IL VERO VOLTO DI TANIO BOCCIA, L’ED WOOD ITALIANO
Di Leonardo Pisani Era una tarda serata di estate, un anno imprecisato, ricordo solo che la tv era ancora in
Di Leonardo Pisani
Era una tarda serata di estate, un anno imprecisato, ricordo solo che la tv era ancora in bianco e nero. Poteva essere il 1980, massimo 1981, canali televisivi che si contavano sulle dita di una mano. Quella sera trasmisero un documentario sportivo, antiche scene e racconti di eroi di varie discipline, dal calcio del Peppin Meazza e Silvio Piola all’automobilismo di Tazio Nuvolari, e poi le quattro corde. Ero già appassionato di pugilato, ma dei grandi campioni del passato si conosceva solo qualche nome – pochi – si poteva vedere qualche foto sulle riviste o giornali, ma era rarissimo vedere le immagini. Ora con la rivoluzione digitale, si trova l’impossibile o quasi. Rimasi affascinato da quel anonimo – per me – documentario – ricordo Carnera, Baer, Marciano contro Joe Louis, Max Schmelling contro Sharkey, Er Negro de Roma Leone Jacovacci contro Mario Bosisio, il mulatto italo-congolese inviso al fascismo contro il biondo milanese. E soprattutto lui, il Maglio di Manassa, il volo fuori dal ring contro Louis Firpo, il rientrare sul quadrato e la selvaggia punizione al “Toro selvaggio delle Pampas” e il lungo conteggio fatto subire a Dempsey. Grazie a quel documentario mi innamorai ancora più della boxe e Jack Dempsey, il mormone che da lavoratore vagabondo divenne il mitico campione mondiale dei massimi, da allora fu il mio eroe. Ma non ho mai saputo di chi fosse quel documentario, più volte trasmesso da Canale 21, l’ho scoperto qualche giorno fa, dopo averci scritto del regista e parlatone a Buongiorno Regione Basilicata. Ebbene sì, fu uno dei primi lavori del mitico Tanio Boccia, l’ Ed Wood italiano, per i più buoni, il peggior regista italiano per i detrattori. Emigrato dalla natia Potenza per approdare per caso ai set di Cinecittà. Il vero nome era Camillo Tanio Boccia, nato nel capoluogo lucano il 15 giugno 1911 e scomparso a Roma il 12 marzo 1982. L’ho scoperto per caso, tra una ricerca e l’altra di lucani famosi, mi colpì subito, perché della sua esistenza non avevo idea, seppure i suoi film, li avevo visti. Come tanti altri corregionali, i quali non immaginavano che quel regista dei vari Maciste, Ursus, pistoleri fosse lucano. Del resto si firmava con lo pseudonimo Amerigo Anton, direi il mitico Amerigo Anton, sul quale circolavano tante battute, tra lo scherzoso e il mal celato disprezzo per un regista considerato di infima qualità. Memorabile la battuta di Alberto Sordi che Fellini ha ricordato, dopo aver ricevuto la notizia del suo quarto premio Oscar con Amarcord, fu chiamato da Alberto Sordi che gli disse: «Federico, non t’hanno premiato, questa volta è toccato a Tanio Boccia!». Nell’intervista, commentò quello scherzo soffermandosi sulla fama quasi leggendaria di Tanio Boccia, regista di pochi mezzi e tanta voglia di fare. Il critico Stefano Della Casa in un articolo di Repubblica del 22 novembre 1996 ha detto di lui: «Boccia non è una creatura della critica trash e nessuno gli ha mai dedicato saggi o retrospettive. Era un mito negativo di Cinecittà dove si diceva peggio di così c’è solo Tanio Boccia». In effetti è così, Boccia fa la sua prima apparizione come attore in un film di Alberto Lattuada e Federico Fellini da allora grande amico di Boccia – del 1950 “Luci del varietà”, aiuto regista il giovane intepreti Peppino De Filippo, Giulietta Masina, Sofia Lazzaro poi diventata per tutti Sophia Loren. Boccia aveva la parte dell’uomo d’oro, in effetti la foto scattata sul set è l’unica circolante sul web, quelle messe in questo articolo solo le uniche conosciute di Boccia, per gentile concessione del figlio Patrizio. Poi il debutto alla regia, inizia bene con Dramma sul Tevere del 1952, Anna, perdonami! (1953) e Traguardi di gloria (1957), il documentario prima citato.
