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ENIGMA CAIATA: È LA STAMPA CHE LO INFANGA O È LUI CHE MENTE?

di Ferdinando Moliterni  La scalata di Salvatore Caiata alla politica italiana finalizzata alla poltrona in Parlamento seppur breve già si

di Ferdinando Moliterni 

La scalata di Salvatore Caiata alla politica italiana finalizzata alla poltrona in Parlamento seppur breve già si fregia di notevoli bugie che ricavano maggior pregio, se così si può dire, dal fatto che l’autore delle menzogne è Caiata stesso.  Si dice che i politici sono tutti bugiardi, ma è solo una vox populi, o forse no. Ad ogni modo il caso è così grottescamente drammatico che non c’è in atto nessuno sciacallaggio nei confronti dell’imprenditore potentino. Semmai dall’incasellamento dei fatti emerge in modo chiaro che Caiata si è auto sciacallato, mutuando la sua terminologia, e nulla di più. Candidato con il Movimento 5 stelle, finora l’imprenditore potentino le ha provate tutte per mettersi e mettere in imbarazzo il partito con cui è “candidato” alle prossime politiche per il rinnovo della Camera nel collegio uninominale Potenza – Lauria. Alla genesi c’è il primo step, prima bugia: quella promessa fatta ai tifosi solo pochi mesi fa di «non aver nessuna intenzione di candidarsi ne ora ne mai». Poi si è detto estraneo ai partiti, motto pentastallato garanzia di candidabilità utilizzata dal Movimento per la scelta dei nominativi delle liste. Secondo step, seconda bugia. A Siena Caiata debuttò sul palcoscenico della politica, nelle file del Partito della libertà. L’imprenditore di Potenza, classe ‘70, era pronto ad attuare i comandi di Silvio Berlusconi. Nel 2009 fu nominato membro del Coordinamento provinciale del Popolo della libertà. Incassato il capitolo tessere di partito ed estranei alla politica è bene proseguire. Iniziando a percorrere l’asse politico – giudiziario, dando preminenza al primo, che collega Siena a Potenza. Caiata sapeva di essere indagato dalla Procura toscana per ipotesi di riciclaggio, ma non lo ha detto. Terzo step, terza bugia.  Poichè ne era a conoscenza sin dal 2016. Non ha rispettato le regole del movimento e pertanto il leader Di Maio, lette le carte ha bellamente accompagnato alla porta il “bomber” Caiata consegnandogli invece che il suo biglietto da visita per mantenersi il contatto, il foglio di espulsione.

Secco il commento di Di Maio: «Mi ha ingannato, non mi ha detto di essere indagato». Tragicomica la replica di Caiata che introduce al terzo step, terza bugia: «Pensavo fosse tutto archiviato». Il Caiata pensiero in questo senso lascia il tempo che trova e si commenta da solo. Gli attivisti pentastellati senesi allora ricordano, non tanto all’imprenditore, già fuori dal movimento a quel punto, quanto ai vertici che li avevano avvisati: «era evidente che la candidatura di Salvatore Caiata nelle file del Movimento 5 Stelle in Basilicata fosse quantomeno inopportuna. Non tanto per le chiacchiere sul suo conto, quanto per le sue frequentazioni politiche e imprenditoriali, lontanissime dal modo di essere del MoVimento, oltre al fatto che lo stesso Caiata non lo aveva mai sostenuto o frequentato in precedenza». Gli stessi hanno aggiunto poi di aver inviato più mail a chi di competenza e di aver consegnato, già in passato, direttamente nelle mani di Di Maio il loro dossier Caiata.  Caso chiuso? No. Italianamente parlando no. Perchè Caiata sull’agognata poltrona in Parlamento vuole sedersi a ogni costo, in barba a regolamenti e verità. Di fatto rimane in lizza alle politiche sotto le insegne di un partito che lo ha estromesso. Cosa di poco conto per lui. Che ha fatto sapere: «Vado avanti». Caiata, insomma, in quella scuola politica che ricerca una certa eticità da applicare per chi vuole rivestire una carica pubblica, non ci vuole entrare. A trovarsi compagna di banco, per esempio, una tedesca come Annette Shavan che nel 2013 si è dimessa da ministro dell’Istruzione perchè emerse che trent’anni prima aveva copiato la tesi di laurea, a Caiata non importa. Ci ha pensato dunque Di Maio a riportare della morale in tutta la vicenda. In primis affermando che l’imprenditore potentino l’ha fatto troppo grossa e che è fuori costi quel che costi. Non importa al leader di perdere voti, così ha dichiarato a Sky la sera stessa dell’espulsione di Caiata, il seggio di Potenza dopo tutti questi step non vale il piegamento delle regole democratiche collettive a interessi personali del singolo.
Per essere più chiaro ha aggiunto: «Non esisteranno gli ex M5stelle in Parlamento, tutti coloro che erano in posizioni eleggibili nelle liste per i plurinominali mi hanno già firmato il modulo per la rinuncia. Chiederò al presidente della Corte di Appello di far decaderà la nomina a parlamentare a coloro che hanno già rinunciato alla proclamazione». Sul punto Caiata nicchia, continuando a ripetere che andrà avanti e cose così. Una cosa però è fondamentale: alla luce di tutto ciò chi Caiata può accusare di aver fatto sciacallaggio su di lui? La stampa non di certo. Le accuse infondate sono rispedite al mittente. Ha fatto tutto da solo: lui e la sua pseudologia fantastica.
Infine, è bene informare il presidente del Potenza calcio che quando si scrive di lui in ambito politico non si intende minimamente colpire di riflesso la squadra locale di calcio. Da questo lato sappiamo scindere le cose.

