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NON CHIUDETE LE SCUOLE DELL’ASPROMONTE CALABRESE

Domani a Careri paesino dell’Aspromonte calabrese, è indetto lo sciopero generale per difendere il diritto alla scuola.

di Paride Leporace 

La scuola dell’obbligo è morta in quel paese

 

 

 

Domani a Careri paesino dell’Aspromonte calabrese, è indetto lo sciopero generale per difendere il diritto alla scuola.

Normative rigide e contabili hanno imposto una deportazione a dodici chilometri di strade impervie e piene di tornanti per 35 ragazzini che per andare ad apprendere non possono neanche far colazione la mattina visto il rischio vomito che provocherebbero quei viaggi mattutini.

È  ancora emergenza in Aspromonte

Chiudono le scuole dell’obbligo nei paesi della grande montagna fermando la speranza e favorendo l’abbandono. A Careri è lotta da settimane. A Roccaforte del Greco, paese dell’area grecanica, la scuola è stata chiusa in nome della razionalizzazione arida e matematica, anche a Canolo la scuola è stata sbarrata. Altre ne chiuderanno presto.

Abbiamo avuto notizia di ciò grazie all’appello pubblico promosso da due intellettuali calabresi

Ha scritto in un appassionato documento l’antropologo Vito Teti: “Questo significa che non può esistere un paese, anche il più piccolo, senza centri culturali, luoghi di socialità, e, soprattutto, senza scuole. Le scuole – anche con pochi alunni – devono restare aperte e funzionanti. Il diritto allo studio e all’istruzione è garantito dalla Costituzione e non può essere subordinato a calcoli economici”

E domani mattina la lotta riparte da Careri dove i genitori non arretrano

Non manderanno bambini nella scuola distante e non temono denunce e minacce. Sono andati in processione ad Ardore, a Reggio Calabria, alla Regione.

Con loro ci sarà Gioacchino Criaco, lo scrittore di Africo, che ha ha dato visibilità alla questione:

“esserci è un segnale importante. È importante perché in gioco non c’è la chiusura di una sola scuola. Stanno chiudendo il nostro mondo, e la colpa è quasi tutta nostra, perché ci siamo piegati ad altre culture, ad altri principi e criteri di vita. In fondo la nostra esistenza è sempre in decisioni altrui, e da qualche parte prima o poi dovremo cominciare, se vogliamo resistere combattendo”.

È dal 20 settembre che la mobilitazione grazie a Gioacchino ha preso rilevanza pubblica, quando lui che non aveva mai promosso appelli, ha scritto sulla sua pagina Facebook una chiamata in cui si legge:

“Uno Stato padre non dovrebbe avere bisogno di appelli o stimoli per fare quello che è giusto. Ma la giustizia non frequenta rilievi troppo alti, non ama passeggiare sopra le nuvole”
Africo,1948

e la foto non poteva essere che quella del 1948 ad Africo scattata da Tino Petrelli per il reportage di Tommaso Besozzi per uno storico reportage dell’Europeo. Una foto entrata nei libri di storia e che ammonisce siamo poveri ma a scuola andiamo anche a piedi nudi e con una cartina dell’Italia rabberciata.

Criaco richiama alla mente la storica denuncia di Umberto Zanotti Bianco che nel 1925 pubblica il libro “Il martirio della scuola in Calabria” in cui si poteva leggere: “pochi sono i Comuni che possono offrire alla scuola qualcosa di meglio che non dei bassi umidi, oscuri e poco areati o delle vecchie baracche malandate di quindici venti anni or sono”

E un secolo dopo quella battaglia culturale dobbiamo lottare per tenere aperte le scuole

L’appello di Gioacchino ha raccolto consensi territoriali

I sindaci di zona, i vertici del Parco dell’Aspromonte, l’ex presidente della commissione Antimafia Forgione hanno fatto levare la loro voce, tra i partiti solo Potere al Popolo ha preso netta posizione.

La cronaca dei giornali locali ha fatto cassa di risonanza non molto partecipe , il sempre generoso Alfredo Sprovieri è riuscito a far pubblicare la notizia su Repubblica.

Ma sono nate anche belle iniziative

Come quella della “Cattedre ambulanti” nei paesi delle scuole soppresse che hanno visto docenti volontari mettersi in cattedra. Una mobilitazione che mi ha ricordato il film della regista Amira Makhamailbaf. che racconta di un maestro con la lavagna sulle spalle e che s’inerpica sulle montagne del Kurdistan devastato dalla guerra per portare l’istruzione.

Lottiamo per far riaprire le scuole dei paesi d’Aspromonte

Ma questa è lotta delle aree interne abbandonate. È lotta di tanti.

Ad Alessandria del Carretto nell’Alto Jonio cosentino l’hanno persa la battaglia per l’asilo. C’erano solo 4 bambini, figli di chi resiste con attività commerciali in quel paese di montagna raccontato dal regista De Seta e difeso quasi in solitudine dal giornalista Peppe Rizzo.

Il sindaco, constatato che lo scuolabus non serviva più a nulla, la ha dato a Trebisacce dove i bambini del suo comune sono stati trasferiti.

Non basta andare ai festival delle piccole comunità. Bisogna difenderle e saperle amare. L’Italia dell’Osso ci chiama. Non lasciamoli soli. Scuole aperte nei comuni di montagna. Non favoriamo nuove povertà economiche e morali.

per approfondire:

Pubblicato da Francesco Pileggi su Sabato 29 settembre 2018

Riabitare i paesi. Un “manifesto” per i borghi in abbandono e in via di spopolamento

SENZA LA SCUOLA CI AVETE TOLTO LA PAROLA

 

 

Domenico Leccese 

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