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Volgarità di approccio, di sentimenti, di scelte, nelle parole e nei fatti in un 6×3

“Amore ma se mi uccidi, dopo chi picchi?” Storia di un manifesto e di parole gettate al vento e male

“Amore ma se mi uccidi, dopo chi picchi?”
Storia di un manifesto e di parole gettate al vento e male

* Milene Mucci Fondazione “Antonino Caponnetto”, libera-mente a Sinistra
‪https://www.huffingtonpost.it/milene-mucci/amore-ma-se-mi-uccidi-dopo-chi-picchi-storia-di-un-manifesto-e-di-parole-gettate-al-vento-e-male_a_23399498/ ‬

“Amore ma se mi uccidi, dopo chi picchi?” suggerisce la ragazza che ammicca con un mezzo sorrisetto sornione dal gigantesco manifesto .
In effetti, pur consapevole del fatto che ormai la realtà superi qualunque fantasia, lì per lì credevo fosse Lercio o qualcosa di simile.
 Invece no… per niente.

Il manifesto era reale, è reale e promuove un incontro per il prossimo 13 aprile a Potenza .
Intorno al volto della ragazza e al suddetto titolo una sfilza di sponsor e patrocinii all’iniziativa dai blasoni notevoli.

 

 

Provo ad ingrandire e mi sembra di intravedere quello di una banca e, forse,finanche il logo dello stesso Comune.
Ora,io mi chiedo, anche se sarò naif … ma fra tutti questi cervelli altolocati che hanno dato l’ok a questa comunicazione di una idiozia ed una assurdità devastante, in mezzo a tutti questi cervelli non ce n’e’ stato uno, uno dico che abbia ritenuto questo manifesto e quella frase, sconveniente, deprimente, squalificante per tutto il genere femminile già così drammaticamente provato dalla violenza?
Certo,la frase sul manifesto è il titolo di un video realizzato dalla Regione Campania tempo fa contro la violenza sulle donne ma (a parte che a me non piace neanche l’impostazione di quel video perché su certi argomenti da scherzare e sorridere sia pur con ironia non mi viene proprio) possibile che nessuno abbia pensato che quelle parole su un manifesto per strada, estrapolate dal loro contesto, avrebbero avuto tutto, tutto un altro senso e nessun significato chiaro?

Uno solo di cervello a cui fosse venuto un dubbio in mezzo a quelli che hanno approvato questa cosa geniale c’è stato? 
Uno solo chiedo, mica tanti.
Solo semplicemente per chiederci, ancora una volta, perché dobbiamo sempre indignarci, nauseate, a posteriori. Perché’?
Perché non si fa palestra, nei suddetti cervelli che fanno comunicazione, di educazione al rispetto e ad un minimo di connessione con la realtà esattamente come, magari, ci si reca in palestra a coltivare gli addominali?

È deprimente. Davvero.

E non consola il fatto che sia immediatamente uscita una nota della Regione Basilicata in cui si sollecita la rimozione del suddetto manifesto sottolineando che, sia pure promuovendo un evento dalla finalità nobile :   “..La modalità, tuttavia, è in contrasto, oltre che col buonsenso ed il buongusto, anche con il doveroso rispetto della dignità femminile. Messaggi di questo genere – si legge nella nota a firma congiunta della consigliera di Parità effettiva, Ivana Pipponzi, e della consigliera di Parità supplente, Luisa Rubino – ci sembrano andare in un’opposta direzione, ben lontani dalla consapevolezza necessaria a contrastare la violenza. Peraltro, il testo del titolo è irrispettoso delle regole minime del corretto linguaggio di genere adottato da ultimo, attraverso la Carta di Venezia, dall’Ordine nazionale dei giornalisti. Della Regione Basilicata “.
Ecco, perfetto…ma, ripeto,il dramma è che a nessuno, nessuno sia balenata in mente l’assurdità di una frase che, decontestualizzata dal video da cui è stata ripresa, appare di una gravità assurda.

Insomma, la solita storia.

È come essere calpestate e sporcate ogni volta da un nuovo passaggio di fango ritrovandosi sgomente davanti all’anima bella di turno che dice al bambino cattivo che ha sbagliato, “Chiedi scusa alla signora. Non l’hai vista?”
No, non ci sono scuse e qui, come in tante altre volte, non ci sono bambini che sbagliano.
Non è più ammissibile certa leggerezza, certa complice colposa mancanza di attenzione, certo colpevole gioco della comunicazione senza riguardo alle parole, al loro uso o al doppio senso che possono provocare.

Facciamo esercizio anche noi allora.

Guardiamo quel manifesto con attenzione per favore.
 Pensiamo a chi l’ha ideato e ai passaggi burocratici che l’hanno autorizzato.
 Pensiamo a chi ha scelto il volto con quel mezzo sorriso accanto ad una frase cosi terribile, alla volgarità di questa associazione di cose, di parole. Senza una spiegazione, niente.
 Quel volto curatissimo, quasi sorridente e le parole a fianco “Amore …” e qui si aprirebbe il mondo dell’ignobile uso di questa parola scritta in questi contesti..
 Amore “Amore ma se mi uccidi, dopo chi picchi?”…
Ma si certo … anche se considerata l’attività di prevenzione dei femminicidi in Italia non credo ci si debba preoccupare per la carenza di donne da massacrare ogni due o tre giorni.


Ci si può anche permettere di commetterlo qualche sbaglio di comunicazione su un manifesto…
Che problema c’è’?


Volgarità, mancanza di attenzione. Del valore che il problema della violenza sulle donne merita, soprattutto dal punto di vista della comunicazione.
Comunicazione che potrebbe, invece, crearne altra e migliore .
Continuando, invece, a perseverare in peggio,ogni volta.
Non c’è da dire altro.

Volgarità di approccio, di sentimenti, di scelte, nelle parole e nei fatti.

Ne siamo stanche.
 Certo è utile, ma non serve, non serve più dover togliere un manifesto a posteriori .
Dovremmo essere oltre.
 Molto oltre.

Domenico Leccese

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