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IL NUOVO VIAGGIO DI ULISSE DOPO 2500 ANNI

di Gianrocco Guerriero L’Odissea è uno dei pochi testi antichi che siano riusciti ad attraversare indenni le tempeste del tempo

di Gianrocco Guerriero
L’Odissea è uno dei pochi testi antichi che siano riusciti ad attraversare indenni le tempeste del tempo e giungere fino a noi. In essa non sono semplicemente riassunte le tradizioni e le caratteristiche culturali di un popolo, meglio che in qualunque libro di storia. La vera grandezza dell’epopea di Ulisse, difatti, sta nella sua capacità di rappresentare tout court l’intera vicenda umana, dalla scoperta del fuoco alla conquista dello spazio. E, in tal senso, quella dell’eroe acheo è una storia che non può avere fine.


Omero articola il suo lungo racconto in ventiquattro libri. Nell’ultimo, Ulisse torna a casa e ristabilisce l’ordine. Ma la sua ira contro i Proci è frenata da Atena, la quale lo invita, già vittorioso, a non esacerbare una guerra fraterna.
Un finale aperto, a partire dal quale, duemilacinquecento anni dopo, Antonio Giambersio- nella foto in basso- , sente il bisogno di riprendere la narrazione. Ed è così che nasce “Odissea – L’epilogo”: altri ventiquattro libri, scritti in prosa, come lo spirito del tempo esige, ma talmente affini, per linguaggio e riferimenti, al capolavoro omerico da costituirne il naturale prosieguo.
Una forzatura letteraria? Niente affatto. Giambersio, scrittore colto e uomo di rara umanità, sa il fatto suo. Da un’analisi approfondita del poema, difatti, emerge un dettaglio che dovrebbe far riflettere: nel libro XI, Ulisse, uomo privilegiato, ha la possibilità di scendere nel regno degli Inferi; qui incontra l’ombra dell’indovino Tiresia che gli anticipa il destino, predicendogli, infine, la morte in mare, nel corso di un ulimo viaggio. Non è affatto banale, l’idea di ‘destino’ esposta da Tiresia: chi avesse letto “Il Caso e la Necessità” di Jaques Monod, non potrebbe non avere un brivido lungo la schiena. Ed è proprio qui, alla vicenda di Tiresia, che Antonio Giambersio attracca il suo racconto, con il libro XXV.
Sono trascorsi dieci anni dal ritorno di Odisseo a Itaca. A chi non capita, quando si sia presi da un pensiero ossessionante, di rimanere svegli tutta la notte e di addormentarsi soltanto all’alba? A quell’ora il dio Sonno è dolce, e le dita di Aurora accarezzano il cielo e i pensieri. È quello che accade al nostro eroe, una mattina. Gli viene in sogno Atena, e gli ricorda della profezia di Tiresia. Lo invita a ripartire, dunque. Poseidone è favorevole. Lui si volta, guarda la moglie distesa al suo fianco: una donna ancora bellissima che ha atteso il suo ritorno, fedele, per dieci lunghi anni. Esita, soffre, ma sa che deve andare.
Il viaggio non lo racconto. Sarebbe un oltraggio al lettore. È una storia che va gustata, con lentezza, per avere il tempo di ritrovarci dentro l’intero mondo e se stessi, come in un frattale (quando leggerete della corda e dei suoni, verso la fine, capirete meglio cosa voglio dire). Gli ultimi capitoli, quelli in cui è narrato l’incontro con Parmenide e con Pitagora, sfociano addirittura nel sublime. E poi… poi ci sono le stelle, che guidano e, pure esse, contribuiscono alla narrazione. Non potevano mancare. Antonio Giambersio, medico-chirurgo potentino (specializzato in andrologia ed endocrinologia) è anche un astrofilo appassionato di astrofotografia. Tutto torna: dall’andros gli astri.
E tutto torna anche in un altro senso: noi attribuiamo l’Odissea ad Omero; a un personaggio che è poco più di un nome; ammesso che egli sia esistito, perlopiù deve essersi limitato a mettere per iscritto una storia molto più antica, fino ad allora trasmessa oralmente; una storia di tutti che qualcuno, un giorno, avrebbe dovuto completare; e quel giorno è arrivato, nella nostra epoca.

