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LO STRANO OMICIDIO DI NINCO NANCO

di Leonardo Pisani Ad Avigliano la leggenda di Ninco Nanco ancora si tramanda, a volte in positivo, altre volte in

di Leonardo Pisani
Ad Avigliano la leggenda di Ninco Nanco ancora si tramanda, a volte in positivo, altre volte in negativo. La sua casa natale ancora esiste,ora è disabitata, quasi un rudere dove l’erba cresce sugli scalini; un tempo era al primo piano poi fu rimaneggiata e suddivisa. Si trova nel quartiere “Lu Puoscie” il poggio e lì nacque il 12 aprile 1833 e visse finché fu uomo libero quello che considero l’aviglianese – forse anche tra i lucani più famosi- Giuseppe Nicola Summa. Sì.. il famoso Ninghe Nanghe- per la camminata dondolante- il capo brigante, il luogotenente di Carmine Crocco, la “belva umana” come fu definito dai piemontesi; l’uomo che strappava il cuore ai nemici e ai prigionieri. Peccato che nelle sue memorie Carmine Crocco – che pur definiva sanguinario il suo braccio destro- scrivesse “ quest’uomo fra le brutalità, scorgerà fatti piacevoli di generosità, per esempio dopo avere trucidato 21 Cavalleggieri, perdonava un Luogotenente, ed un sergente e sei soldati, solo perche si erano bene defesi. Altra volta avendo macellato una intiera compagnia di Guardia mobilizata, Lasciava poi la vita al fratello di cului che l’aveva fatto dare quel passo di perdizione, Dicendogli va dalla tua pover

