vertigine della vita.

Niente nevrosi, niente passi veloci, solo la benedizione di una banza dolce, viaggio così da una vita.

Poi, c’è sempre un poi, è arrivata Matera e Matera non scherza, Matera ti prende e ti mette addosso, dentro ovunque nelle carni, il respiro matto, quello dello stupore, quello del fiato a debito, quello che non ti fa dire mezza parola e fa impazzire il cuore che non si ferma danza la vita potente, fa il cavallo in petto, s’inchina alla bellezza.

In questa Basilicata ruvida e poetica, tra scirocco e tramontana che sferzano mandorli e ulivi, va in scena lo spettacolo rupestre del calcare col passepartout roccioso dei Sassi Caveoso e Barisano, i precipizi della Gravina, le grotte zeppe di affreschi bizantini, i muretti a secco, le facciate barocche e romaniche, i saliscendi lastricati, le lande della Murgia che sanno di luna e il mare grosso delle crete con onde e onde di calanchi. In questa Lucania, dove si sta bene col vuoto arcano e il sole forte, mi piace farmi di silenzio, andare in pellegrinaggio sopra e sotto terra.

C’è un posto per ognuno di noi in questo mondo, ce lo insegnano le stelle che da lassù, lontano lontano, hanno il loro e non si stancano di splendere. Mai.

Ecco, a Matera sono nel mio coi falchi grillai, le pietre antiche, santi senza aureola con le tasche piene di sogni e peccati.

Poeti erranti, spacciatori di sogni, briganti di passato, custodi di pinacoteche sotterranee, massaie teatranti, musicanti in cerca di corpi da agitare, baristi pieni di desideri, anziane che sciorinano preghiere, bracconieri di panorami, allevatori di stelle, panettieri buoni come il pane caldo, attori nomadi come pastori, scultori che parlano alle pietre, giovani donne che amano fare la pasta fatta in casa, pittori con l’ossessione dell’eternità e registi strafatti di nitrato d’argento.

Con questa bella compagnia splendiamo, lo vedo lo sento facciamo energia che prende vola fa vertigine fa luce fa pace, fa Matera.

 

UN DUPLICE VIAGGIO CHE HA IL RITMO DI UNA BALLATA, IL RINCORRERSI DI DUE DESTINI ATTRATTI DAL PAESAGGIO FIABESCO E ANCESTRALE DEI SASSI DI MATERA: DOVE ARTE E VITA, SACRO E PROFANO SI FONDONO SOPRA E SOTTO TERRA.

DA MATERA, CHE NEL 2019 SARÀ CAPITALE EUROPEA DELLA CULTURA, AI FIABESCHI PAESAGGI LUCANI TRA I QUALI TORNA A RIVIVERE ANCHE LA GAGLIANO DI CRISTO SI È FERMATO A EBOLI, UNO DEI LUOGHI LETTERARI PIÙ IMPORTANTI DEL NOVECENTO.

L’AUTORE
Carlos Solito, scrittore, fotografo, giornalista e regista, è nato a Grottaglie, in provincia di Taranto. Gira il mondo da giovanissimo e collabora con numerosi magazine e quotidiani nazionali realizzando reportage di viaggi. Dirige spot pubblicitari, videoclip musicali e cortometraggi. Le sue fotografie sono state esposte in diversi Paesi e ha pubblicato una ventina di volumi illustrati per i più importanti editori italiani. Ha firmato la raccolta di racconti Il contrario del sole (Versante Sud, 2010) e Montagne (Elliot, 2012), insieme a Dacia Maraini, Paolo Rumiz, Maurizio Maggiani, Franco Arminio, Andrea Bocconi e altri. Dal suo primo romanzo, Sciamenesciá (Elliot, 2016), sarà tratto un film.

LA TRAMA
In una notte di marzo, un uomo cammina da solo per le strade di Milano. È un lungo addio alla città che lo ha accolto quando è fuggito dal Sud con tanti sogni e tanta rabbia in corpo. Da lì ha spiccato il volo, ha conosciuto la carriera e il successo, ma ora tutto questo non ha più senso. Perché Ettore ha vissuto qualcosa che gli ha aperto gli occhi, una paura forse necessaria per desiderare di rinascere.
Adesso, come i falchi grillai della sua Murgia, è pronto a tornare a casa, per ritrovare la terra, il vento, i sapori che danno pace. Sarà un ritorno lento, con la sola compagnia della macchina da scrivere che gli aveva regalato suo nonno, il Grigio: di lui porta ancora nei piedi il ritmo dei passi e in testa la saggezza dei silenzi. Si torna a Matera, mondo di tufo, luce e vertigini. È una notte di luna piena che mette in circolo pensieri che non fanno dormire. Maria ricorda l’incontro che le ha fatto conoscere l’amore, rivive il senso di colpa per le parole che non ha saputo dire. Chissà perché non riesce mai a trovare quelle giuste per mettere a nudo il suo cuore, proprio lei che ci lavora, con le parole, sempre a caccia di storie da pubblicare. Ora rilegge, incuriosita, il foglio trovato per caso in un bar: pochi versi battuti a macchina. Maria ancora non lo sa, ma ci saranno altre poesie come quella, disseminate da un misterioso poeta come una traccia che vuole essere seguita. E stavolta non avrà nessuna intenzione di lasciar spegnere la scintilla che le si è accesa dentro.

 

 

 

 

 

 

Domenico Leccese

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