Chi è la criminologa Ursula Franco? Una breve biografia
Sono nata a Grosseto il 5 gennaio del 1966; con la mia famiglia, nel 1971, ci siamo trasferiti in provincia
Sono nata a Grosseto il 5 gennaio del 1966; con la mia famiglia, nel 1971, ci siamo trasferiti in provincia di Pisa, a Tirrenia, cittadina marittima bilingue
dove, per la presenza dei militari americani di stanza a Camp Darby, circolavano sia le lire che i dollari e dove, all’età di 6 anni, ho fatto il mio primo esame per essere ammessa alla seconda elementare; a 9 anni ho scritto un dramma sul disboscamento e sui danni che provoca alla fauna, l’ho messo in scena con i miei compagni di classe;
alle scuole medie ho tenuto la mia prima lezione di anatomia e fisiologia cardiovascolare, anche se all’epoca la mia grande passione era la medicina legale che studiavo con mio padre, un veterinario che stava laureandosi anche in medicina;
in quegli anni ho appreso l’ebraico per affrontare la maggiorità religiosa e con quella il mio ingresso nel mondo degli adulti;
durante l’inverno, per più di un decennio, ho sciato quasi ogni weekend;
mentre facevo il liceo ho lavorato come istruttore di windsurf e ho partecipato a diversi campionati invernali dello stesso sport a Genova, a Livorno e a Viareggio.
Finito il liceo scientifico mi sono iscritta alla facoltà di medicina e chirurgia, mi sono laureata il 19 luglio del 1991 con una tesi in neurologia ed il massimo dei voti; nei primi anni di università mi sono recata in Israele con i miei fratelli, ho lavorato con loro a Gvulot, un kibbutz al confine con Gaza, io raccoglievo il mango mentre Sammy e Moshe si occupavano della disposizione dei tubi per l’irrigazione nei campi di noccioline; ho subito pressioni per restare, ho scelto di tornare in Italia per laurearmi.
Qualche mese dopo la laurea ho vinto un dottorato di ricerca all’Università di Siena dove sono rimasta un anno, mi occupavo di ricerca nel campo della neurofisiopatologia e facevo gli esami di neurologia agli studenti di medicina, non ero per niente tollerante, anzi il contrario; sempre di neurofisipatologia mi sono occupata a Pisa,
l’anno seguente, e poi mi sono trasferita a Buffalo, New York, dove ho lavorato in un ospedale per bambini e ho fatto ricerca per l’Università di Buffalo;
mentre mi trovavo in America mi sono anche dedicata al restauro di oggetti d’antiquariato che vendevo nel mercatino di Clarence, New York. Downton Buffalo, nello storico Terracotta Building, disegnato da Louis Sullivan, maestro di Frank Lloyd Wright, ho assaggiato per la prima volta il sushi ed il sashimi in compagnia di Scott Goldman, nipote del proprietario miliardario di una delle più importanti acciaierie americane, la Lancaster Steel Company;
tornata in Italia ho lavorato come medico di base nella Casa di reclusione, Isola di Gorgona, Livorno, dove ho conosciuto lo straordinario direttore dell’epoca, Carlo Mazzerbo, che oggi dirige il carcere di Massa Marittima;
poi mi sono trasferita a Roma, dove, per sopravvivere e pagarmi il master in criminologia all’Università La Sapienza, ho fatto la commessa in un negozio che vendeva cashmere ed in uno di gioielli contemporanei, non senza soffrirne, devo ammetterlo; ho avuto una piccola boutique;
ho restaurato Militaria e lampadari antichi; ho partecipato a mercatini dell’antiquariato; ho fatto la guida turistica per stranieri nel ghetto di Roma; ho scritto di politica mediorientale;
mi sono occupata di decorazione d’interni e d’arte contemporanea, in una delle mie ultime mostre ho esposto con Fabio Mauri e Jannis Kounellis;
nel frattempo ho vissuto in Marocco, a Casablanca, in Boulevard Moulay Youssef, dove vendevo diamanti nella gioielleria di un mio ormai ex fidanzato ebreo, amico fraterno di Mohammed VI, l’illuminato re del paese;
in Nord Africa ho imparato a cucinare il tajine e molto altro.
Poi, inaspettatamente, l’arresto di Buoninconti, l’incompetenza e la superficialità di un paese intero mi hanno costretta a mettere a disposizione di un innocente le mie competenze, forzandomi ad entrare nel mondo delle tarantelle giudiziarie.
La meritocrazia è spesso figlia della disperazione. Ho atteso, mi sono costruita, sono orgogliosa di tutto ciò che ho fatto nella vita perché mi ha portato ad essere la persona che sono oggi, un outsider che lavora per la verità.

Nel caso Buoninconti Ceste, molti incompetenti mi hanno messo la museruola favorendo la condanna dell’unica vera vittima di questo caso giudiziario ma la musica è cambiata e non permetterò mai più che un processo mediatico messo in piedi dalla stampa spazzatura e da trasmissioni degenerate faccia condannare persone innocenti.
Domenico Leccese