La casa natale di Ninco Nanco

a Madre, non voglio che piange più quella donna, per causa di voi miserabile ozziosi vagabondi, e lo lasciava vivere, da stupire tutto la città cui conoscevano le brutalita di quel forsennato da Lupinare, e spia mercenaria… Aggiungete che mai tolse la vita ad un sodato preso preggionìero, ed avrete L’uomo terribile solo per la propria defensor, per la quale cosa godeva nei tanti rami di forza pubblica, una stima particolare, causa che tante volte era scansate e se volete qualche volta venia avìsate dalla forza medesima».
Per noi bambini cresciuti in una Avigliano di tanti anni fa e per le generazioni precedenti Ninco Nanco era una leggenda; neanche poi negativa nonostante la fama di sanguinario; t’ fazz fa la fin r Ninghe Nanghe cioè con la testa mozzata ed appesa all’Arco della Piazza. Leggenda: Ninco Nanco dopo essere stato assassinato fu portato ad Avigliano per essere mostrato ai concittadini- sia amici che nemici- posto vicino all’attuale sede della Azione Cattolica, poi portato a Potenza per mostrare il cadavere e sepolto nei pressi del cimitero della città. Ne sentivamo di racconti, personalmente anche in famiglia dalla mia bisnonna Domenica Manfredi che a sua volta li aveva ascoltati dal nonno Domenico, coetaneo, amico di infanzia di Ninco Nanco. I due sono protagonisti di una commedia scritta in aviglianese dal maestro Domenico Manfredi “Lu cuavadde r Ninghe Nanghe” tratto dai racconti della nostra famiglia, comunque un fatto accaduto realmente. Poi film, sceneggiati, canzoni, libri; Giuseppe Nicola Summa è conosciuto ma sembra che su di lui debba rimanere una “Damnatio memoriae” Istituzionale, non va ricordato ufficialmente perché un brigante. Se Eugenio Bennato ha cantato Ninco Nanco deve morire, sembra che lo facciamo morire due volte, anche nei ricordi; su lui sono state scritte poesie ma non c’è un vicolo, una targa, una traccia nel suo paese che lo ricordi; fuori si; ad Avigliano no. Eppure fa parte della storia; sia di quella locale che nazionale. Dopo centocinquanta anni ancora dobbiamo considerare il brigantaggio come una reazione borbonica o un fatto criminale? I buoni da una parte ed i cattivi dall’altra? E gli eccidi di innocenti della legge Pica? I massacri di Casalduni? Angelina Romano fucilata a 9 anni come brigantessa perché si mise a piangere durante una fucilazione sommaria? La Storia ha sempre due facce come le monete e le medaglie e il brigantaggio fa parte della nostra storia; nel bene o nel male ma ne fa parte. 
Oppure continuiamo con le esaltazioni del re Buono che venne dalla Savoia e facciamo finta che tutto fu fatto bene specie contro una popolazione inerme che ebbe crimini sia da una parte che d’altra. Per quanto mi riguarda Ninco Nanco merita attenzione nel suo paese; quella casa abbandonata potrebbe essere benissimo trasformata in un museo virtuale sul brigantaggio, dove lo si potrebbe raccontare senza enfasi e senza retorica per quello che è stato. Lo stesso Ninco Nanco dovrebbe essere studiato di più; non basta la lombrosiana biografia del Bianchi. Il personaggio è complesso: orfano si prende cura dei fratelli ed è un grande lavoratore, va in galera perché dopo essere stato aggredito da 5 persone si vendica da solo; chiede di entrare nella guardia nazionale di Avigliano ma viene scartato per il suo passato mentre fior di delinquenti sono arruolati. Poi la sua morte strana; la doppia versione anzi le numerose versioni : quella ufficiale che fu ucciso mentre tentava di aggredire; quelle non ufficiali- compresi i carabinieri- che parlano di un assassinio premeditato; l’autore fu Nicola Coviello detto “scuma” per vendicare il cognato ucciso dal brigante. Ma forse ha ragione Bennato” Ninco Nanco doveva morire perche non doveva parlare; avrebbe detto qualcosa di meridionale… Eppure documenti storici trovati da Donato Imbrenda fanno capire diverse cose; vero Giuseppe Nicola Summa andò in galera per essersi vendicato di persona, viene rifiutato dalla Guardia Nazionale per il suo passato da galeotto ma sono arruolati altri con una fedina penale peggiore, sempre in una lettera trovata da Donato Imbrenda si parla di un vero bottino di preziosi e di valori non specificati che Ninco Nanco diede in custodia ad una della maggiori famiglie di notabili aviglianesi i Labella; nella missiva il contatto tra il capo brigante ed i Labella esortava i questi ultimi a recuperare il bottino prima che lo requisisse la Guardia Nazionale. Storia complicata quella del Summa con tanti intrecci rimasti sconosciuti tra lotte di potere nel passaggio da un vecchio regno quasi millenario ad il nuovo dei Savoia. La sua vicenda assieme a quella dl brigante buono Donato Grosso si intreccia in una Avigliano che fu città di briganti e allo stesso tempo anche di reazione al brigantaggio, di uomini che si diedero alla macchia e di chi si arruolò nella Guardia Nazionale. Qualcuno ha ancora paura di Ninco Nanco? Io credo che Avigliano debba dedicargli un museo non alla sua memoria ma per narrare un pezzo di storia che ha coinvolto tutti e con episodi misteriosi. Posso sbagliarmi ma secondo me è l’aviglianese più famoso al mondo o poco ci manca. Per chi ha tempo e voglia di leggere continui leggendo due versioni dell’uccisione del brigante.. 
Summa trovò la morte il 13 marzo 1863 a Frusci di Avigliano , l’episodio è raccontato in un verbale dei Reali Carabinieri firmato dal maresciallo Francesco Rebora e dai militari Tobia Segoni, Gaetano Salandri e Giuseppe Grimaldi. Cosi il verbale : “Nel giorno 13 nell’entrare reduci dal Castello ed avendo scoperto al punto detto “Croce Angelone” nella vicinanza di Frusci una quindicina di individui metà a cavallo e il resto a piedi che, transitando, per la masseria ‘Miracolo e Casone di Corbo’, si dirigevano verso l’anzidetta pagliaia ‘Glitimosca’ sita lungo la strada che conduce al Lago, vi fu poca dimora nel discernere se quella a vista fossero briganti o Guardia nazionale in perlustrazione, ma perché prevalse l’idea che fossero malviventi, di comune concerto si ordinò l’assalto. Dopo un miglio e mezzo dì corsa a rompicollo, finalmente ci siamo accorti che un distaccamento di Guardia nazionale, capitanata dal signor Corbo e unito al signor Giudice di questo mandamento e Delegato di P.S. circondava la mentovata pagliaia col gridar Corbo: “Carabinieri avanti”. Nella capanna vi era Nicola Lorusso alias Carciuso di Avigliano, “il quale uscendo dalla pagliaia colle espressioni: noi vogliamo la pace! fu ricevuto dal carabiniere Segoni, da Pace don Donato e Bochicchio Nicola, i quali custodivano l’interno della porta”. Poi uscì lui e -come scrive Bianchi nella biografia del brigante – disse “E’ nun so’ Ninche Nanche , è so nu carvuniere” – non sono Ninco Nanco, sono un carbonaio-; Giuseppe Nicola Summa fu freddato da un colpo di fucile da Nicola Coviello, ufficialmente per vendicare la morte del cognato Vito Nicola Rosa, più probabilmente per impedire al Summa di rivelare gli intrecci tra il brigantaggio ed in notabilato locale. Insomma Ninco Nanco doveva morire, come canta Eugenio Bennato. Vi fu, infatti, una polemica con due versioni sulla morte del brigante, quella di Don Benedetto Corbo che sosteneva che Ninco Nanco fu l’ultimo a uscire, ma con le armi in mano pronta a tentare qualche reazione e quindi il caporale della Guardia Nazionale Nicola Coviello lo uccise per impedire qualche “brutalità” e la versione del capitano delle G.N. di Montemurro Giovanni Padula anche egli presente che sosteneva che Summa uscì disarmato e nella confusione Nicola Coviello “agente di Corbo” da costui mandato, si avvicinò e lo sparò alla gola con un fucile. La faccenda fu chiusa dal Generale Pallavicino che ad Avigliano il 14 marzo interrogò il Coviello, escluse l’omicidio su mandato di Corbo alla fine elogiò il comportamento delle Guardie e dello stesso Corbo. Di Ninco Nanco restano poche foto: la prima appena ucciso, le altre ad Avigliano secondo la barbara usanza delle foto di guerra dopo e essere stato ripulito, lavato e messo in falsa posizione di combattimento.

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