Poi Arriva la banda (1959) con Carlo Giuffrè e Elena Cotta, che fu praticamente lanciata da Boccia ed ancora recita. Siamo nel nel periodo d’oro di Cinecittà degli anni 60, quello dei film di “cappa e spada” o peplum, ed anche il regista lucano ci si cimenta con “Il conquistatore d’oriente” , arrivano le critiche impietose ed è anche l’ultimo film girato come Tanio Boccia, in quel ambiente tra star americane e sottobosco italiano sceglierà lo pseudonimo Amerigo Anton. Rimane senza finanziamenti, pochi credono in lui, anche se i film hanno ottimi incassi nelle sale di provincia. Il lucano non si scoraggia e va avanti con pochi mezzi ma il genio dell’inventiva e della bizzarria nel inventare improbabili sceneggiature o artifici tecnici per sopperire alla mancanza di fondi, pellicole, risorse anche per pagare le comparse. Tanio Boccia era uno di questi, di lui si raccontano incredibili aneddoti – ricorda sempre Stefano Della Casa – come la scena di un western dove erano previste sei ballerine, ma non avendo soldi poté avere solo 3 comparse e risolse tutto utilizzando uno specchio per raddoppiarle, oppure in un altro western- spaghetti mentre giravano una scena d’amore il carrello ebbe un sobbalzo brusco ed inaspettato, ma Boccia a corto come al solito di soldi non voleva ne poteva sprecare altra pellicola disse di continuare che ci avrebbe pensato di risolvere al doppiaggio: infatti invece di far dire “cara, ti amo”, fece dire all’attore “è mezzogiorno, sta passando il treno”. Era così il lucano, imprevedibile, surreale, bizzarro e frenetico : sceneggiature scritte a tempo di record, ma anche pragmatico, sapendo che non avrebbe mai avuto un produttore o finanziatore riciclava scenografie di terza mano, dove hanno appena finito di lavorare registi di fama. Raccoglieva le briciole cascate dal tavolo altrui, e non se ne vergognava . Ma quando la lavorazione comportava tagli economici e corse contro il tempo Boccia riusciva a lavorare in modo talmente veloce e pressappochista che sono frequentissimi nei suoi film scivoloni in una comicità ampiamente involontaria. Come ha scritto Kezich indignandosi, rappresentano “una successione di eventi senza capo né coda, con costumi da carnevale povero, trucchi goffi e boati fastidiosi”. (fonte http://colpidiscena.blogspot.it/2012/07/ricorre-oggi-il-trentennale-della-morte.html). Leggere le critiche sui suoi lavori si assiste ad una sorpresa negli anni 60-70 la mannaia della critica cala senza pietà, negli ultimi 10 anni invece Tanio Boccia è rivalutato. Basta leggere commenti di esperti e cinefili sul sito specializzato americano Internet Movie Database per leggere critiche positive. Boccia un incompreso, un talento bloccato dalla mancanza di risorse finanziarie, un giramondo nei Balcani o Spagna o Argentina per poter girare film, un tutto fare dalla fotografia, alla sceneggiatura al montaggio, alla scelta delle musica, ora apprezzate perché in simbiosi con le scene. Eppure portava fortuna ai suoi attori. Lancia Moira Orfei, la giovane Raffaella Carrà, l’aitante gondoliere Kirk Morris, nome d’arte di Adriano Bellini, Rod Dana ma anche Ombretta Colli e Rosalba Neri. Un vero talent Scout: nel suo ultimo film La guerra sul fronte Est” del 1981 fa debuttare Katherine Kendall che ritroveremo in N.Y.P.D. , Beverly Hills, 90210. Riesce anche a prendere divi sul viale del tramonto e rilanciarli come Gordon Mitchell, Larry Ward, George Wang
AL REGISTA POTENTINO DEDICATO NEL 1996 UN FILM
Dell’Ed Wood lucano non si trovavano foto, neanche nei siti specializzati, su wikipedia ve ne era una ma erronea,infatti è stata rimossa. Le foto in questo articolo sono dell’archivio di famiglia “Boccia”.. Negli ultimi anni vi è stata una riscoperta dell’eccentrico e infaticabile regista, sarebbe anche opportuno che la sua città d’origine e chi si occupa di cinema in Basilicata lo ricordasse, semmai con una retrospettiva. Boccia è però l’ispiratore di una interessante commedia in bianco e nero, girata nel 1996, diretta ed interpretata da Eugenio Cappuccio, Massimo Gaudioso e Fabio Nunziata protagonisti di un film nel film assieme a Gianluca Arcopinto, Vincenzo Marinese, Antonio Ricossa, Francesco Codacci, Silvia Mariotti, Antonio Pascucci, Daniele Pascucci. Si tratta del film “ Il caricatore” dedicato all’Ed Wood italiano, la trama in sintesi racconta della crisi della casa di produzione Boccia:« è in grave crisi: ha un solo caricatore di pellicola e Fabio, il titolare, vuole a tutti i costi realizzare un film. Nell’impresa coinvolge gli amici Massimo – patito di realismo – ed Eugenio, che invece adora il cinema americano. Dopo alterne vicende il terzetto finisce in una piccola stazione dei Carabinieri dove, senza volerlo, l’appuntato fornisce loro lo spunto decisivo per il film.. da www.https://www.comingsoon.it/».La pellicola apprezzata dalla critica, riprende le peripezie di Tanio Boccia nel reperire le risorse finanziarie, le scenografie, anche la pellicola per poter girare i suoi film. Con caparbietà ci riuscì, spaziando dal dramma, al western, al poliziesco , al peplum, al genere di guerra e storico-epico, andando spesso all’estero per girare; facendo spesso tutto da solo. Dal 1962 anno di esordio in regia con “Dramma sul Tevere” al 1981 con l’ultima fatica “La guerra sul fronte Est “, il regista lucano ha girato venti film..
Questa la critica del suo primo lavoro: “Un discreto spunto (…). (Con) mano abbastanza buona di mestiere (Boccia) ha narrato la vicenda con una poesia semplice e sincera.. Tra i pregi del film da notarsi una bella fotografia (…) della Roma contemporanea”. (B. Brognara, “Hollywood”, n. 376, 1952).