Antonio Giambersio

Antonio Giambersio è già stato vincitore del Premio Letterario Basilicata, sezione Saggistica, col volume “Il pittore di Pisticci: il mondo e l’opera di un ceramogrofo della seconda metà del V secolo a.C.”. Questa è la sua prima opera letteraria: densa, intensa, profonda come un mare

ULISSE, UN PERSONAGGIO IMMORTALE E ATTUALE 

di Leonardo Pisani
Forse un eroe atipico, forse una figura mitologica ancora più antica dell’Odisseo dell’Iliade, di certo Ulisse è il personaggio più famoso ai nostri giorni dei tanti protagonisti dei poemi omerici e greci, non invulnerabile come Achille, non nato da una dea, certo nipote di del Dio Ermes, dal quale eredità l’astuzia, era re di una piccola isola e non di potenti regni come la Sparta di Menelao o la Micene di Agamennone. Neanche voleva partire per Troia, fingendosi folle, con un cappello da contadino, arava un campo con un asino e un bue aggiogati insieme e lanciandosi alle spalle manciate di sale. Ma non era certo un pazzo, e scoperto da Palamede, che strappò l’amato figlioletto Telemaco dalle braccia di Penelope e lo posò per terra davanti aggiogate all’aratro; Odisseo si fermò per risparmiare il figlio smascherando la sua macchinazione, e partì. Un oracolo gli aveva predetto che sarebbe ritornato in patria solo dopo venti anni. E così fu. Il figlio di Laerte, forse è l’anti eroe per eccellenza, valoroso ma anche astuto, saggio ma allo steso tempo irruento nello sfidare gli dei, innamorato di Penelope ma nel suo girovagare ha avventure con Calipso e un figlio da Circe, quel Telegono che generò Anzio e Italo, nome di Enotria memoria. E il suo viaggio nel mondo allora conosciuto si svolge nel Mediterraneo – per alcuni persino nel Baltico o nell’Atlantico- dalla Tunisia alla Sicilia, alla Calabria e alla Campania, tocca la Sardegna, la Spagna, le colonne d’Ercole, allora punto inaccessibile, dove non si poteva andare oltre. Appunto un “odissea” viaggio tra pericoli e avventure, tra Ciclopi e maghe che trasformano gli uomini in bestie, tra le sirene con il canto melodioso che porta alla morte alle terribili Scilla e Cariddi. Scende nell’Ade spinto dalla sua infinita curiosità, è l’uomo per eccellenza con i pregi e i difetti, i gesti eroici e il cinismo, il senso regale del perdono e della generosità e la terribile vendetta contro i Proci che vogliono il suo trono e la sua sposa. Nessuno, si fa chiamare da Polifemo per ingannarlo e proprio nessuno degli eroi e semi dei greci ha avuto la fama e la fortuna di Ulisse, sino ai giorni nostri. Il divino Dante lo pone all’inferno nel XXVI canto, girone dei fraudolenti per gli inganni perpetrati (il Cavallo di Troia, l’inganno che fa ad Achille per recarsi a Troia e il furto del Palladio) ma soprattutto per aver trasformato le virtù e di volersi fare simile a una divinità. Ma la fama di Ulisse/Odisseo lo porta a essere un protagonista in ogni arte dalla pittura di Lorrain (al Louvre e all’Ermitage), quella di Rubens (Firenze, Galleria Palatina), e quella di Reni (Napoli, Museo nazionale di Capodimonte), alla musica come Il ritorno di Ulisse in patria di Monteverdi o il poema sinfonico Il ritorno di Odisseo di Zandonai. Senza dimenticare il contemporaneo con i Cream, la P.F.M do Dalla. E se Mario Camerini, lo portò al successo nelle sale con le sembianze del sempreverde Kirk Douglas, il capolavoro resta l’Odissea( Le Avventure di Ulisse) di Franco Rossi, uno sceneggiato del 1968, che resta la versione più fedele al poema di Omero. Con l’esordiente Bekim Fehmiu nel ruolo di Ulisse e Irene Papas nel ruolo di Penelope, Orso Maria Guerrini da il volto a Leode. Uno sceneggiato particolare, infatti, Rossi fu aiutato da Piero Schivazappa e a Mario Bava. L’episodio di Polifemo fu diretto interamente da Mario Bava; come aiuto regista, vi era il figlio stesso Lamberto Bava. La sceneggiatura riprendeva il testo tradotto dal greco per L’Einaudi della Rosa Calzecchi Onesti in prosa ritmica e ogni puntata, era preceduta da un’introduzione in cui il poeta Giuseppe Ungaretti leggeva alcuni versi del poema. Inoltre fu la prima produzione Rai a colori perché prodotta per un mercato internazionale, la tv italiana inizierà solo nel 1977 a utilizzare il colore. Un’opera monumentale dal grandissimo successo. Poi la letteratura, anche lì Odisseo stuzzicò penne e fantasia, dal mondo greco-romano a quello irlandese di James Joyce, dal Foscolo al Pascoli nell’ultimo viaggio. E poi le curiosità contemporanee, dal fumetto “Ulisse e Batman” di Bob Kane a “ L’oracolo” un romanzo di Valerio Massimo Manfredi, un fantasy- thriller con un Odisseo ancora vivo nell’Atene degli anni 80. Ma scrivere di tutte le ispirazioni di Ulisse è una vera “Odissea”

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