 

 

DI MAIO ESCLUDE CAIATA, MA È UN BLUFF I GRILLINI CONTINUANO A DARGLI SOSTEGNO

Il movimento cinque stelle ha dei problemi di comunicazione. Il caso Caiata – Di Maio e attivisti senesi ne è soltanto una parte. Perché a dar ulteriormente fuoco alle polveri ci ha pensato, ieri, il circolo pentastallato di Ruoti. Il quale tramite il responsabile locale del meet-up, Rocco Scavone, ha inscenato una vera e propria esclusione farsa, decisa dal leader nazionale, di Salvatore Caiata.
Il gazebo elettorale, allestito ieri mattina nelle vie di Ruoti, è stato pertanto adornato del manifesto invitante a votare per Salvatore Caiata. Partecipa, scegli, cambia recita la maxi locandina del Movimento e a Ruoti hanno forse scelto di cambiare troppo. Lo stesso Di Maio, proprio ieri, ha ribadito ancora una volta che Caiata non fa più parte della squadra pentastellata. Lo ha fatto ai microfoni della trasmissione “1/2h in più” dichiarando in merito alla vicenda del patron rossoblù: «Abbiamo fatto tutti i controlli del caso, lui non aveva detto che aveva un’indagine in corso di due anni e lo abbiamo subito espulso». Il paradosso elettorale che l’imprenditore potentino ha consegnato agli almanacchi è: i veri sostenitori dei 5 stelle in Basilicata se vogliono votare il partito apponendo la ics sul simbolo inevitabilmente finiscono per votare anche l’escluso Caiata che non ha rispettato le stesse regole del movimento. Di contro chi vota Caiata finirà per votare il partito che lo ha cacciato. È un vero rompicato per i supporters “grillini” che si ritrovano un abusivo candidato con il simbolo del partito in cui credono. E l’abusivo che non rinuncia alla corsa, ma che ha un problema diverso. Soffre l’attrazione per la poltrona romana del Parlamento e non si interessa minimante della questione. Calcisticamente parlando è come se per via della voracità ambiziosa di un giocatore, lo stesso la domenica indossasse la maglia della squadra che gli ha strappato il tesserino, pretendendo di scendere in campo ugualmente perché lui ha voglia di giocare. Toccherà ai 5stelle esprimersi nuovamente sull’espulsione Caiata.
All’origine della quale c’è l’indagine, da lui omessa ai vertici, condotta dalla Procura di Siena e coordinata dal pm Vitello. La cui inchiesta nei confronti dell’imprenditore potentino riguarda l’ipotesi di riciclaggio. Dalle carte che il “Roma” ha potuto visionare lo scenario «affaristico» imprenditoriale di Salvatore Caiata, è costuito da una galassia di società che si interpongono tra loro. Stupisce a una prima analisi la rapidità e la facilità con la quale Caiata fonda o entra in una società e poi ne esce. Persino nel giro di pochi mesi.
Caiata è accusato di aver creato un sistema di scatole cinesi fuori dalle regole dellla legge italiana. Le società, secondo gli inquirenti, per Caiata, sembrano avere porte girevoli. L’ultimo aggiornamento, in quest’ambito, risale proprio al giorno in cui è esploso il caso dell’inchiesta penale. Una delle società nel mirino della Guardia di Finanza, amministrata da Caiata, proprio venerdì, ha iscritto la nomina ad amministratore unico del rumeno Maxim Constantin Catalin, al posto del patron indagato. Gli inquirenti hanno al vaglio, tra le altre cose, il coinvolgimento di Catalin e del kazako Bidilo, per comprendere se c’è l’esistenza di investimenti di capitale da e all’estero e se questa sia lecita.
FerMol
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