Il caso Michele Buoninconti è un paradosso kafkiano: un uomo è stato condannato per un omicidio mai avvenuto
Un’ultima intervista prima del verdetto della Cassazione alla dottoressa Ursula Franco, criminologa, consulente della difesa di Michele Buoninconti. Dottoressa Franco
Un’ultima intervista prima del verdetto della Cassazione alla dottoressa Ursula Franco, criminologa, consulente della difesa di Michele Buoninconti.
Dottoressa Franco vuole parlarci del video mandato in onda dalla trasmissione Quarto Grado venerdì 11 maggio 2018?
IL VIDEO:
http://www.video.mediaset.it/video/quarto_grado/clip/omicidio-elena-ceste_841183.html
Quello mandato in onda nell’ambito del processo mediatico ai danni di Michele Buoninconti, è l’ennesimo video che la Procura di Asti ha fornito a Quarto Grado, è un video dell’aprile 2015 dove il povero Buoninconti parla con entusiasmo della mia consulenza, in specie della parte in cui smonto le assurdità dette dai conduttori dei cani che parteciparono alle ricerche della Ceste e poi parlando degli avvocati dell’epoca aggiunge “Masoero e la Girola sono i dipendenti della Deodato, pagati da me”. È un video emblematico, è la rappresentazione della disperazione di un uomo innocente accusato di un reato infame, l’omicidio di sua moglie, un omicidio che non è mai avvenuto perché Elena Ceste è morta di morte accidentale, un paradosso kafkiano.
Che cosa pensa delle trasmissioni televisive che si occupano di casi giudiziari?
Negli show del dolore ospiti e conduttori giocano con le vite dei poveri cristi costruendo a tavolino ideali rappresentanti del male e del bene da dare in pasto al loro pubblico diversamente pensante che cerca sollievo alle frustrazioni della propria vita di miserie, a volte linciando, altre volte celebrando questi personaggi di fantasia. Incompetenza, superficialità, mancanza d’empatia, falsificazione, dissimulazione, ipocrisia, bieco giustizialismo e invidia, sono le parole chiave.
Perché la procura di Asti ha fornito ad uno show televisivo come Quarto Grado atti d’indagine relativi ad un caso aperto?
Le procure forniscono stralci ad hoc degli atti d’indagine alle trasmissioni televisive, pur sapendo che in certe sedi non si fa scienza, al solo scopo di condizionare i giudici. La procura di Asti, poiché non aveva nulla che avvalorasse la propria ipotesi ha giocato la vergognosa carta del processo mediatico, processo mediatico che ha condotto alla condanna di un uomo innocente. Un uomo innocente cui è stato impedito di partecipare al funerale di sua moglie, che si è dovuto sottoporre ad una perizia psichiatrica e che da più di 3 anni viene sballottato da un carcere ad un altro. Come potrà mai lo Stato italiano risarcirlo?
Le farò un’ultima domanda un po’ particolare, dottoressa Franco, che cosa deve augurarsi la procura di Asti dalla Cassazione?
La procura di Asti deve augurarsi che i giudici della Corte Suprema assolvano Buoninconti perché il fatto non sussiste, non solo perché così sarà fatta giustizia ma anche perché più tempo Michele Buoninconti passerà in carcere, peggio sarà per tutti.
Domenico Leccese